Milosevic, la svolta sospetta

Ma il governo mostra delusione per i tempi lunghi del viaggio papale SERBIA M Si dimette il sindaco di Belgrado. Draskovic: tutta colpa della first lady Milosevic, la svolta sospetta Washington: «Il regime fa promesse a vuoto» ZAGABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il tentativo di Slobodan Milosevic di trovare un compromesso con l'Osce riconoscendo soltanto una piccola parte della vittoria dell'opposizione serba alle elezioni amministrative dello scorso 17 novembre è stato duramente criticato dalla comunità internazionale. Oltre alla stessa Osce che ha invitato ancora una volta il presidente serbo ad avallare tutti i risultati elettorali, anche Washington, Parigi e Bonn hanno ammonito ieri Milosevic. Riferendosi alla lettera che il ministro degli Esteri di Belgrado, Milutinovic, ha mandato all'Osce, il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Nicholas Burns, ha dichiarato che, a giudizio degli Usa, essa contiene «delle promesse a vuoto» riguardo all'impegno della Serbia verso la democrazia. «La lettera non ha risposto seriamente alle raccomandazioni stilate nel rapporto di Gonzàlez» ha detto Burns, accusando Milosevic di non aver voluto risolvere le questioni principali che hanno condotto alla crisi politica di Belgrado. «Ecco perché gli Stati Uniti ripetono il loro appello alle autorità serbe affinché riconoscano tutti i risultati delle elezioni di novembre». Come conseguenza diretta, gli americani manterranno le sanzioni contro Belgrado, compreso il veto all'accesso serbo alle istituzioni finanziarie internazionali. «Il più presto possibile, completamente e senza reticenze». Questo, in sintesi, il messaggio mandato ieri a Milosevic dal ministero degli Esteri francese che chiede a Belgrado il riconoscimento imme- diato e assoluto della vittoria elettorale della coalizione di opposizione «Zajedno». Parigi vuole che il presidente serbo accetti tutte le richieste dell'Osce, ha detto il portavoce del ministro de Charette. Un appello simile è giunto dalla capitale tedesca. Anche ieri, nella piazza della Repubblica, a Belgrado, è stata organizzata la manifestazione quotidiana di protesta. Le autorità hanno annunciato che le elezioni verranno ripetute nella città di Nis, ma i leader di Zajedno non ne vogliono sentir parlare. «A Nis abbiamo vinto, e vogliamo il rispetto della volontà popolare», ha ripetuto Vuk Draskovic, capo del partito del rinnovamento serbo. Non appena il regime avrà riconosciuto la nostra vittoria nelle quattordici città della Serbia, compresa Belgrado, cesseremo di manifestare, ha detto Draskovic. Nei suoi ultimi discorsi, il leader dell'opposizione ha attaccato soprattutto il JUL (la sinistra jugoslava unita), il partito guidato dalla moglie del presidente serbo, Mirjana Markovic. «Sono loro che vogliono una nuova guerra, le sanzioni, il licenziamento di mezzo milione di lavoratori e la fuga all'estero dei nostri giovani». Il fatto che Draskovic abbia in un certo senso risparmiato il partito socialista di Milosevic confermerebbe la tesi che a dirigere il gioco politico a Belgrado sia definitivamente la consorte del presidente. Secondo fonti vicine al potere, Milosevic sarebbe stato pronto sin dall'inizio ad accettare la vittoria dell'opposizione, ma i falchi del suo partito, guidati dalla moglie, non gli avrebbero permesso di cedere. Frattanto anche il sindaco di Belgrado, il socialista (ex comunista, lo stesso partito di Milosevic) Nebojsa Covic, si è unito al fronte degli oppositori dando le dimissioni dall'incarico che ricopriva da quattro anni, in segno di protesta per il mancato riconoscimento dell'esito delle elezioni da parte del governo. Ingrid Badurina II leader dell'opposizione Vuk Draskovic fra i manifestanti per le vie di Belgrado [FOTO REUTERJ