26 milioni di «terùn» italoamericani; sonni agitati per i dottorandi di Adolivio Capece

26 milioni di «terùn» italoamericani; sonni agitati per i dottorandi lettere AL GIORNALE 26 milioni di «terùn» italoamericani; sonni agitati per i dottorandi Facciamo politica senza seminare odio Opero da alcuni lustri negli Stati Uniti come editore e gallerista e molti amici italoamericani mi rivolgono spessissimo domande sulla politica italiana alle quali francamente non mi è facile rispondere. Due notizie, comparse sui giornali italiani il 31 dicembre, sono state per noi motivo di sofferta discussione. Quel giorno, i quotidiani pubblicavano in prima pagina la notizia dell'increscioso incidente toccato all'aeroporto Kennedy al giovane italiano di Venezia che per il deprecabile errore di un paio di addetti all'immigrazione e non certo per razzismo verso l'Italia, si era visto rifiutare il permesso d'ingresso negli Stati Uniti, salvo poi ottenere, sia pure in ritardo, il chiarimento dell'equivoco. Lo stesso giorno tutti i giornali italiani riportavano le consuete bellicose dichiarazioni dell'on. Bossi e il quotidiano La Stampa, in particolare, pubblicava a pagina 6 una intervista in cui il leader della Lega Nord, sia pure con il solito metodo del dire e disdire, cioè dell'affermare senza rischiare, ipotizzava scariche di botte ai professori terùn che insegnano che la Padania non esiste, nonché il ricorso al mitra per liberare la «colonia» del Nord dai «terroni»; insegnanti terùn, magistrati terùn, carabinieri terùn, paragonati dal Bossi agli austriaci contro i quali furono combattute le guerre per l'indipendenza italiana. Ora, ci domandiamo: non c'è una sproporzione tra l'importanza data alla notizia del giovane veneziano rispedito in Italia perché ritenuto un clandestino albanese, e l'assenza di commenti adeguati alle dichiarazioni con cui Bossi offende e minaccia, nella loro sacrosanta Patria, milioni di italiani del Sud, dichiarazioni che, se fatte da un leader politico bianco ai tempi dell'apartheid in Sud Africa, avrebbero sollevato lo sdegno del mondo? All'on. Bossi e seguaci vorrem¬ mo ricordare che negli Stati Uniti gli oriundi italiani, nella stragrande maggioranza di discendenza «terùn», ammontano a ventisei milioni, si sono fatti onore in tutti i campi e sono soprattutto loro i consumatori del «made in Italy», contrassegnato da quel tricolore che la Lega ha proposto di abolire e che qui sventola dappertutto, proprio grazie agli italoamericani. E ancora: nello Stato di New York, che ha un potenziale economico quasi uguale a quello dell'Italia, su 18 milioni di abitanti, ben sei, cioè uno su tre, sono di discendenza italiana (terùn). Di origine italiana da parte materna è il governatore dello Stato di New York, Georg Pataki, e sono, inoltre, oriundi italiani il ministro per lo Sviluppo economico, e numero due dello Stato, Charles Gargano (nato addirittura in provincia di Avellino); il senatore federale Alphonse d'Amato; il sindaco Rudolf Giuliani; il general attorney (procuratore generale), Dennis Vacco; il presidente del Senato dello Stato di New York, Joseph Bruno; il presidente della Borsa, Richard Grasso; il presidente del Consiglio comunale della città di New York, Peter Vallone. Che dovrebbero dire qui in America? Che i terùn italiani o i loro discendenti hanno colonizzato il più importante Stato dell'Unione? Non sarebbe meglio per tutti se l'on. Bossi facesse politica senza seminare odio tra gli italiani? Francesco Nicotra, New York di «Spazio Italia» I decorosi stipendi dei professori Nella sua lettera al giornale del 24 dicembre, la (credo) professoressa Claudia Moretti sottolinea l'esigenza di informare l'opinione pubblica del fatto che le retribuzioni dei docenti universitari non hanno subito modifiche dal 1989. Per quel che ne so, lo stipendio di un «professore universitario al culmine della carriera», per citare le sue parole, è comunque più che decoroso; inoltre, sempre se non vado errato, la sua posizione è in Italia rigidamente fissa: la professoressa può con tutta tranquillità tenersi la sua cattedra finché, Dio volendo, raggiungerà la settantina. Quasi certamente, intorno alla professoressa orbita qualche studente di dottorato che la coadiuva nei compiti di ricerca e magari, anche se non potrebbe, le allevia gb oneri didattici e contribuisce alla gestione degli appelli. Sarebbe una bella prova di sensibilità accademica se la professoressa, oltre ai suoi pro¬ blemi contrattuab, ricordasse all'opinione pubblica che questi dottorandi percepiscono una retribuzione di 13 milioni l'anno, cifra rimasta immutata non dal 1989, ma dall'85. E che dopo tre anni, salvo rarissime eccezioni, non vincono concorsi in università o borse di studio post-dottorato, ma vengono ab¬ bandonati a loro stessi. Temo che i loro sonni siano meno tranquilli di quelli della professoressa Moretti. L. T., Torino Diteci se il morto «era un po' vivo» Nell'articolo di Mario Lollo: «Un trapianto ad orologeria», di pochi giorni fa, si parla di un anonimo ragazzo di 24 anni morto per incidente stradale, al quale sarebbe stato tolto il fegato. Necessiterebbe precisare lo stato di morte del suddetto: era «morto cerebrale?», che però morte non è secondo la normale definizione. Un morto fino a quanto vivo? Agnese Cantalamessa, Roma Crotone cerca aiuti dopo l'alluvione Nell'alluvione di Crotone del 14 ottobre, sono scomparse 5 persone, tra cui Bruno, di 34 anni, fratello di Pdta e Rosetta, e Luca, il figlio di Rita, di ventitré anni. Sono morti travolti dall'acqua nel disperato tentativo di soccorrere un'altra vittima. Bruno è stato ritrovato nove giorni dopo dalla forestale, arrivata sul posto soltanto all'ottavo giorno dall'accaduto! Luca è ancora disperso e con lui anche Michela, di ventidue anni. Luca era padre di un bimbo di due mesi. Il fango e i detriti ricoprono un raggio che va dai due ai sei chilometri, area limitatissima eppure così sorprendentemente ed inesorabilmente inattaccabile dai soccorsi a causa dei mezzi insufficienti e delle attrezzature non idonee alla ricerca. Dal primo novembre le autorità deputate hanno ritenuto ultimate le ricerche ed hanno ritirato i mezzi e le forze lavoro, solo le famiglie dei due dispersi stanno quotidianamente cercando, disponendo solo di una ruspa, fornita dal Comune, e della loro determinazione. Questa lettera vuole essere in parte una denuncia dell'inadempienza delle strutture preposte nei confronti di una situazione di calamità, e, nello stesso tempo, un accorato appello verso tutti coloro che vogliono e possono dare un concreto aiuto per ritrovare chi è ancora disperso. Sono necessari mezzi e attrezzature adeguati all'escavazione e alla ricerca in acque senza visibilità. Le famiglie che nel loro immenso dolore sperano di ritrovare i corpi dei loro cari su cui piangere e a cui dare una degna sepoltura, ringraziano tutti coloro che vorranno rendersi disponibili. Ringraziando per la disponibilità comunichiamo gli mdrrizzi a cui fare riferimento per eventuali comunicazioni: Rosetta Commisso, via C. Battisti 17, Torino, tel. 011/885.980; Rita Commisso, via delle Serre 14, Cropani Marina (Cz), tel. 0961/962.046. Rosetta Commisso, Torino L'inventore della scacchiera «a tre» Martedì 31 dicembre nella pagina degli esteri è apparsa la notizia Ansa con foto di una scacchiera per tre giocatori, che (si legge) sarebbe stata inventata da tale Khia Rasmussin, carpentiere scozzese di Dunkheld. La notizia è errata, perché la scacchiera a tre non è stata «inventata» in questi giorni dall'amico scozzese, bensì oltre due secoli fa da un italiano, tale Filippo Marinetti, capitano del genio dell'esercito napoletano. Questi illustrò gioco e scacchiera in un libretto intitolato Il giuoco degli scacchi fra tre, edito a Napoli nel 1722 e dedicato al principe Eugenio di Savoia. Da notare che il libretto fu tradotto in inglese nel 1826 e dedicato a Sua Grazia la duchessa di Northumberland. Adolivio Capece Milano Direttore de «L'Italia scacchistica»