Quel «protocollo» mai onorato di Giovanni Trovati

Quel «protocollo» mai onorato Sulla trattativa pesano gli impegni assunti nel '93, difficili da rispettare per esecutivi instabili Quel «protocollo» mai onorato NEL '69 il ministro DonatCattin chiuse la vertenza dei metalmeccanici imponendosi mediatore tra sindacati e Federmeccanica per raffreddare la stagione dei contratti definita per la sua durezza «autunno caldo». A distanza di 28 anni di nuovo un ministro è chiamato a intervenire per porre fine a una vertenza dei metalmeccanici che si protrae da troppo tempo, ma non come mediatore, bensì come parte in causa, perché il governo è firmatario del protocolo del luglio 1993. Con quel protocollo il governo si impegna a «disporre di strumenti fiscali e parafiscali, con particolare riferimento agli oneri componenti il costo del lavoro, atti a dissuadere comportamenti difformi» dalla politica dei redditi. Le indicazioni del '93 hanno guidato il rinnovo dei contratti negli ultimi anni evitando una accentuata conflittualità: oggi paralizzano quello dei metalmeccanici perché una mutata situazione economica rende contro¬ versa la sua interpretazione. Al capitolo 2 si legge: «La dinamica degli effetti economici del contratto sarà coerente con i tassi di inflazione programmata assunti come obiettivo comune. Per la definizione di detta dinamica sarà tenuto conto delle politiche concordate nelle sessioni di politica dei redditi e dell'occupazione, dell'obiettivo mirato alla salvaguardia del potere di acquisto delle retribuzioni, delle tendenze generali dell'economia e del mercato del lavoro, del raffronto competitivo e degli andamenti specifici del settore. In sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali ulteriori punti di riferimento del negoziato saranno costituiti dalla comparazione tra l'inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, da valutare anche alla luce delle eventuali variazioni delle ragioni di scambio nel Paese, nonché dell'andamento delle retribuzioni». Il protocollo, redatto in un italiano burocratico, è il compro¬ messo tra interessi immediati, favorito dall'illusione che la crisi fosse superata e l'inflazione si potesse contenere. Così non è stato, e riemergono i contrasti che allora si credeva di aver sopito con la congiunzione «anche» e l'aggettivo «eventuali». Oggi i sindacati si ritengono autorizzati a chiedere la differenza tra «l'inflazione programmata e l'inflazione effettiva», mentre gli imprenditori sono convinti che la differenza vada valutata «anche alla luce delle eventuali variazioni...» eccetera. Il protocollo è una magna charta che tratta di tutto, dall'impegno a elevare l'età dell'obbligo scolastico sino a 16 anni, a portare a termine la riforma della scuola secondaria superiore, a finalizzare «le risorse finanziarie derivanti dal prelievo dello 0,30 a carico delle imprese alla formazione continua», al piano straordinario triennale di riqualificazione e di aggiornamento del personale della scuola. C'è un capitolo sulla ricerca come sostegno al sistema produttivo, perché «negli Anni 90 scienza e tecnologia dovranno assumere, più che in passato, un ruolo primario». Si parla di «misure di rifinanziamento», di defiscalizzazione delle spese per la ricerca delle imprese, della «deducibilità delle erogazioni liberali a favore di specifici soggetti operanti nel campo della ricerca». Si parla di ricorso al mercato finanziario e creditizio. Di questi impegni quanti sono stati rispettati? Non si può far carico di negligenza ai governi che si sono succeduti dal 1993: governi che non arrivano a un anno di vita è tanto se riescono a affrontare non troppo male l'emergenza. Un protocollo come quello del '93 richiede governi di legislatura. Ma in attesa delle riforme indispensabili va risolta la vertenza dei metalmeccanici, anche se richiede sacrifici, per evitare che si apra un «inverno caldo» nelle relazioni sociali e nell'economia. Giovanni Trovati