Nel grande circo di Jagger

Il leader dei Rolling Stones in supergruppo con Beatles e Who Il leader dei Rolling Stones in supergruppo con Beatles e Who Nel grande circo di Jagger Esce un video che è la storia del rock LONDRA. Mick Jagger avrebbe voluto che l'osse Brigitte Bardot a dirigere il suo circo di star. Non l'ha avuta e deve farne le veci, ma pazienza, perché i suoi labbroni la evocano lo stesso. Sono passati solo sette mesi da quando gli studenti parigini hanno caricato la polizia cantando «Jumping Jack Flash», e un anno e rotti da «Sgt. Pepper» dei Beatles, che ha fellinianamente esaltato l'odore di segatura di un'arena di provincia. E' il 10 dicembre 1968, che ci è arrivato nel video inedito di «The Rolling Stones Rock and Roll Circus». Gli acrobati e i pagliacci entrano strombazzando, come macchiette uscite da «La strada» ma con molti miliardi in banca: John Lennon, con un gran collare elisabettiano e un vestito a righe, Yoko Ono con un cappellaccio a punta da strega, Peto Townshend degli Who con un altissimo berretto a pan di zucchero, il povero Brian Jones che fa finta di suonare il flauto e gli scappa da ridere, Marianne Faithfull bella come un fiore nonostante i notori eccessi, Eric Clapton col ' faccino imberbe e un baschetto paffuto. Lennon, autore di «For the benefit of Mr Kite» che cantava le prodezze di un acrobata d'inizio secolo in puro stile nostalgico-lisergico, è un po' il santo protettore dell'iniziativa. Vestito da capo a piedi di jeans Levi's, man¬ giucchia riso integrale con i bastoncini e rilascia un'intervista untuosa a Mick Jagger. Vuoi per surreale paternalismo o per il solo gusto di schernire, John finisce per mettere un pochino in soggezione l'amico. «Volevo tanto trovarmi con te perché è da tanto tempo che ammiro il tuo lavoro», esordisce volutamente viscido Jagger. «Colpa mia, Michael», lo imbonisce John, che usando il proprio vero secondo nome si ribattezza «Winston Gambacoscia» forse per non fare troppo dispetto a McCartney. Le scemenze deliberate proseguono. Mick: «Ti ricordi quel vecchio posto a Broadway?». John: «Erano i giorni in cui volevo tenerti stretto». Quindi, porgendo il piatto a Jagger: «A nome del pubblico inglese, ti prego di accettare questo». Provate a figurarvi oggi un Liam Gallagher che presenta un film dei Blur: inconcepibile; ma quella era la Londra di fine anni Sessanta, dove la competizione si ammosciava davanti all'universalismo del rock. Il «supergruppo» riunito da Lennon per lo show, i Dirty Mac, comprende anche Clapton, Keith Richards e Mitch Mitchell della Jimi Hendrix Experience; ma questo strano agglomerato sembra almeno in parte essere stato inventato per far risaltare Yoko Ono, che vanta addirittura un credito principale come autrice. Dopo essersi raggomitolata nel suo solito sacco nero mentre John dà la stura a «Yer Blues», ne emerge per squittire nella sua «Whole Lotta Yoko». Il vero peccato è che nessuno riesce più a sentire una sola nota del violinista classico Ivry Gitlis, quando lei attacca con le sue strida. E' le stesso Lennon a introdurre le sei canzoni dei mattatori Stones e a danzare selvaggiamente fra il pubblico al ritmo di «Sympathy for the Devil», mentre Sua Maestà Satanica Jagger si toghe la maglietta per svelare un gran tatuaggio del demonio sul torace. Strana visione oggi, se si pensa che John è stato ammazzato da un pazzo che credeva fosse il diavolo «a guidargli la mano». Ma tutti tornano bambini dell'asilo per il numero finale, «Salt of the Earth»: si prendono a braccetto, ondeggiano allacciati, ci manca poco che si mettano a fare il trenino. Sonisi d'innocenza fioriscono su tutte le bocche. L'innocenza irripetibile della Londra del '68. Maria Chiara Bonazzi Brigitte Bardot ai tempi d'oro: Mick Jagger avrebbe voluto che fosse lei a dirigere il suo circo di star. Non l'ha avuta e deve farsene una ragione, ma pazienza, perché i suoi labbroni la evocano lo stesso

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