L'erede di Pavarotti trionfa al Met di Armando Caruso

La Scola, un Cavaradossi «divino», difende i giovani tenori italiani: sono i migliori La Scola, un Cavaradossi «divino», difende i giovani tenori italiani: sono i migliori I/erede di Pavarotti trionfa al Met «E'finito il periodo d'oro dei discografici il mercato è saturo, i meriti si vedono in teatro» BOLOGNA. «Pavarotti-DomingoCarreras? Hanno avuto la fortuna di avere le case discografiche in ascesa, ma oggi non ò più cosi. Le majors vanno giù in caduta libera, sono costrette, pur di vendere, a dimezzare i prezzi, il mercato discografico operistico è saturo. "PavDom-Car", così li chiamano ironicamente anche i loro fans, al di là dei loro indiscussi meriti artistici individuali, ormai non fanno più storia. Sono come Bossi, gli si fa pubblicità e loro ci marciano. Il concertone non e un'operazione culturale né ha mai avuto la pretesa di esserlo)). Vincenzo La Scola, il tenore palermitano noto in tutto il mondo per la solarità delia voce, si candida alla successione di l'ava & C: «Sono l'erede di uno dei tre grandi. Mi candido sul campo, nella certezza di aver lavorato per la musica, di essermi guadagnato qualche merito». Zubin Menta l'ha scelto per la tournée realizzata a settembre in Giappone dal Maggio Musicale Fiorentino: il suo Edgardo («Lucia di Lammermoor») ha avuto pieni consensi. Al Metropolitan il 13 dicembre ha «cantalo divinamente», dico¬ no i suoi fans, nella Tosca diretta da Badea e il 10 gennaio farà Traviata con Frontali e Villa Roel. Il Met, non più soltanto «casa di Pavarotti», riapre agli altri tenori italiani «che esistono, sono giovani e bravi, come dice Roberto Alagna». E lui, in aprile farà anco -a Tosca in Giappone con la Dessy e Bruson. Lei canta molto in Europa. «Con una particolare predilezione per la Svizzera. Presto, con il gusto della 'provocazione" che sollecita un direttore barocco come Aaron Harnoncourt, canterò Aida. Harnoncourt sostiene che "Aida", al di là della marcia trionfale e del duettone, è opera intimista, che va interpretata senza falsi eroismi, assai lontana dalle edizioni dell'Arena di Verona». Che ne pensa dei discografici? «Hanno indiscussi meriti, ma anche molli demeriti. Hanno commesso l'errore di non rischiare. Si sono appiattiti su esecuzioni in studio, standard, prive di emozioni. Ora fanno marcia indietro e, anche per dimezzare i costi, registrano senza convinzione opere live. Anche i teatri in Italia fanno poco, mentre Zurigo mette in scena 250 spettacoli l'anno e le sale sono sempre piene». L'opera ha ancora un futuro? «L'opera oggi è anacronistica, ma è anche l'unico momento in cui, ormai, ci si abbandona ai sogni. Sognano gli interpreti c sogna anche il pubblico per allontanare gli spettri deila realtà quotidiana». Resiste il mito del tenore? «Credo proprio di sì, non ci sono più gli scalmanati che idolatravano Caruso, Gigli, Di Stefano, Corelli, Del Monaco, ma il pubblico cerca il tenore, vive ancora per il do di petto. Ed è assurdo che registi e direttori d'orchestra, con le loro manie filo¬ Vincenzo La Scola il 10 canterà la Traviata al Metropolitan logiche, a volte tolgano spazio ai personaggi di punta, al tenore appunto, l'eroe romantico. La filologia toglie le grandi attese, le incertezze: "stecca o non stecca?", "ce la farà"?». Che ne pensa dei direttori? «Personalmente dai direttori sono stato aiutato, ma l'incontro fra cantante e direttore è governato da un meccanismo perverso. Viviamo in un'epoca dominata dalla loro personalità. Amano soprattutto se stessi e le loro orchestre e assai poco i cantanti, pretendono suoni brillanti, un diapason elevato, che non aiuta le corde vocali. Come si fa oggi a dire che un tenore è rossiniano, se l'orchestra per Rossini è di cinquanta strumentisti, le distanze sono duplicate e le sonorità così elevate? Nell'800 le opere si eseguivano con piccole orchestre. Gli organici lirici di oggi sono straripanti di suono e la voce umana ne risente». Lei di chi è l'erede, di Pavarotti, Domingo o Carreras? «L'importante è convincersi che l'erede ci sia già. Di chi non ha importanza». Armando Caruso

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