«Ho ucciso assieme a Pacciani»

Lotti e l'inchiesta sul «mostro»: ho partecipato al delitto dei due ragazzi tedeschi nel 1983 Lotti e l'inchiesta sul «mostro»: ho partecipato al delitto dei due ragazzi tedeschi nel 1983 «Ho uccìso assieme a Pacciani» Firenze, nuova rivelazione del supertestimone FIRENZE. La notte del 9 settembre 1983, dice, non la dimenticherà più. A Giogoli, in quella stradina stretta dietro alla certosa del Galluzzo, c'ero anch'io, dice. Proprio così: c'era anche lui. E non per occhieggiare e magari invidiare quelli che impazzivano nel sabba. No, quella volta toccò a lui. Potè stringere in pugno l'introvabile Beretta calibro 22, dice, quella con cui il «mostro di Firenze» fra il 1968 e il 1985 ha ucciso le sue 16 vittime. E lece fuoco e vide due giovani morire e forse ne provò soddisfazione. Erano ragazzi tedeschi di 24 anni, Jens Huwe Ruesh e Horst Meyer, due maschi e, si disse, i capelli lunghi e biondi di mio avevano tratto in inganno l'assassino che cercava sempre ima coppia, ragazzo e ragazza. Ma aver «sbagliato» non è ciò che sembra avere più importanza per lui: l'essenziale è essere stato protagonista. Almeno una volta. Se mai quella volta c'è stata. Parola di Giancarlo Lotti, quello che, nascosto dietro allo pseudonimo «Beta», avrebbe dovuto testimoniare al processo d'appello a Pietro Pacciani ma non lo fece perché rifiutato dalla corte. E quella testimonianza mancata è il primo e più vistoso motivo per il quale giovedì 12 dicembre la corte di Cassazione ha deciso di far rifare il processo, naturalmente a Firenze, ma con giudici differenti e, del resto, il presidente dell'appello, Francesco Ferri, se n'è andato dalla magistratura e ha salutato con un pamphlet carico di motivi critici nei confronti di chi ritiene Pietro Pacciani il «mostro» e complici i suoi amici. «Il caso Pacciani, storia di una colonna infame?» è il titolo. Dunque, ascoltato all'antivigilia di Natale, il testimone Lotti avrebbe raccontato quello che nessuno poteva immaginare e, forse, neppure sperare. Ha detto che a segnalare i due al Pietro e a Mario Vanni, suo amico, su quel furgone parcheggiato nella stradina, era stato proprio lui, «Katanga» come lo chiamano. E al momento di abbandonarsi alla follia, i due compari, cacciatagli la pistola in mano, gli avevano ordinato di far fuoco. E lui aveva sparato, dall'esterno. «I due ragazzi nel furgone erano a sedere», aveva precisato. «A sparare dentro il furgone è stato il Pacciani». Così, tutto avrebbe una sua spiegazione: che a far fuoco all'esterno, come indicava l'altezza dei fori sulla lamiera del Volkswagen, era stato uno sul metro e 80; che quello all'interno potè muoversi con disinvoltura perché più basso; che c'era sul serio un'auto rossa non lontana dal furgone alla vigilia del duplice delitto. Quella 128 scarlatta è una maledizione per Giancarlo Lotti: fu vista a Giogoli, a Vicchio, agli Scopeti, dove si consumò l'ultimo rito e dove furono uccisi due francesi. Tutto credibile? Tutto da verificare, controllare, avverte Alessandro Falciani, difensore di Lotti. 11 quale va oltre: «Smentisco assolutamente la notizia che è stata divulgata». Cioè, avvocato, Lotti non ha fatto le dichiarazioni? «Se le abbia l'atte non lo posso due perché ognuno le dichiarazioni le può rendere quando vuole. Certamente lui non le ha rese in un atto ufficiale, certamente non in un interrogatorio». Insomma, sono false? «Non prendo neppure in considerazione un'ipo- tesi del genere. Soltanto smentisco quanto dichiarato perché a me non consta assolutamente». Ognuno segue la sua strada. La difesa del Pietro ascolta con apparente disinteresse le notizie di queste esternazioni e si dice sicura di un nuovo successo in aula. Ma poi l'avvocato Nino Marazzita sottolinea sarcastico: «Non è che io posso commentare le dichiarazioni di Lotti, lo commento le indiscrezioni fatte filtrare illecitamente dagli investigatori. Ecco, semmai, posso rispondere alla domanda teorica: "Se fossero così le dichiarazioni di Lotti, che cosa pensa?" Penso che se fossero queste le dichiarazioni di Lotti, avrebbero una capacità accusatoria pari a quelle altre indiscrezioni fatte filtrare e che sono 300 testimoni oculari e il ritrovamento della buca dove, sottoterra, era custodita la pistola. Cioè, tutto questo equivale a zero. Ma invito gli investigatori a continuare a interrogare Lotti per altri otto mesi: così potranno scoprire tutti i misteri d'Italia, da chi ha messo la bomba in piazza Fontana, ai mandanti dell'omicidio Moro». L'accusa ha pochi dubbi: le parole di Lotti non sono acqua fresca. E Paolo Canessa, il sostituto procuratore che fra pochi giorni chiederà il rinvio a giudizio della combriccola chiamata «gli amici di merende», dichiara, sicuro di sé: «Non sparerò a salve». Vincenzo Tessandori Ma l'avvocato difensore smentisce le nuove carte in mano ai magistrati TRE INCHIESTE PER UN MISTERO III 12 dicembre la Cassazione ha annullato la sentenza ili assoluzione per Pietro Pacciani. Il nuovo processo al contadino accusato di essere il mostro dovrebbe essere celebrato solo a settembre o a ottobre 2L'inchiesta-bis sui cosiddetti «compagni di merende» vede indagati Mario Vanni, Giovanni Faggi e Giancarlo Lotti. Il pm dovrebbe chiedere di processarli per associazione a delinquere finalizzata all'esecuzione dei duplici omicidi. 3Pietro Pacciani è indagato anche nell'inchiestabis, ma solo per il reato di associazione per delinquere. La sua posizione dovrebbe essere stralciata e affrontata in una terza indagine Sopra. Giancarlo Lotti: l'uomo, dopo che in passato aveva raccontato di aver assistito ad alcuni dei delitti del mostro di Firenze, avrebbe confessato di avere sparato in una occasione

Luoghi citati: Firenze, Giogoli, Italia, Vicchio