QUARANTA GIOVANI E FORTI
Quaranta giovani e Quaranta giovani e Una élite delle nuove tendenze nella rassegna contro i critici s TREVISO ARA' lecito domandarselo, onestamente: ma perché una mostra miscellanea come questa, in corso alla Casa dei Carraresi (e per risonanza anche al rinnovato Spazio Lanzi di Bologna) non genera la stessa saturazione da nausea, da rigetto, della poltiglia mista, genere Quadriennale? Forse perché, senza fingere quell'ipocrita e impossibile democraticità oggettiva affidata a una par condicio di arlecchinesche giurie, non tenta nemmeno di proporre una panoramica la più esaustiva possibile. Ma procede all'opposto: un critico giovane e sufficientemente disinvolto, come Marco Goldin, senza titubanze o finzioni ideologiche, sceglie quaranta giovani pittori e li unisce sotto la comune e quasi ironica bandiera di Pitture (catalogo Electa). Un termine modesto eppure coraggioso, che ha provocatoriamente qualcosa del riduttivo e vernacolare «pitùra», qualcosa che sta, testorianamente, tra la caparbietà artigianale del decoratore e il grido stoico del martire isolato. Ma senza ambizioni teoriche, sfide di tendenza e senza nemmeno l'orinai insopportabile risentimento di una figuratività, che deve combattere contro le insidie di un'arte povera ormai davvero miserabile o gli urti di una Accademia dell'Installazione, che non turba nemmen più i bidelli. Certo, lecito anche qui obiettare: per esempio su un'eccessiva indulgenza nei confronti di una snervata monocromia astratteggiante (salvo forse gli Adombrati di Pellegrini) o certe rischiose aperture verso l'anacronismo. Ma figurano, e bene, alcuni dei migliori artisti in campo (per lo più trascurati alla Quadriennale) tra cui felici conferme e confortanti sorprese (come Scolamiero o Marco Fantini, allucinato narratore-pìcaro). Rassicuranti certezze, come i potenti Frangi e Verdi, con le loro campiture bellicose, non importa se astratte od espressioniste, gli at¬ tici della Giovannoni e le nebbie di Pignatelli. E poi la libertà della luce siciliana, con La Cognata, Polizzi e Modica o la linea veneta. Mentre altri si rinnovano, come Martinelli con la sua ferocia analitica alla Egon Schiele, Velasco con pennellate più sciabordanti e spregiudicate e Lacasella con le sue eleganti modulazioni di paesaggi informali. O Papetti, indubbiamente uno dei più maturi, con un pedigree invidiabile (da Testori a James Lord) a dispetto di un bilioso cronista, che lo ha accusato di copiare Ossola. Risibile accusa, non soltanto perché ha ben altri maestri, e fa splendidi ritratti mai tentati da Ossola, ma perché con questi metri da ovicultura un'intiera generazione di italiani andrebbe radiata per essersi ispirata a Picasso o Pollock. Questa mostra è appunto «contro» tutti quei critici che scrivono senza mai visitare una tela, che non amano la pittura ma la usano come merce-siluro. [m. vali.] e endenze i critici
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