Due indagati per la caldaia killer
Sono il proprietario dell'alloggio e l'installatore: l'accusa è di omicidio colposo Sono il proprietario dell'alloggio e l'installatore: l'accusa è di omicidio colposo Due indagati per la caldaia killer Ivrea, causò la morte di una coppia di fidanzati Due avvisi di garanzia per la morte di Claudio Dolara ed Elena Blaseotto, di 31 e 26 anni, i giovani fidanzati trovati senza vita giovedì mattina, insieme al loro cagnolino, nel monolocale affittato dalla ragazza in via Ravaschietto 17 a Ivrea, a ridosso della stazione ferroviaria. Da ieri sono iscritti nel registro degli indagati Enos Francescon, 54 anni, residente a Montalto in via Sant'Eusebio44, che insieme alla figlia Carmen è proprietario e amministratore dei tre alloggi dello stabile; e Pierino Traversa, pure di Montalto, titolare dell'impresa di impianti termosanitari che installò la caldaia a gas. Nei loro confronti il pm Alberto Braghin ipotizza il reato di duplice omicidio colposo. Se )'autopsia, fissata per stamane alle 11, confermerà le tesi iniziali (e cioè che sia stato il monossido di carbonio ad uccidere i due giovani e il cane), dovrà essere accertata ogni responsabilità su eventuali disfunzioni nell'impianto di riscaldamento e nella sua manutenzione. Sia Francescon che Traversa, assistiti dagli avvocati Formento e Guarini, potrebbero essere presto sentiti dal magistrato. Molti, comunque, sono gli aspetti che dovranno chiarire gli inquirenti. Il giallo dei due mattoni, innanzitutto, trovati dalla polizia nel sottotetto: erano appoggiati sull'apertura del tubo di scarico della caldaia, ostruen- dola quasi del tutto. Il tubo stesso, inoltre, invece di avere l'uscita di sfogo sul tetto, termina a filo del pavimento del solaio. Sia Francescon che Traversa non sanno spiegare la presenza dei mattoni: «Non siamo mai saliti sul sottotetto - dicono entrambi -, e in ogni caso non avremmo di certo chiuso il tubo di scarico in quel modo». Qualcuno, però, quei mattoni li ha messi: «Magari - suppongono gli inquirenti durante alcuni lavori, oppure per evitare che sporcizia o qualche animaletto finisse nel condotto». I periti tecnici dovranno ac¬ certare anche se la caldaia era a norma di legge e se funzionava regolarmente. Francescon mostra la dichiarazione di «conformità dell'impianto alla regola d'arte», sottoscritta da Traversa il 29 marzo scorso: «Ho fatto ogni cosa - dice - per essere a posto con le normative di sicurezza. Mai avrei potuto immaginare che sarebbe successa una tragedia simile». L'imprenditore ammette che lo scarico avrebbe dovuto finire sul tetto: «Ma credo - sostiene che i miei operai abbiano lavorato bene, se il tubo termina a filo del pavimento ci deve essere un motivo». E aggiunge: «La caldaia, comunque, era a posto. Lo dimostra il fatto che fosse accesa quando i poliziotti sono entrati nel monolocale». Già, la caldaia accesa. Un altro mistero da chiarire. E' impensabile, infatti, che il monossido di carbonio abbia bruciato l'ossigeno all'interno della stanza, al punto da uccidere i due fidanzati, e non abbia invece causato lo spegnimento dell'impianto. E la stessa caldaia, comunque, avrebbe dovuto disattivarsi non appena la pressione nel tubo di scarico (ostruito dai mattoni) avesse superato il li- vello di guardia. Per la Procura di Ivrea è certamente un rebus piuttosto intricato da risolvere. L'autopsia di stamane potrà già fornire importanti indicazioni: sia per quanto riguarda l'ora dei decessi, avvenuti il giorno di Capodanno, che per le cause (non è ancora del tutto esclusa, infatti, l'ipotesi che Claudio Dolara ed Elena Blaseotto siano morti per intossicazione alimentare). Poi saranno le perizie a spiegare la tragica fine dei due giovani fidanzati eporediesi. Mauro Revello A sinistra, il pm Alberto Braghin, che conduce l'inchiesta A destra, Claudio Dolara, una delle due vittime della caldaia
Luoghi citati: Ivrea
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