Dimenticati in manicomio di Fulvio Milone
«Non sappiamo dove mandarli» Dimenticati in manicomio «Non sappiamo dove mandarli» LA LIBERTA' NEGATA LNAPOLI A chiusura dei manicomi per loro è un miraggio lontano, un sogno irrealizzabile. Chissà quando potranno riassaporare la libertà novantaquattro sepolti vivi nei due manicomi giudiziari di S. Eframo, a Napoli, e di Aversa, in provincia di Caserta. Nonostante abbiano scontato da anni e in alcuni casi da decenni la pena a cui erano stati condannati, consumano un'esistenza da detenuti. Perché? Il motivo è semplice e sconvolgente al tempo stesso: le Usi che dovrebbero prendersi cura di loro non hanno dove metterli, non sanno come poterli sistemare. Così può capitare che un poveraccio come Giovanni D'Auria, che avrebbe dovuto lasciare S. Eframo sei anni fa, nel '90, si trovi ancora lì. O che un certo Angelo Giannetti, condannato neil'81 a venti- quattro mesi per oltraggio, sia rinchiuso ormai da tredici anni senza aver commesso altri reati. I manicomi giudiziari di S. Eframo e di Aversa ospitano complessivamente trecento degenti. L'esistenza dei 94 sepolti vivi, quasi un terzo dei ricoverati, è stata denunciata da Franco Daniele, responsabile per la Campania dell'Associazione familiari sofferenti psichici. «Questa vicenda è emblematica della fase che segue la chiusura dei manicomi - dice Daniele -. Non si può pensare solo di eliminare gli ospedali psichiatrici in base ad un calcolo finanziario; la carenza di strutture è un segnale molto preoccupante», aggiunge. Daniele spiega che i novantaquattro malati di mente sono stati condannati a pene non superiori ai due anni per reati minori come l'oltraggio a pubblico ufficiale o l'aggressione. Il problema si presenta con sconcertante puntualità alla scadenza del periodo di detenzione. Che fine farà l'ammalato? Ha quasi sempre bisogno urgente di altre cure, e non ha una famiglia in grado di accoglierlo ed assisterlo. A questo punto, il primo impatto è con il magistrato di sorveglianza, che ha il compito di seguire la sorte dell'ormai ex detenuto. Tocca a lui segnalare alle Usi «per quanto di competenza e per i provvedimenti del caso la situazione del nominato in oggetto». E la risposta delle Usi è ormai scontata: spiacenti, non abbiamo strutture adeguate per fornire l'assistenza che sarebbe necessaria per casi come questi. A questo punto la «pratica» torna nelle mani del giudice di sorveglianza, al quale non rimane altro da fare che pro¬ rogare la permanenza nel manicomio giudiziario per un biennio. E così, di due anni in due anni, di rinvio in rinvio, la vita dei 94 sepolti vivi si sta consumando dietro le sbarre di Sant'Eframo e del manicomio di Aversa. Non che siano assistiti male: lo stesso Franco Daniele ammette che, almeno nell'istituto di Napoli, «gli operatori garantiscono condizioni di vita dignitose ai degenti». Ma che vita è quella di un uoixio costretto ad invecchiare in un manicomio-carcere? «Stiamo evidentemente assistendo ad una violazione grave dei diritti costituzionali e umani di un cittadino» sbotta Franco Daniele, che preannuncia lettere di denuncia ai ministri di Grazia e Giustizia, Giovanni Maria Flick, e della Sanità, Rosy Bindi. Fulvio Milone L'ingresso del Sant'Eframo, uno dei 2 manicomi giudiziari campani in cui sono ospitati 94 malati che dovrebbero essere stati liberati già da molti anni
Persone citate: Angelo Giannetti, Franco Daniele, Giovanni D'auria, Giovanni Maria Flick, Rosy Bindi
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