DELITTI E CASTIGHI DI CARTA di Gianni Vattimo

DELITTI E CASTIGHI DI CARTA DELITTI E CASTIGHI DI CARTA L) ARTICOLO con il quale, commentando la lettera aperta scritta da Maria Grazia Berdini agli assassini del cavalcavia, proponevo un ripensamento circa l'efficacia dissuasiva della nostra giustizia penale, ha susci| tato una serie di accese reazioni i polemiche. Mi dispiace: mi j vergogno (e lo elicevo già neli l'articolo, in un senso non solo i retorico) di aver pensato alla | «mnemotecnica» nietzscheana , (pene corporali, frustate, chiuI stira in celle buie a pane e acqua) come a un'ipotesi estrema ma forse praticabile. Mi dispiace però soprattutto che la maggior parte di coloro che mi hanno rivolto le loro obiezioni non abbiano letto fino in fondo il mio testo, trascurando del tutto quello che era il suo senso principale, e cioè (lo ripeto, ma era abbastanza chiaro): la giustizia dello Stato non deve mirare (e lo insegnava appunto Beccaria) a ristabilire un cquiI librio turbato, ina a evitare per 1 il futuro altri delitti. Solo in questo - e non, allora, in troppe fumose lamentazioni psico-socio-religiose - consiste il significato rieducativo della pena (almeno per uno Staro laico che non crede di essere portatore di valori ultimi, cii visioni del mondo, di teorie filosofiche o religiose su che cosa e la vera umanità). (Posso permettermi di segnalare, per i miei contraddittori, che questo punto mi sembra centrale, e su questo vorrei che rispondessero?). Se questo è lo scopo della pena, bisogna vedere fino a che punto le pene che ora si usa com- Gianni Vattimo CONTINUA A PAG. 2 TERZA COLONNA

Persone citate: Beccaria, Maria Grazia Berdini