Un ingorgo contro Milosevic

9 L'ultima trovata del fronte che da quarantanove giorni si oppone al regime Un ingorgo contro Milosevii Belgrado bloccata dalle auto dell'opposizione BELGRADO DAL NOSTRO INVIATO Diecimila manifestanti fanno un corteo, diecimila auto un'apocalisse. Messe tutte assieme a clacson spiegato, muso contro muso, mentre intorno la gente fa scoppiare petardi e getta l'anima nei fischietti, formano non solo uno dei più grandi ingorghi della storia, ma anche l'immagine del grande ingorgo in cui la Jugoslavia sta piombando, nella politica come nelle coscienze. Nel giorno numero 49 dei moti di Belgrado, «Zajedno», il cartello delle opposizioni, ha organizzato ieri una manifestazione completamente nuova, straordinariamente pittoresca, incredibilmente efficace. Tutti in auto, visto che la pohzia continua ad impedire i cortei per evitare «intralci al traffico». Tutti verso il centro, a partire dall'una del pomeriggio, per ammassarsi in compatte, metalliche ondate lì dove il potere di Milosevic continua a far finta di nulla, controllando le cose dall'esterno, sforzandosi di nasconderle al resto del Paese. Idea sempre più folle, se è vero quanto riferiscono fonti d'agenzia. Un calcolo approssimativo dice che dalla capitale ai centri della Serbia più profonda ieri oltre 200 mila auto hanno bloccato le strade, invadendole fino a determinare una gigantesca, contemporanea paralisi del Paese. A Belgrado una regia sempre più accorta ha fatto sì che il cambio di strategia di «Zajedno» si tramutasse in uno dei più grandi spettacoli degli ultimi anni. Assolutamente televisivo, concepito per produrre immagini e diffondere nel mondo l'idea di un Paese soffocato dai gas di scarico ma sempre più pronto alla grande svolta. I poliziotti come al solito erano dappertutto, ma questa volta bloccare il corteo toccava ai vigili urbani. Ci hanno provato, fin dalla mattina, sbarrando alcune strade, cercando di deviare le prime colonne di traffico. Dopo un paio d'ore hanno dovuto rinunciare, tanto avvolgenti erano i serpenti d'auto che da ogni direzione s'arrampicavano verso «Terazija», la grande balconata naturale da cui la nobile Belgrado asburgica guarda i prefabbricati della periferia socialista. Girava un avvertimento: chi fosse stato sorpreso con l'auto ad intralciare il traffico avrebbe rischiato non l'arresto, ma una di quelle multe in grado di mettere in crisi tutto il bilancio familiare. In effetti, i vigili anziché bloccare continuavano ad annotare freneticamente targhe e modelli d'auto. La cosa però era organizzata con grande accortezza. Appena giunte in vista di piazza della Repubblica, le prime vetture si sono bloccate coi lampeggianti accesi mentre i proprietari simulavano una «panne». Guasti contemporanei, incredibili, ostentati. C'era una ragazza che alla guida di una vecchia Volkswagen si è bloccata in mez- zo alla strada, ha aperto disperata il cofano anteriore dimenticando che il motore era dietro. Altri che si fermavano e tiravano fuori il «cric» per cambiare gomme perfettamente gonfie. Una finzione talmente evidente da spingere anche la polizia del traffico a rinunciare ai controlli, continuando a impugnare penne e taccuini come altrettanti annunci di vendetta. Non c'era vettura che non fosse addobbata: palloncini, grandi scope che sporgevano dai finestrini, a simboleggiare voglia di pulizia, fronde di quercia che sono anche il simbolo del Natale ortodosso, di cui oggi è la vigilia. Vuk Draskovic, il guascone, si è fatto riprendere mentre guardava ridendo dentro il cofano di un'auto perfettamente funzionante, mentre il proprietario faceva scaldare sul motore un thermo di vino rosso. Zoran Djindjic, l'altro leader, girava col figlioletto sulle spalle e dichiarava felice: «Oggi abbiamo dimostrato a Milosevic che non può toglierci il diritto di andare per le strade». Gruppi di ragazzi ripetevano in coro lo «sketch» che ormai è entrato a far parte della vita belgradese: dinanzi ai semafori, tutti fermi ad applaudire quando scattava il verde e tutti a dire «arrestate i comunisti» quando la luce si faceva rossa. Oggi, per la vigilia, Draskovic e i suoi ripeteranno l'esperimento in una forma forse meno politica, ma certamente altrettanto massiccia. Nella storica cattedrale del Santo Sava, protettore di Serbia, il patriarca Pavle benedirà come da tradizione le fronde di quercia, che qui rappresentano un simbolo altrettanto festoso ma molto più sacro del nostro vischio. Quelli di «Zajedno» andranno alla benedizione in auto, come ieri, per provocare un ingorgo forse ancora più massiccio. Dal giorno in cui ha schierato il Sinodo contro il regime, Pavle viene visto da «Zajedno» come un grande alleato, quanto meno temporaneo. Le rivendicazioni della Chiesa ortodossa di Serbia sono di quelle che metterebbero in ginocchio anche un ipotetico, nuovo governo delle opposizioni, ma per il momento si tratta di abbattere l'autocrate, ed ogni compagno di strada diventa un alleato. Manca ancora quello decisivo, le forze di polizia. E dopo aver ottenuto l'appoggio della Chiesa, la promessa di non intervento dell'esercito, «Zajedno» adesso punta a trovare alleati anche fra i guardiani del regime. Sono ottantamila, attrezzati ottimamente e molto ben pagati. In teoria, un perfetto corpo di pretoriani: a «Zajedno» però non sono sfuggiti i tentennamenti dei reparti schierati a Belgrado, le espressioni dei giovanotti fatti affluire dalla provincia per fronteggiare con scudo di plastica e giubbetto antiproiettile altri giovanotti che anziché insultarli gridavano loro: «Piavi - cioè azzurri, dal colore delle divise mollate tutto e venite a bere una birra con noi». La nuova mossa delle opposizioni consiste in una lettera aperta ai «piavi», letta ieri attraverso i microfoni. Alla polizia, gli oppositori dicono: «Non lasciate che i ladri del partito socialista vi condizionino e vi spingano a combattere il popolo, quelli come voi. Mentre noi e voi ci congeliamo nelle strade, il figlio d Milosevic sta al caldo e gira sulle auto più care del mondo». La storia della Ferrari gialla di Marko Milosevic, principe ereditario, «rallista» dilettante nonché noto distruttore di auto, può unificare nella rabbia più di qualsiasi appello a sfondo politico. «Non ce l'abbiamo con voi - dicono ancora le opposizioni ai poliziotti - chiediamo solo che la legge sia rispettata e i nostri voti ci vengano restituiti». Il regime attende e tace. Eppure, tutto lascia pensare che il livello delle provocazioni di piazza sia giunto troppo in alto perché le cose possano continuare così. Giuseppe Zaccaria Polizia e vigili impotenti a fermare la lunga teoria di vetture in coda a clacson spiegato Giunti in vista della vietata piazza della Repubblica, i guidatori si sono bloccati simulando ogni tipo di guasto H| II presidente serbo H| Slobodan Milosevic appare sempre più in difficoltà Un dimostrante mostra il segno serbo-ortodosso (le tre dita levate) sul tetto di un'auto nell'ingorgo che ieri ha bloccato Belgrado

Persone citate: Draskovic, Giuseppe Zaccaria, Marko Milosevic, Milosevic, Slobodan Milosevic, Vuk Draskovic, Zoran Djindjic