«Israele deve ingrandirsi questo il disegno di Dio»

L'ARMATA «Israele deve ingrandirsi questo il disegno di Dio» L'ARMATA GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Vicino a Bet El, l'insediamento della West Bank più vicino a Ramallah, in un paesaggio spoglio, su un'altura detta Artis, in piena notte, come ombre fatali, giungono i coloni per affermare il disegno divino come lo interpretano loro, ovvero l'allargamento degli insediamenti ebraici. Affermano questo disegno contro quello che a loro appare soltanto il povero svolgersi degli eventi, l'attentato di Hebron, le trattative in corso con Arafat perché venga superato il disastro creato da Noam Friedman. Dalle 2 di notte Bibi Netanyahu subisce dunque un nuovo potente assedio, forse per lui più pericoloso di quello dei palestinesi e dei sette ministri che gli hanno dichiarato guerra all'interno dello stesso suo governo: l'assedio del popolo nazionalista religioso militante, che lo votò convinto che Bibi avrebbe rovesciato il loro destino, non avrebbe restituito Hebron, e avrebbe invece consentito di allargare gli insediamenti. Invece fino a ora i coloni più che chiacchiere e rinvii non hanno ottenuto: e adesso questi 200 che arrivano notte- tempo con gli scialli di preghiera, il generatore per la luce elettrica, i mattoni per costruire gli scalini che salgono sulle sette brutte case mobili, messe ad angolo retto, vogliono chiamare la nuova cittadina d'insediamento col nome della famiglia Tzur, di cui i palestinesi hanno ucciso in un agguato il mese scorso madre e figlio, e al cui funerale Netanyahu promise mare e monti. «Tutte bugie - dicono ora i coloni, furiosi col loro leader traditore -. Ci hanno fatto credere che avremmo potuto costruire case per oltre 1500 famiglie, e poi alla resa dei conti il permesso ci è stato negato». I vecchi leader non sono più buoni; restano con i coloni fisicamente presenti a Bet El i leader più duri, come il deputato del partito Moledet (Patria) Benny Elon: «Per noi questa non è affatto un'azione contro lo Stato; non è un'azione illegale, anzi è a favore dello Stato, del sogno sionista che ha fondato questo Stato». Passano le ore, e gli altoparlanti di Bet El quando si fa giorno invitano i cittadini ad andare a raggiungere i cinquanta fondatori di quella che chiamano ormai Karmei Tzur, lasciando da parte il lavoro di preparazione del sabato, che per i religiosi comincia già nella mattinata del venerdì. Bisogna far presto. Si costruisce, si organizza, si procura acqua ed elettricità, e fra gli uomini si forma subito in un angolo un gruppo intento allo studio della Bibbia. Gli uomini intrecciano anche una danza su un canto religioso, in cerchio, mentre le donne accudiscono i ragazzini. Tutti indossano gli abiti tradizionali, ma non quelli da puri studio- si, quanto quelli da pionieri religiosi, con camicie a quadri e kippà fatte a uncinetto. Intanto arrivano alcuni soldati, alcuni poliziotti, e più tardi giungerà anche il generale della zona della West Bank Gabi Ofir: vengono senza far troppo rumore, parlamentano e trattano con i coloni, che non sanno che dietro la collina, poco lontano, si stanno accumulando forze dell'ordine agguerrite, numerose. Ai settler di Bet El, è vero, lo Stato d'Israele comincia a non apparire più come lo Stato che avevano sognato; ma anche per lo Stato di Netanyahu la destra comincia ad essere un nemico in potenza, un mondo intero ideologicamente motivato al di là dell'opportunità politica, dei patti stretti nel passato e indispensabili per il futuro, al di là della più elementare visione internazionale: uno scacchiere di cui occorre conoscere e seguire i regolamenti. Ancora tuttavia sembra che la guerra non sia pronta: i settler stessi la sera rinunciano a dormire nelle case mobili, le lasciano in custodia ai poliziotti; Yaacov Katz, uno dei leader, si dice «sicuro», ma si sente che è una captatio benevolentiae, che là, o in quel punto poco lontano, si otterrà il pennesso di costruire. Tutto questo mentre Arafat forse in queste ore esagera nel cercare di capitalizzare politicamente l'attentato terrorista di Friedman; dopo tutto l'accordo su Hebron era stato raggiunto, e Netanyahu è ormai visibilmente ansioso di concluderlo. Mai né Peres né Rabm avevano telefonato con tanta celerità dopo uno sgarro subito dai palestinesi ad Arafat come invece ha fatto Netanyahu due giorni or sono senza neppure sapere se c'erano dei morti, per scusarsi. Inoltre il fatto che si lascmo ancora passare tante ore mette alla prova la pazienza degli americani, e solletica l'antagonismo mai sopito del mondo arabo intero; e consente ai vari Sharon e Begin, i durissimi ministri del gabinetto di Netanyahu, di lavorare per costruire un'opposizione sempre più larga agli accordi per liberare la cittadina che è il pomo della discordia e consegnarla all'Autorità palestinese. Ma tant'è: il governo Netanyahu è nato nella patente contraddizione della promessa di osservare gli accordi di pace e di tener fede a un elettorato che in parte di questi accordi non ne vuol sapere. Questo elettorato comprende probabilmente anche gran parte dei giovani che vanno alla stessa yeshiva, la scuola religiosa, dove ha studiato Noam Friedman. Fiamma Nirenstein C^M w - A destra, religiosi con lo scialle e i filatteri pregano davanti al nuovo insediamento a Beit El Qui accanto, un colono agita la bandiera israeliana sulla collina occupata nel corso della notte

Luoghi citati: Beit El, Bet El, Gerusalemme, Israele