Le grandi manovre sulla Bicamerale di Alberto Rapisarda

Prodi si scopre più forte, ma Segni e l'ex presidente pensano a una legge popolare per la Costituente Prodi si scopre più forte, ma Segni e l'ex presidente pensano a una legge popolare per la Costituente te grandi manovre sulla Bicamerale Il Polo offre a Cossiga la guida della Commissione ROMA. Comincia bene per Prodi il 1997. Il governo ha presentato ieri alla Camera il decretone di fine anno senza che dall'opposizione si levasse il consueto coro di proteste. Ha avviato la mediazione per risolvere la vertenza dei metalmeccanici, fiducioso nel risultato dopo avere approvato aiuti all'industria. E conta anche di arrivare ad una equilibrata convivenza con Fausto Bertinotti (che le opposizioni considerano l'unico in grado di far cadere il governo). Ed ecco il ministro dell'Industria, Bersani, che manda messaggi distensivi a Rifondazionea. Insomma, Romano Prodi, a sorpresa, emerge piii solido dal faticoso '96 (il Wall Street Jour nal ora scommette sulla sua longevità) e l'intera scena politica ne risente. Perché un po' tutti, da D'Alema a Berlusconi a Fini, avevano messo in conto (fin da giugno, quando si cominciò a parlar di riforme) che il Professore non avrebbe retto alla prova. Sono di allora gli attacchi del commissario europeo, Monti, al documento di programmazione economica del governo che prevedeva tagli per soli 32 mila miliardi. L'incertezza sulla tenuta del governo aveva permesso di studiare un percorso verso le riforme che avrebbe potuto, alla fine, sfociare anche in un governo di larghe intese. Ora, quello che sembrava l'attore meno dotato (Prodi), sta tenendo bene la scena e le solitarie prime donne di un tempo (Berlusconi e D'Alema) si vedono costrette a rivedere i loro ruoli. Questo straniamento sta dietro la gran confusione con la quale tutti si stanno avviando all'appuntamento del 15 gennaio (quando si dovrebbe varare la bicamerale per le riforme) senza sapere bene cosa fare. Nel frattempo proliferano altre iniziative. Come quella di SegniCossiga per raccogliere cinquantamila firme per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare per far le riforme con l'assemblea costituente. Il Polo è in difficoltà, con Fini che sta con Segni e Berlusconi che vuole ancora la commissione bicamerale. «Noi siamo intenziona¬ ti a confermare il voto favorevole a condizione che il pds confermi la scelta delle maggioranze variabui sulle riforme. La grande coalizione? E' un errore porla in relazione alle riforme» spiega Giorgio Rebuffa, vicepresidente dei deputati di Forza Italia. «Ma con quale Ulivo discuteremo le riforme?» chiede perplesso Enrico La Loggia, capo dei senatori di Forza Italia. «Il fatto è che l'offensiva d'autunno di Prodi ha imbrigliato D'Alema - riflette Francesco D'Onofrio, capogruppo del ucd al Senato - perché si è scoperto che il segretario del pds non può più giocare la carta delle riforme senza l'assenso della maggioranza. E così oggi il Polo si chiede se non ha sbagliato a scommettere su D'Alema come garante per le riforme». In effetti, nel Polo cominciano anche a prendere in considerazione come interlocutori Antonio Maccanico e Lamberto Dini. Ce n'è abbastanza per far dire al capo dei senatori del pds, Cesare Salvi, che «ci sono elementi di pessimismo» sulla sorte della Bicamerale. In molti dubitano e quelli che trepidano per le riforme subito (e per un clima più disteso tra maggioranza e opposizione) si affannano ad offrire vie di uscita. Pierferdinando Casini, segretario del Ccd, si rende conto che l'iniziati¬ va Segni-Cossiga rischia di spaccare il Polo e così ha proposto ieri, di fatto, di disinnescarla offrendo all'ex presidente della Repubblica la presidenza della commissione bicamerale. Ma gli hanno risposto «no» i popolari (Bianco: «Cossiga si è autoescluso») e Forza Italia (Rebuffa), che spera ancora in una presidenza D'Alema. Ma il pds tace. D'Onofrio, di fronte alle evidenti difficoltà (soprattutto del Polo) propone di lasciar perdere sia la bicamerale che l'assemblea costituente (che dividono Berlusconi da Fini) per utilizzare la procedura di riforma provista dall'articolo 138 della Costituzione. Un lavoro che possono sbriga¬ re le commissiono affari costituzionali di Camera e Senato, sostiene. «L'importante è tenere lo riforme distinte dalla sorte del governo» spiega D'Onofrio a Buttigliene, che è rimasto l'unico a credere ancora all'imminente caduta di Prodi. Nel pds, invece, Beppe Vacca (che molti considerano l'ascoltato consigliere di D'Alema) ostenta ottimismo per la bicamerale perché il rafforzamento del governo «convince la destra che non può dare più spallate e Prodi può stare quindi più sicuro. Ora le sorti delle riforme e quelle del governo si dividono ed è un bone». Alberto Rapisarda

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