STEINER: ASCOLTA I CLASSICI TI CAMBIERANNO LA VITA di Gianni Vattimo

STEINER: ASCOLTA I CLASSICI TI CAMBIERANNO LA VITA STEINER: ASCOLTA I CLASSICI TI CAMBIERANNO LA VITA Autobiografia intellettuale di un maestro della critica E' forse un certo compiacimento letterario nel pessimismo con cui George Steiner, professore emerito di Letteratura comparata delle università di Ginevra e Cambridge, critico letterario e saggista di consolidata fama mondiale, guarda al bilancio della propria avventura intellettuale che traccia nell'autobiografia pubblicata ora in italiano presso Garzanti: Errata, una vita sotto esame. Pur avendo avuto la ventura di insegnare in alcune delle più prestigiose università del mondo, Steiner è convinto che «i teorici al potere» oggi, cioè principalmente decostruzionisti e postmodernisti, considerino il suo lavoro «come il frutto di un impressionismo arcaico». Senza condividere il suo pessimismo, possiamo convenire che il tipo di critica letteraria e di storia delle idee a cui egli si è sempre dedicato (da La morte della tragedia, 1961, a Linguaggio e silenzio, 1967, a Vere presen ze, 1986) fa di lui un personaggio relativamente inattuale nel panorama intellettuale di oggi. Tutt'altro che superato, però: anzi, anche di là dalle sue prese di posizione polemiche, è probabile che molti temi della sua opera possano non solo rivelarsi affini a certe tematiche postmoderniste (come riconosce lui stesso), ma anche funzionare come indispensabile supplemento di cui postmodernisti e decostruzionisti dovrebbero tenere conto. I «teorici al potere» a cui Steiner si sente estraneo sono quei critici e storici della letteratura e dell'arte che, come si vede largamente oggi, fanno prevalere la (propria) teoria sull'ascolto rispettoso delle opere che studiano. Essi, dice Steiner, considerano ogni testo un puro pretesto per un lavoro di interpretazione che si muove in un'aura di totale astrazione e spesso si risolve in puro gioco di parole. E' un limite che il discorso critico contemporaneo eredita chiaramente dalle avanguardie artistiche, le quali, fin dalle loro espressioni storiche all'inizio di questo secolo, hanno badato a mettere in discussione il linguaggio e lo statuto sociale e culturale dell'arte, piuttosto che a produrre opere capaci di imporsi per la propria forza «oggettiva». II titolo dello scritto teoricamente più significativo di Steiner, Vere presenze, è particolarmente eloquente. I critici e gli interpreti devono pensare al proprio lavoro come a quello dei postini: consegnano le lettere ai destinatari, ma non possono competere con gli autori. Ciò che ci parla in una grande opera letteraria è una condensazione di significato che non può essere compresa da un'attenzione puramente tecnica, semiotica, linguistica come quella dominante nella crìtica accademica di oggi. L'ermeneutica come arte dell'interpretazione è profondamente legata all'etica. Fare esperienza di un'opera significa esporsi a un cambiamento della propria vita, della propria visione del mondo. Un testo classico è quello che riesce a parlare nella storia della cultura in questo modo decisivo per tante generazioni diverse. E' «una forma significante che ci legge. Il classico ci legge più di quanto noi lo leggiamo». Non siamo qui tanto lontani da quell'attenzione religiosa alla parola che segna profondamente anche l'ermeneutica di Heidegger, di Gadamer, dello stesso Derrida al quale si ispirano i «nemici» decostruzionisti di Steiner. Sono proprio Heidegger e Gadamer che ci hanno insegnato (e del resto anche Steiner è un lettore appassionato di Heidegger) a leggere l'opera d'arte come l'annuncio di un mondo in cui dobbiamo imparare ad abitare, invece che come un oggetto che possiamo mettere accanto ad altri in una collezione. Steiner trova però che in certi suoi sviluppi l'ermeneutica heideggeriana dà luogo a una dissoluzione del testo nelle interpretazioni, che si muovono a ruota libera senza limiti e norme, e in questo ha probabilmente ragione. Ciò non toglie che anche per lui un classico non si può mai «prevedere», si rivela tale solo nella fecondità di interpretazioni e «applicazioni» esistenziali a cui dà luogo nella storia. Dunque fare i conti con i classici della nostra tradizione significa in fondo incontrare una «vera presenza» che è più storica che «oggettiva», ed è costituita anche dalle interpretazioni a cui ha dato luogo nel corso del tempo. Al fondo dell'ermeneuticaetica di Steiner sta del resto il riferimento - altrettanto decisivo per Heidegger non meno che per Derrida - alla visione ebraica del testo scritto e della sua infinita interpretabilità. Che è tale perché è parola divina entro la quale sono contenute tutte le possibilità dell'essere. La voce che parla non solo nella Scrittura sacra, ma anche nei classici, è la voce di Dio, e questo conferisce ai testi la dignità di presenze vere. L'aspetto tragico della nostra cultura è che il chiacchiericcio moltiplicato dai media onnipervasivi non lascia più spazio a quel silenzio in cui soltanto una tale voce può essere udita. Ecco dunque un altro punto di frizione tra Steiner e la post-modernità, che nel suo pluralismo sembra indifferente a ogni gerarchia di valori; una frizione che però rivela ancora una volta una vicinanza. Postmoderna si chiama infatti l'epoca in cui si sono dissolte tutte le grandi visioni unificanti della storia (per esempio, il mito del progresso lineare che culmina nell'Occidente), quelle che Lyotard chiamava le «grandi narrazioni». Al punto che sembra sia andato perduto ogni senso riconoscibile degli eventi. Ma è proprio perché non ci sono più grandi narrazioni che le «piccole» storie diventano visibili. Non c'è una cultura o un individuo singolo che possa essere sacrificato in nome di una verità metafisica, o di un progetto che si pretende razionale (anche il razzismo hitleriano si pensava così). Il rispetto e l'ascolto dei testi diventano qui rispetto e ascolto del prossimo, etica ebraica? cristiana? - della carità. Un esito religioso di cui Steiner, che per tanti aspetti si sente erede dell'Illuminismo e del suo messaggio egualitario, si assume esplicitamente la responsabilità, nelle toccanti pagine conclusive del libro. Anche qui, con un gesto che difficilmente si lascia collocare entro la prospettiva caratteristica della modernità e sconfina in una regione dove almeno alcuni dei suoi pretesi avversari postmoderni si sentono di casa. Gianni Vattimo Pur sempre in polemica con quegli interpreti che soffocano il testo, ha radici ermeneutiche ed esiti postmoderni ERRATA Una vita sotto esame George Steiner ' Garzanti pp.216, L. 32.000

Luoghi citati: Cambridge, Ginevra