«Stop all'Urod, non funziona» di Daniela Daniele

La decisione dopo l'esame dei risultati dell'esperimento di disintossicazione rapido su cento pazienti La decisione dopo l'esame dei risultati dell'esperimento di disintossicazione rapido su cento pazienti «Stop all'Urod, non funziona» La Commissione boccia il metodo anti-droga ROMA. Stop all'Urod. La sperimentazione del metodo per la disintossicazione rapida da oppiacei deve cessare. Lo dice la Commissione unica del farmaco (Cuf) dopo aver esaminato i risultati ottenuti all'ospedale San Raffaele di Milano, col trattamento sui primi cento tossicodipendenti. Motivo: la documentazione scientifica presentata non pare né sufficiente, né convincente. Gian Luigi Gessa è il neurofarmacologo della Cuf che ha valutato la relazione. «Avevamo dato chiare indicazioni su come condurre la sperimentazione - spiega Gessa - e sulla necessità di utilizzare metodi obiettivi per analizzare i risultati. Ma tutto questo non risulta dal resoconto che ci è stato mandato». Che cosa manca? Il portavoce della Cuf è lapidario: la verifica scientifica dei risultati. «Manca un gruppo di controllo - sottolinea Gessa - e la descrizione della procedura è sommaria (non si specifica quali dosi dei diversi farmaci vengono utilizzate); mancano inoltre dati obiettivi sull'uso di eroina dopo il trattamento». Una storia da dimenticare, dunque? «Il metodo potrebbe anche essere valido - osserva Gessa - se però fosse integrato in un protocollo di riabilitazione del tossicodipendente, cosa che non c'è stata». Malgrado i molti appelli alla prudenza, il metodo Urod fu presentato come «il» sistema risolutore de! problema droga. Venne definito una sorta di «lavaggio chimico» dei recettori del cervello, in grado di liberare dalla schiavitù della droga. Nell'estate '95, l'Istituto San Raffaele annunciò che nella prima settimana di settembre sarebbe cominciato il trattamento su 500 tossicodipendenti. L'ok alla sperimentazione arrivò, però, il 2 ottobre. L'allora ministro della Sanità, Elio Guzzanti, uscendo dalla riunione della Cuf, aveva ammonito: «Chi accetta di sperimentare questo metodo, deve mettere in conto anche l'insuccesso». Ma alle porte del San Raffaele, com'era prevedibile, bussarono moltissime famiglie disperate, disposte a qualsiasi cosa nella speranza di poter riabbracciare un figlio «guarito». Disposte anche a pagare i milioni che venivano richiesti per accedere alla terapia. «Infatti - sostiene Gianni Tognoni, dell'Istituto farmacologico milanese Mario Negri - l'Urod è una notevole operazione commerciale». Che cosa pensa della sospensione voluta dalla Cuf? «E' la logica conseguenza di qualcosa che era chiaro a tutti: non c'era la documentazione scientifica necessaria. Era come se qualcuno avesse detto: ora apro una clinica per guarire i malati di cancro, fidatevi e finanziatemi, però senza le prove dell'efficacia del mio sistema.... E' incredibile che, allora, sia stata data l'autorizzazione a procedere. Non c'era nulla, neppure il protocollo per sperimentare». Quando fu data quell'autorizzazione a procedere, don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, aveva dichiarato: «Bisogna evitare semplificazioni in un ambito così delicato. E' indispensabile che nessuno proponga scorciatoie o iniziative che non sono state ancora scientificamente verificate». E oggi, che cosa dice don Ciotti? «Mi dispiace dover constatare che avevo ragione. Avrei preferito essere smentito, perché quello che tutti vogliamo è il bene di chi finisce dentro questi problemi. Oggi più di ieri insisto: non diamo false speranze a chi è disposto a tutto, a indebitarsi fino al collo, pur di risolvere il dramma di un figlio. Ma soprattutto, non crediamo che la soluzione sia soltanto chimica: resta in ballo un problema di relazione, di comunicazione con questi ragazzi. Resta la difficoltà del dopo disintossicazione». Perché i recettori del cervello potranno anche venire chimicamente lavati ma se non si eliminano le cause del malessere di un'anima, chi per questo soffre ci potrà ancora inciampare, e cadere. Daniela Daniele «Il metodo potrebbe anche essere valido, ma andrebbe integrato con la riabilitazione del paziente» L'ex ministro della Sanità, Guzzanti. Sopra, la clinica di Castellanza

Persone citate: Elio Guzzanti, Gessa, Gian Luigi Gessa, Gianni Tognoni, Guzzanti, Mario Negri

Luoghi citati: Milano, Roma, San Raffaele