Uno gerarca, l'altro socialista perché li uccisero insieme?

IL CASO. Un libro riaccende drammatici interrogativi sull'esecuzione di Arpinati e Nanni IL CASO. Un libro riaccende drammatici interrogativi sull'esecuzione di Arpinati e Nanni Uno gerarca, l'altro socialista perché li uccisero insieme? w t|NO di destra, l'altro di sinistra. Uno esponente di I spicco del fascismo, l'altro I I socialista. Singolarmente . x. 1 accomunati da un identidestino. La mattina del 22 1945 Leandro Arpinati e co aprile Torquato Nanni, amici di vecchia data, con le rispettive famiglie festeggiavano la Liberazione. /Mia tenuta di Malacappa, nella Bassa Bolognese, si fermò una camionetta con sei persone, tra cui due donne. Scese dalla macchina, domandarono di Aqoinati. Quando l'ex gerarca si fece avanti, lo tramortirono con il mitra. Nanni, sconvolto, gridò: «Che cosa fate?» e si buttò davanti a Leandro. Anche lui venne stordito con il calcio del fucile e poi fu investito, insieme ad Arpinati, da una sventagliata di proiettili. Come mai questa brutale esecuzione? Da cosa erano legati, per morire insieme, l'avvocato socialista, ex sindaco del paesino di Santa Sofia, e l'ex capo militare dello squadrismo bolognese? Erano veramente una coppia speciale il Nanni e l'Arpinati, entrambi avevano un amico d'eccezione: Benito Mussolini. Nel 1906 lo studente Aldo Parlili capitò al caffè Macaron di Forlì e incontrò Nanni, a quei tempi anche lui liceale. Era in compagnia - come ci racconta lo storico e giornalista Venerio Cattaui nel saggio Rappresaglia che uscirà a giorni da Marsilio - di un giovane alto, magro, barba di tre giorni, colletto sudicio e cravattone nero: il futuro duce. I due cominciarono a parlare («a vanvera», sottolinea il Farmi) di filosofia e di politica e si districavano a fatica tra Hegel, Bergson, Sorel. Appena finito il liceo, Nanni, convinto socialista, divenne sempre più intimo di Mussolini, collaborando all'Avanti! da lui diretto e poi al Popolo d'Italia. All'inizio della prima guerra mondiale, Nanni compilò la prima biografia del fondatore del fascismo, pubblicata per i tipi della Voce, su esplicita richiesta di Giuseppe Prezzolini, che aveva intuito come Mussolini stesse diventando un personaggio importali- te. Però lo scritto, molto poco agiografico, non piacque a Mussolini che gli chiese di buttarlo nel cestino. Arpinati, a sua volta, fu vicino al futuro capo del governo fin dai primi passi del suo movimento: tra i suoi fiori all'occhiello di manganellatore della prima ora, vi furono i fatti di Palazzo Accursio a Bologna del 20 settembre 1920. Il sanguinoso episodio, che lo vide protagonista dopo la vittoria delle elezioni comunali da parte dei socialisti, si concluse con dieci morti e quaranta feriti. Anche ad Arpinati, prima ancora che diventasse podestà di Bologna, vicesegretario del Puf e poi sottosegretario agli Interni, Nanni dedicò un suo saggio biografico in cui lo descriveva «come il più metodico, e il più inesorabile degli squadristi». Per nulla risentito da queste definizioni, il ras di Bologna addirittura fu riconoscente verso l'amico e gli salvò la vita. Nanni, eletto nelle liste del psi, si era scontrato, venendo alle mani in consiglio comunale, con Amerigo Dumini (che sarà incolpato del delitto Matteotti). Il socialista stava diventando un personaggio scomodo. E quando i fascisti nel 1922 chiesero a Mussolini cosa fare di Nanni, questi fu pronto a dargli una coltellata alle spalle: «E' vero che è stato mio amico... Ma se oggi si comporta da nemico, dovete trattarlo come tale». L'ordine fu rispettato, e Nanni, prigioniero di una squadracela, stava per essere linciato. Ma fu strappato dalle mani dei suoi assassini da Arpinati. Anche questo gesto di solidarietà contribuì a far vacillare la posizione del gerarca che, con la sua durezza e il suo attivismo, si era procurato parecchi nemici. Mussolini, da tempo, l'aveva definito «il più grande granista», ovvero il maggior piantagrane del partito, per il suo intervento di censore e di moralista. Nel 1933 Arpinati fu denunciato dall'av¬ versario Starace nella lettera del 3 maggio per le sue manchevolezze nei confronti del regime. Costretto alle dimissioni, fu mandato al confino a Lipari, nel '34. Contemporaneamente anche l'avvocato Nanni, senza più protettori né amici, accusato di aver tramato contro i gerarchi di Forlì, veniva spedito vicino a Nuoro. Benito e Leandro si rividero dieci anni dopo, quando il duce, in procinto di fondare la «Repubblica sociale», volle incontrare alcuni gerarchi per coinvolgerli nel progetto di Salò. Ma l'ex fedelissimo di un tempo si sottrarrà, non individuando alcuna possibilità di successo nell'impresa. Al contrario, insieme a Nanni si dedicherà a dar manforte agli alleati e riuscirà a portare in salvo un gruppo di generali inglesi. Come mai entrambi furono vittime della stessa mano? Cattaui porta nuovi materiali su questo doppio assassinio. Considera irrealistiche tesi, come quella dello studioso statunitense Ellis Whiteker, che siano stati gli stessi fascisti ad uccidere Arpinati, in possesso di documenti compromettenti per alte personalità del regime. Il saggista polemizza poi con Giorgio Bocca che ne La Repubblica di Mussolini considera casuale l'esecuzione contemporanea di Nanni e Arpinati. Cattani sostiene invece che si trattò di uno dei primi eccidi rossi, compiuti per vendetta nei confronti di Arpinati. Nanni fu vittima del suo temperamento impulsivo e passionale che lo portò a fare scudo con il proprio corpo a Leandro. Della stessa opinione fu Ezra Pound che nei Cantos immortalò così la strana coppia del ventennio nero: «(Torquato) Nanni fu tre anni con Battisti / ma fucilato fu dopo Salò. / Si gettò davanti all'amico (Arpinati) / ma non potè salvarlo». Mirella Serri Legati dall'amicizia col Duce, eliminati dai partigiani nel '45, 4 giorni dopo la Liberazione Qui sopra. Ezra Pound, che cantò la morte di Nanni e Arpinati; qui accanto, Arpinati con Mussolini; più a destra Leandro Arpinati accanto a un partigiano pochi giorni prima dell'uccisione

Luoghi citati: Bologna, Forlì, Italia, Lipari, Nuoro, Salò, Santa Sofia