Il traduttore partigiano di Alberto Papuzzi

21 E' scomparso a Procida l'uomo che fece conoscere in Germania «Se questo è un uomo» Il traduttore partigiano Heinz Riedt, «tedesco anomalo» w|L traduttore tedesco di i \Se questo è un uomo, i Heinz Riedt, è morto a i Procida, dopo una mag I lattia di alcuni mesi che lo aveva stremato. Aveva 77 anni. Primo Levi, in un capitolo del suo ultimo libro, I sommersi e i salvati, lo aveva definito «un tedesco anomalo». Non soltanto perché Riedt era stato antinazista, ma perché aveva combattuto contro i suoi connazionali, collaborando attivamente con un gruppo gappista quando studiava all'Università di Padova. Per questa scelta, in patria era stato bollato come un traditore. Quando l'editore Giulio Einaudi firmò il contratto per la traduzione tedesca di Se questo è un uomo, Primo Levi non fece mistero della sua diffidenza. Il libro aveva già percorso una faticosa strada. Einaudi lo aveva rifiutato nel 1947 - l'episodio è stato rievocato di recente da Ferdinando Camon su queste pagine -, decidendosi a pubblicarlo soltanto dieci anni dopo l'edizione quasi clandestina presso la casa editrice di Franco Antonicelli. La Fischer di Francoforte acquistò i diritti per la Germania nel 1959. «Non mi fidavo dell'editore tedesco - scrive Levi nei Som- mersi e salvati -. Gli scrissi una lettera quasi insolente: lo diffidavo dal togliere o cambiare una sola parola del testo, e lo impegnavo a mandarmi il manoscritto della traduzione a fascicoli, capitolo per capitolo, a mano a mano che il lavoro procedeva; volevo controllarne la fedeltà, non solo lessicale ma intima. Insieme col primo capitolo che trovai tradotto assai bene, mi giunse uno scritto del traduttore in italiano perfetto. L'editore gli aveva mostrato la mia lettera: non avevo niente da temere, né dall'editore né tanto meno da lui». Figlio di un diplomatico costretto a lasciare la carriera anzitempo per l'avversione al nazionalsocialismo e di una nobildonna con ascendenze olandesi e francesi, cresciuto fra Napoli e Palermo, educato in un ambiente cosmopolita, Heinz Riedt aveva vent'anni quando scoppiò la guerra. Chiamato sotto le armi, ottenne un congedo per malattia e, avendo vinto una borsa di studio per una università italiana, scelse Scienze politiche a Padova, dove potè seguire le lezioni di Norberto Bobbio. Divenne amico della medaglia d'oro Otello Pighin, ucciso dai fascisti, ed entrò col nome di Marino nella sua squadra di gappisti. «Svolgevo attività cospirativa in città - ci disse in un'intervista, pubblicata sulla Stampa in occasione dei cinquant'anni della Liberazione -: raccoglievo informazioni, facevo segnalazioni, partecipavo a piani per lo scambio di ostaggi. Per questo ero ricercato dalle SS, anche con affissi murali. Nazisti tedeschi e fascisti italiani erano per me un solo nemico». Traumatico era stato però il ritorno in patria. Riedt aveva scelto la Ddr, dove collaborò con Bertolt Brecht, ma anche i comunisti gli rimproverarono il passato. Ci raccontò una convocazione al Comitato centrale del Partito comunista, in cui gli dissero: «Lei ha fatto il partigiano in Italia, quindi lei è un traditore della Germania. Non potrà chiedere d'entrare nel partito». Di questo marchio andava fiero. «Si trattava di salvare - ci disse a proposito della lotta coi partigiani - alcuni valori umani fondamentali. Si trattava di morte fisica contro morte spirituale». Ma il regime comunista rappresentò una ferita. Usu- fruiva di permessi per soggiornare nella Germania di Bonn: quando nel 1961 costruirono il Muro, decise di restarvi, dedicandosi alle traduzioni. Riedt è stato un grande traduttore di classici italiani - Goldoni, Ruzante, Manzoni, Pirandello -, ricevendo il titolo di Commendatore della Repubblica per meriti culturali. Ma ha fatto conoscere ai lettori tedeschi anche Landolfi, Gadda, Calvino e Fenoglio, Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci e il Teatro di Pasolini. Dalla fine degli Anni Ottanta si era trasferito a Procida, poiché l'isola è sede del Collegio traduttori letterari, un'istituzione dedicata ai traduttori stranieri. Si era sistemato nell'ala ristrutturata di un vecchio palazzo, in quella zona di vasti giardini alti sul mare in cui Elsa Morante ha ambientato L'isola di Arturo. Di lui Primo Levi ha scritto: «Tradurre Se questo è un uomo lo entusiasmava, il libro gli era consono, confermava, sostanziava per contrasto, il suo amore per la libeità e la giustizia; tradurlo era un modo per continuare la sua lotta temeraria e solitaria contro il suo paese traviato». Alberto Papuzzi Allievo di Bobbio vinse le diffidenze di Primo Levi e ne diventò amico Nell'immagine qui a destra, Primo Levi; sopra, Heinz Riedt, il suo traduttore tedesco