Gemelli emiliani pittori del sole

15 Antologiche a Parma e Bologna Gemelli emiliani pittori del sole Carlo Corsi, «La cjji PARMA I NA fortunata coincidenza commemorativa ha I I originato due mostre anx. 1 tologiche di godibili pittori emiliani della prima metà del secolo. A Parma, la Banca Monte ricorda nella sua sede, fino al 31 gennaio, i vent'anni della scomparsa di Amedeo Bocchi (1883-1976) e contemporaneamente la Galleria Nazionale inaugura un'apposita sala dedicata a un lascito testamentario del pittore. A Bologna, il Salone del Podestà ospita fino al 12 gennaio, a trent'anni dalla morte, una grande antologica di 136 olii, tempere, collages di Carlo Corsi (1879-1966). I due artisti sono accomunati da una visione «solare», i cui poli parigini per la prima metà del secolo sono da un lato l'ultima effusione postimpressionista di Bonnard e Vuillard e dall'altro la ricchezza espressionista dei Fauves, con Matisse come cardine centrale. Questo carattere si rivela con maggiore precocità e intensità nell'opera di Corsi, il più anziano, allievo a Torino di Grosso e viaggiatore europeo nel 1907, del quale nel 1915, momento aureo della Secessione Romana, Diego Angeli poteva scrivere: «Carlo Corsi che si inebria nel sole e par dipingere con esso». Nel 1908, allo «chic» fine '800 fra De Nittis e Boldini della Signora in verde si affianca la monocromia solare arancio e rosso, bonnardiana, della Camicetta bianca, preludio a! Fuoco del 1910, un «unicum» italiano di sublimazione cromatica ben al di là dei residuati divisionisti nei primi quadri futuristi. Negli stessi anni Bocchi, solido naturalista alla Grosso e alla Tallone nei pensosi ritratti della prima moglie, alterna l'intima eleganza simbolica e il taglio degno del primo Balla (Fior di loto, 1905) alla «socialità» di Cassonière (1907). A partire dalle dolcezze ombrose alla Carrière di Bianca col violino e di Bianca bambina, la figlia lasciatagli dalla prima moglie morta precocemente diventa lo splendido soggetto delle cromie liquide e intimistiche degli Anni 20, Bianca in abito da sera, Bianca con gonna blu, Bianca in giardino con geranio rosso, fino alla Gonna rossa del 1931 del lascito alla Galleria Nazionale. Negli splendori dei verdi, delle terre brune, degli azzurri del parco della villa StrohlFern, dove piantavano i cavalietti Spadini e Carena, Guidi e il De Chirico delle ville romane, la veste bianca e le calze nere di Bianca si appaiavano alla solarità carnale della seconda moglie, la modella ciociara Nicotina. Dopo lo sfioramento casoratiano e simbolista del trittico delle Tre sorelle del 1916 alla amicetta bianca» Galleria Nazionale, La colta, La folle e al centro La saggia su un fondo a tasselli verdi e nerobruni degno di Sutherland, la stagione degli Anni 20 è aurea e felice. Come scrisse ottimamente Tassi vent'anni fa, vi trionfano «il senso supremo, lirico ed espressivo dei colore, la forza delle forme piene, concrete, plasticamente complesse, la sottigliezza dei trapassi tonali e delle velature, il sentimento vitale della luce». Negli stessi decenni 10 e 20, e proseguendo fino ai limiti informali di Figura (19401 gli analoghi soggetti in interno e in esterno di Corsi contrappongono alla classicità contemporanea delle cromie plastiche di Bocchi la sfaccettatura espressionistica o addirittura la dissoluzione cromatica del rapporto fra forma e ambiente. Come in Bocchi, il colore è spesso presente e protagonista nel titolo accanto alla nota di costume, Figura iìi viola H|b> assieme a Tango (e siamo solo al 1912), Figura azzurra assieme Allo specchio, la Giacca rossa del 1916 che sembra un Paulucci del 1950. Sono emblematiche le due versioni del 1917 e del 1919 di Dietro la tenda, dove il velo anteriore del pizzo, informale e nello stesso tempo tattile, frange in frammenti cromatici la figura rossa e la luce artificiale dorata dell'interno, in una sorta di mosaico proustiano. Solo le follie ottiche dei veli e dei pizzi di Marlene Dietrich nei film di Stemberg degli Anni 30 possono fornire un termine di paragone. Il contrasto fra le parti finali delle mostre parmensi e bolognese è straordinario, tanto più considerando che la qualità e la vitalità cromatica delle due esperienze non ha cedimenti fino alla fine. Bocchi, chiuso fino a novantanni nell'isola magica di villa Strohl-Fern ma percosso da un destino che fa morire precocemente anche la seconda moglie e la figlia, si immerge in una ventata di simbolismi cromatici di nudi e di folle urbane come una sorta di Emile Bernard o di Denis degli anni 1960 e 1970. Corsi, riscoperto nel 1941 al Premio Bergamo con il riconoscimento per i giovani (a sessantadue anni!), si sente perfettamente autorizzato a realizzare nei tardi Anni Quaranta e primi Anni Cinquanta splendidi collages cubo-dadaisti e a fare da padre nobile al «naturalismo padano» informale di Arcangeli. Marco Rosei H|b> Amedeo Bocchi, «La moglie Rita in abito da sposa», grande olio su tela del 1906 Carlo Corsi, «La camicetta bianca»

Luoghi citati: Bergamo, Bologna, Grosso, Parma, Torino