Presa «la coppia regina delle truffe» di Ezio Mascarino
Hanno raggirato decine di imprenditori pagando con assegni falsi: bloccati a Roma Hanno raggirato decine di imprenditori pagando con assegni falsi: bloccati a Roma Presa «la coppia regina delle truffe» Lui deve scontare 30 anni di carcere, la moglie 12 MILIARDARI E IMBROGLIONI SONO stati traditi dall'ultima truffa: duecento milioni di mobili pagati con assegni rubati. Adriano Carlesi, 41 anni e la moglie, la professoressa Silvana Patanè, 42 anni, laurea in filosofia, abitanti a Torino, erano ricercati da anni, in tutta Italia. Devono scontare condanne definitive: quasi 30 anni lui, 12 lei. Per polizia e carabinieri sono «re e regina delle truffe». Li hanno arrestati i carabinieri. Vivevano, sotto falso nome, in una lussuosa villa alle porte di Roma. Con annesso un allevamento di cani e cavalli di razza. Lui, per il bel mondo romano, era Ambrogio Monti, industriale milanese; lei Silvana Visconti Mondrone, origini nobili. Storia di due truffatori e delle loro «imprese». Centinaia. Le racconta l'ispettore Angelo Marino, della squadra mobile. Truffe spesso uguali, compiute in tutta Italia. La loro abilità stava nella facile parlantina, nell'elegante presenza e nella capacità di trasformarsi: barba, baffi, capelli più o meno lunghi, lui; occhiali, parrucche e capelli lisci o ricci, lei. Nella loro rete sono caduti industriali, antiquari, commercianti d'abbigliamento, di tappeti, di mobili, di elettrodomestici. Che ricevevano ordini per duecento, trecento milioni; la merce veniva appoggiata su magazzini e società fasulle, ed era pagata con assegni rubati, scoperti. Sempre nomi diversi e falsi: Bruno Crespan, Francesco Pupillo, Dino Di Cicco, Auro Del Bo, Albano Andreatti. Una serie di denunce, di arresti. Nell'ottobre '83 finirono in carcere, colpiti complessivamente da 40 mandati di cattura. Un record. Che i coniugi Carlesi hanno poi migliorato. In quei giorni, 17 anni fa, avevano già condanne per dieci anni. Storia tutta da raccontare quella di Silvana Patanè: nel febbraio '89, riuscì ad ottenere la libertà. In cella, va detto, rimase pochissimo. La detenzione le faceva male: per i periti soffriva «di una psicosi reattiva alla carcerazione» e la detenzione poteva «spingerla al suicidio». Per lei si mosse anche il Tribunale dei diritti dell'uomo di Stra¬ sburgo che sollecitò «comprensione» al governo italiano. La Patanè, difesa dall'avvocato Silvana Fantini, ottenne la libertà. Si rese subito irreperibile. A dicembre scomparve anche il marito: aveva ottenuto 5 giorni di permesso, per il Natale, non rientrò alle Vallette. Ezio Mascarino Silvana Patanè è laureata in filosofia Adriano Carlesi ha collezionato centinaia di truffe
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