«Pene miti: hanno ucciso per colpa della tv»

Pescara: «Un anno fa ammazzarono la bimba appena nata plagiati dal bel vivere visto sul piccolo schermo» Pescara: «Un anno fa ammazzarono la bimba appena nata plagiati dal bel vivere visto sul piccolo schermo» «Pene miti: hanno ucciso per colpa della tv» Sentenza choc per i genitori assassini mass media sul banco degli imputati PESCARA ASS media complici dell'omicidio di una bimba appena nata, uccisa dai genitori che ne occultarono il corpicino. Nella sentenza choc che ha condannato a miti pene Gabriella Cerratti, 21 anni, di Manoppello, e Dario Marchionne, 24, di Nocciano, accusati di omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere, i mass media sono stati coinvolti a pieno titolo dai giudici della corte d'assise di Chieti. Genitori killer nati dalla tv spazzatura. «Sono soggetti con carattere immaturo, infantile, labile, con una personalità scarsamente organizzata, con affettività grezza; vivono in una Italia depredata da individui senza scrupoli e infarcita di mass media che, con pressione occulta, lacerano il tessuto sociale, sicché è inevitabile che le carenze di apporti socio-culturali abbiano provocato effetti negativi su soggetti immaturi e con scarso livello intellettivo». Così, a circa due mesi dalla fine del processo di primo grado, i giudici d'assise, presidente Franco Saverio Amico, hanno spiegato il perché delle condanne miti inflitte ai giovani genitori pescare- si. A salvarli dal carcere a vita è stata la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti. Tra le attenuanti, il fatto che Gabriella e Dario siano rimasti vittime di un cocktail micidiale, fatto di influenze esterne negative - mass media compresi come viene spiegato nelle motivazioni - e di anomalie delle personalità dei due. Un'analisi sociologica, quella dei giudici, spietata e che solo oggi chiarisce definitivamente 0 quadro di riferimento sociale in cui maturò il turpe omicidio. Le imputazioni contro i coniugi, che al momento del delitto, il 27 giugno del 1995, erano fidanzati, erano da ergastolo. Lei fu condannata a 16 anni, lui a 14. Alla lettura della sentenza, il 5 novembre scorso, preferirono abbandonare l'aula. Il pm, Aldo Aceto, aveva chiesto 28 anni per Gabriella e 24 per Dario. Colpevoli dell'omicidio premeditato volontario della figlioletta Vanessa, partorita su un tavolaccio e poi nascosta sotto un albero di cachi, i giovani attendono ora il processo d'appello liberi. Quella bimba, nata da una relazione non ancora consacrata dal matrimonio, era uno scandalo da nascondere, una vergogna per il paese. Fu tutto facile, come in un film, ambientato nel medioevo. Lei partorisce, da sola; il fardello ingombrante passa nelle mani di lui. Il cadavere di Vanessa, chiuso in una busta di plastica e occultato sotto un albero, sarà trovato qualche giorno più tardi. Per i fidanzatini si aprirono le porte del carcere. Lei operaia di una piccola azienda, lui disoccupato, entrambi senza alcuna istruzione, vissuti in una realtà fantastica creata dalle loro menti distorte, non capivano neanche perché, d'un colpo, si trovassero dietro le sbarre. I mass media avrebbero prima fatto di loro dei genitori killer e poi, gli sarebbero stati di «conforto» quando i giudici, nel comminare le pene, hanno rite- nuto che quello specchio di una realtà travisata, a cui Gabriella e Dario hanno creduto, fosse da considerarsi elemento cardine su cui poggiare solide basi per far prevalere attenuanti su aggravanti. I coniugi non avrebbero capito la gravità del delitto per loro limiti caratteriali ma anche perché sotto la suggestione di messaggi mass me¬ diologici nei confronti dei quali erano indifesi. Ma quali mass media? Nelle motivazioni non viene spiegato, ma è evidente che il riferimento dei giudici è ad un certo tipo di televisione, perché il livello culturale dei due giovani non era tale da indurli ad una lettura assidua di giornali e riviste. Dario e Gabriella, dicono i giudici, non sapevano quel che facevano. Plagiati dal consumismo più sfrenato, il bel vivere visto in tv, tutte le sere, li ha convinti che quel figlio non potevano permetterselo. Oltre allo scandalo e alle dicerie paesane, avrebbe rappresentato una sorta di lusso. Significava rinunciate all'auto nuova, agli sfizi e a tanti altri agi. «Questa è la prima volta - aveva detto il pm - in cui sinceramente non so quale sia la pena più giusta. L'ergastolo, forse, potrebbe essere eccessivo». Roberto Ettorre «Convinti da certi messaggi che non potevano permettersela» li bosco in cui fu nascosto il corpo della bimba

Persone citate: Aldo Aceto, Dario Marchionne, Franco Saverio Amico, Roberto Ettorre

Luoghi citati: Chieti, Italia, Manoppello, Nocciano, Pescara