L'irresistibile fascino della donna fatta a pezzi di Mirella Appiotti

discussione. Così la pubblicità «squarta» il corpo femminile: fin dall'inizio del secolo discussione. Così la pubblicità «squarta» il corpo femminile: fin dall'inizio del secolo l'irresistibile fascino della donna fatta a pezzi I HE differenza c'è tra la belI M la ragazza un po' androgina I firmata, qualche anno fa, I i Cattle Baron, cappellaccio ^ I texano, un'occhiata di sfida a chi guarda il suo corpo nudo coscienziosamente diviso in «quarti da macelleria», coscia carré filetto stinco, e la deliziosa donnina disegnata in pizzi ai primi del '900 per la reclame dei prodotti A. Bertelli & C, con carni rese bianche che più bianche non si può dalla «Crema alabastrina Ducale» e denti sfolgoranti dopo la cura con il celebre Kinodont tra profumi di Violetta Nivea e di Trifoglio Soave? Nessuna differenza, se non apparente. Allora come adesso la pubblicità ha «lavorato» e «lavora» sul corpo femminile. Sezionando, privilegiando via via una parte («Perché oggi si mostrano così tanto i sederi?» si chiede retoricamente la pubblicitaria Anna Maria Testa che, a differenza dell'antropologa Ida Magli, non vede in questo nessuna implicazione omosessuale. Risposta: «Ma perché si è sfruttato tutto il resto, il seno non c'è quasi più o è un monumento di silicone, come le labbra, i fianchi ecc. Di autentico non ci resta che il posteriore...»), o addirittura mitizzando le varie parti. In ciò non inventando nulla («Infatti la pubblicità non inventa, viene sempre "dopo"» dice il fotografo Ferdinando Scianna) ma sfornando o sfruttando stereotipi, le gambe di Marlene, il piedino di Cenerentola, la bocca di Marilyn, la chioma di Berenice, gli occhi di Liz, e perfino l'ancheggiare della Marini. C'è certamente qualcosa di mortuario e anche di offensivo in tutto questo «squartare» alla ricerca di una immagine di seduzione sempre più glaciale o addirittura desistente: «Siamo come disegni nell'aria» è il commento dell'attrice Giuliana De Sio. E la velocità dei tempi pubblicitari rende l'operazione «quarti da macelleria» sempre più scoperta, ma non certo nuova. Se è vero che le si può attribuire una progenitrice, come ha fatto Liborio Termine costruendo per il nuovo editore Fiornovelli un collage curioso di interventi, dalla Cavani a Baudrillard, da Piera Degli Esposti a Scianna, intitolato Lo specchio e le brame, vale a dire «immaginario femminile e pubblicità». Una progenitrice insospettata: nientemeno che Matilde Serao di cui il docente torinese ha scovato e inserito, come punto forte del libriccino, il «poema» Fascino muliebre che la fondatrice del Mattino scrisse (tra il 1905 e il 1906, quando dirigeva II Giorno di Napoli) proprio per la Bertelli, pubblicato da Hoepli in quegli stessi anni e poi scomparso. Una settantina di pagine, più l'interminabile prontuario della ditta, tra ala dannunziana e ironia partenopea, divise per capitoli, cioè per «quarti», l'igiene della pelle e della testa, degli occhi, del volto, delle mani, della bocca nonché dell'udito, delle funzioni respiratorie e circolatorie, il tutto ottenuto sotto il segno del mitico marchio Venus in crema o brillantina, in sapone o vellutina che dà «soave nuance al pallore tenero dei volti». Parcellizzazione del corpo che ha naturalmente come risultato supremo un unicum di bellezza e viene codificata dalla «teletta» (leggi toi- lette), la grande officina della seduzione alla base della quale c'è l'«Igea trionfatrice», la virtù taumaturgica dell'acqua tanto che la Serao avrebbe potuto dire prima di Liala: «Non so se i miei romanzi siano letteratura; so che ho insegnato a milioni di donne a lavarsi». A suo modo, dunque, l'amica di D'Annunzio è stata non solo una protofemminista, anche una specie di rivoluzionaria del costume? Perplesso, Liborio Termine dice: «Certo la Serao ha scritto il suo trattato su ordinazione e probabilmente per ottenere dalla potente Bertelli qualche annuncio pubblicitario sul suo Giorno. L'interesse del testo sta piuttosto nella considerazione che esso contiene già tutte le virtù ma anche tutti i vizi che caratterizzeranno la pubblicità. E sorprendente mi sembra che, da allora a oggi, questo universo non abbia mai sentito il bisogno, e forse perché quel bisogno non c'è mai stato, di un cambiamento di rotta, di una innovazione». Una tesi che lo studioso lascia poi elaborare dagli autori dei capitoli «corollario» al manualetto in salsa Liberty. Tesi confermata da Piera DegU Esposti che vorrebbe, en arti¬ ste e piuttosto ingenuamente, «trovare nella pubblicità un riscontro della realtà in cui vivo, fatta di cose concrete, anche di malessere, spiacevolezze. Perché non mostrare l'infelicità della casalinga?». Tesi smentita da Scianna, saltuario incursore nel mondo degli spot, le cui fotografie danno non solo una rappresentazione globale della donna e del suo immaginario ma anche la rivestono di richiami «attuali», letteratura, cinema, cronaca: così la Marpessa per Dolce e Gabbana, la Cucinotta per Ijavazza e il bacio sotto la pioggia per Allegri che, seri- ve Scianna, «non sarebbe riconoscibile senza il finale di Casablanca». Tesi «aggiustata» dalla Cavani che, méntre trova nella pubblicità ancora «uno stereotipo vecchio, retaggio del passato, nella figura femminile», intravede con favore la comparsa di una «certa moda bisessuale» con «il modello della donna androgina che va guadagnando terreno rispetto a quello della maggiorata». E il perché ce lo dice Baudrillard, con la sua teoria della transessualità non di genere ma di ordine simbolico: «Poiché non è più possibile parlare della propria esistenza, non resta che fare atto di apparenza, senza curarsi di essere né di essere considerato. Non esisto, non ci sono; ma: sono visibile, sono immagine, look!». Ergo, non carichiamo i «creativi» di colpe che non appartengono a loro soltanto, ma a tutti. Forse «di più» proprio alle donne. «Mi chiedo spesso perché il pubblico, in specie fernminile, non reagisce di fronte a certe campagne, perché subisce. Il problema della pubblicità è estremamente complesso, certo non riducibile a slogan. Tuttavia sono sicura che il vero salto avverrà quando tra merci e consumatori-consumatrici sarà mutato il rapporto, si imparerà a negoziare». Parola di una «creativa», Anna Maria Testa, che non pensa solo allo sviluppo della tecnologia, a un'interattività favorita da Internet e simili, ma a una crescita individuale, forte. Che invece secondo Paola Capriolo c'è, da sempre, poiché «proprio dal sesso femminile giunge una consolazione insperata nel terrificante quadro clinico dell'intelletto umano tracciato dai pubblicitari: la casalinga affronta la metafisica della pubblicità con l'impavido scetticismo di un positivista e come positivista diffida dei rniracoli». Anche della bellezza di Poppea assicurata dal Bagno Venus. Mirella Appiotti In un libro curato da Liborio Termine un curioso collage di interventi: da Ida Magli a Liliana Cavani, da Piera Degli Esposti a Giuliana De Sio, da Scianna a Baudrillard ubblicità io secolo estra una alche anno fa Una pubblicità di inizio secolo e a destra una di qualche anno fa

Luoghi citati: Crema, Napoli