Parretti «dribbla» la giustizia Usa di Valeria Sacchi

mSTinsoa Parretti «dribbla» la giustizia Usa ; : Mentre Florio Fiorini, è stato rinviato a giudizio per il crack della Comitas mSTinsoa Parretti «dribbla» la giustizia Usa Ricercato torna in Italia per un altro processo SMILANO CHERZO della sorte: nelle stesse ore due ex soci d' affari e di sogni miliardari, Giancarlo Parretti e Florio Fiorini, si trovano di bel nuovo nei pasticci. Il primo inseguito da un ordine di arresto spiccato negli Stati Uniti dalla corte superiore del Delaware, il secondo rinviato a giudizio dal tribunale di Genova per il crack della compagnia di assicurazioni Comitas. Non è che l'ennesima tappa nella trafila di guai giudiziari che da qualche anno scandisce la vita degli ex partner. I quali, dopo percorsi assai diversi (cameriere, faccendiere, infaticabile «predatore» il primo, ex direttore finanziario dell'Eni socialista, «lavandaio» di società in crisi il secondo) ma un denominatore comune: la megalomania, si erano uniti alla fine degli Anni Ottanta per un progetto ambizioso: la scalata al Leone di Hollywood, la Metro Goldwyn Mayer. La major nella quale un trionfante Parretti aveva fatto il suo ingresso da padrone nel marzo 1990, per esserne cacciato nel 1991 dal Crédit Lyonnais, la banca francese che aveva finanziato l'affare con un miliardo di dollari, sparito insieme all'altro miliardo «saccheggiato» dalle casse di Mgm direttamente dall'intraprendente cameriere di Orvieto. Fiorini, da poco agli arresti domiciliari dopo aver scontato dal 1991 anni di galera in Svizzera e in Italia, sarà processato il 27 gennaio per il crack di Comitas avvenuto nel 1992 su ipotesi di bancarotta fraudolenta, insieme all'ex presidente di Comitas Ernesto Cavallini, a due amministratori della compagnia: Sandro Calloni e Maurizio Festa Bianchet, e a due ex dirigenti del Credito Lombardo: Pier Luigi Secchi e Gualtiero Morato. Insieme tutti costoro dovranno rispondere all'accusa di aver fatto sparire dalle casse di Comitas 11 miliardi, che sarebbero stati depositati tra il '90 e il '91 presso banche diverse, per essere investiti in titoli o altro. Ieri, nel corso dell'udienza preliminare, Fiorini ha però sostenuto che, all'epoca dei fatti, era Cavallini a prendere le decisioni e, quindi, sempre «lui» ad aver sottratto i miliardi contestati dal pm Vito Monetti. Mentre per Fiorini si tratta sostanzialmente dell'ultima accusa di mala gestione, il mandato di cattura per Parretti è, in certo senso, una novità. Nonostante un passato di truffe e bancarotte fraudolente e una fedina penale da primato, Parretti era riuscito finora a dribblare per il caso Mgm la galera. Cosa che peraltro ha fatto, con raro fiuto, anche ieri. Poche ore prima che la corte del Delaware (dove è stato condannato nell'ottobre scorso) spiccasse contro di lui il mandato di cattura, l'ineffabile Parretti era già saltato su un aereo diretto in Italia. «Sono allibito e choccato dalla decisione di Parretti - ha commentato ieri il suo legale americano Jay Coggan -: Parretti avrebbe dovuto essere presente alla lettura della sentenza (che si terrà domani, n.d.r.) per il processo a suo carico. Il rientro in Italia viola le norme americane sulla libertà provvisoria». Ed ha concluso: «Non ho più idea di cosa gli passi per la mente». Quel che gli passa per la mente lo spiega l'avvocato italiano Manlio Morcella: Parretti è rientrato in Italia perché «lo prevede un provvedimento emesso dalla corte d'appello di Perugia, dove deve rispondere di reati fiscali». «La convenzione sottoscritta il 3 ottobre tra Parretti e la corte del Delaware - puntualizza Morcella - non gli proibisce di lasciare gli Stati Uniti. Anzi fa divieto ai giudici americani di giudicarlo in contumacia, se sono in atto nei suoi confronti azioni penali di quel governo o di quello italiano che giustifichino la sua assenza». E dopo avere contestato il giudice americano, il legale ricorda che «esiste un decreto del ministero di Grazia e Giustizia in base al quale il finanziere può essere consegnato agli Usa, in rispetto delle procedure di estradizione, solo quando siano state soddisfatte le esigenze della giustizia italiana, circostanza che non si è ancora verificata». Parretti, insomma, in patria si sente più sicuro. E difatti Morcella fa sapere che il suo cliente, ben protetto in una località imprecisata dell'Orvietano, «è tranquillo, perché con il suo rientro ha reso deferenza allo Stato italiano». Sia come sia, negli Usa Parretti è stato condannato in ottobre per falso, spergiuro e occultamento di prove. Il Lyonnais lo aveva infatti accusato di aver falsificato un documento chiave, utilizzato in un precedente processo, al termine del quale la banca francese era riuscita ad estrometterlo dalla Mgm, sequestrandogU il pacchetto di controllo della major. Valeria Sacchi Giancarlo Parretti e Fiorio Fiorini