SUORE CAPELLONE CONTRO I BOLSCEVICHI

SUORE CAPELLONE CONTRO I BOLSCEVICHI SUORE CAPELLONE CONTRO I BOLSCEVICHI Leggende e premonizioni della Grande Guerra NNO nuovo delle mie brame /cosa nascondi nel tuo reame?»: solitamente chi pone al futuro questo genere di domande sa benissimo che non esiste risposta possibile se non nell'ineluttabile srotolarsi dei giorni che verranno. E a esser saggi, si dovrebbe vivere accettando che «a ogni giorno basta il suo affanno». Ma, come si sa, saggi non è facile esserlo e così - soprattutto in tempi affannosi - non sono mai mancate premonizioni e voci che cercano di acchiappare il futuro cppte portarlo nel presente, plasmandolo di tragica e allarmata concretezza. Lo storico Cesare Bermani, in «Spegni la luce che passa Pippo» - libro di grande intelligenza e spessore culturale - raccoglie leggende contemporanee e le sottopone ad una riflessione densa di importanti implicazioni. Giustamente non le chiama «metropolitane» perché, da rigoroso storico, le vuole calare nei precisi contesti di tempo e di luogo da cui provengono. Bermani vuole cogliere - attorno ad ognuna di esse - più che la connotazione salottiera o da bar, (storie da scambiarsi in un tat t biarsi in un tam-tam apparentemente tanto svagato quanto rivelatore, in realtà, delle più segrete inquietudini collettive) la specifica capacità «terapeutica». Vale a dire l'essere, queste voci e premonizioni su un futuro - quasi sempre minaccioso - incombente sul presente, «modalità sociali di adattamento ad ima realtà negativa, istigatrici dunque - come scrive Bermani - di azioni preventive e imitative». Vittorio Emanuele Orlando, politico di prim'ordine nel captare gli umori della gente, sul finire del primo conflitto mondiale mobilitò tutti gli organismi dello Stato per fronteggiare il diffondersi di voci e premonizioni, spesso accompagnate da apparizioni sacre, che incidevano in modo assolutamente pericoloso sul morale della popolazione sottoposta ai sacrifici e ai lutti della «grande guerra». I casi citati da Bermani e fissati nelle carte degli archivi degli Interni e delle Forze Armate sono svariatissimi. A pochi mesi dalla fine della guerra, per esempio, le monache del convento di Porta Salaria a Roma passano voce che finito il conflitto scoppierà una sanguinosa rivoluzione. Bolscevica, ovviamente. E così non solo diffondono questo timoroso presagio alle donne che frequentano il loro monastero ma a questa voce aggiungono un comportamento concreto che la rende ancora più concreta: «Le suddette monache - si scrive in un memoriale delle forze dell'ordine - hanno aggiunto che in previsione di questo avvenimento esse hanno ricevuto l'ordine di lasciarsi crescere fin d'ora i capelli, allo scopo di potersi più fa- cilmente travestire al momento opportuno, ed hanno richiesto alle anzidette signore, se nelle loro abitazioni avrebbero potuto avere all'occasione qualche stanza per rifugiarsi». Altra minaccia emergente da queste premonizioni che prendono corpo durante il primo conflitto mondiale è una prossima invasione dalla Svizzera: «Corre voce - scrive nel dicembre del 1916 il prefetto di Sondrio - che la Valtellina dovrà essere sgombrata dalla popolazione civile, ritenendosi sicura un'invasione tedesca attraverso la Svizzera... Si afferma anzi che a Torino stanno già costruendo i ricoveri per accogliere questa popolazione...». Come si sa attorno a questo scenario che non prese mai corpo (l'invasione austro-germanica che punta direttamente su Milano), lo scrittore Guido Morselli scrisse il romanzo «Contropassato prossimo», assai godibile soprattutto nella prima parte in cui delinea la preparazione dell'inaspettato colpo di mano da parte dell'imperial-regio stato maggiore austriaco. Certo sarebbe interessante sapere se nell'ambiente familiare di Morselli (nato nel 1912 e che dunque difficilmente può aver captato direttamente queste fosche paure) qualcuno colse e magari gli riportò più tardi queste «voci» dalle quali, con geniale rielabora- zione, fa poi nascere la sua creazione letteraria. Comunque qualcuno seppe utilizzare, se non im modo creativo, certamente in modo utilitaristico il diffondersi di queste voci visto che i rapporti di polizia segnalano come commercianti di bestiame, soprattutto provenienti da Correggio (Reggio Emilia), abbiano approfittato del panico creato dal diffondersi di questi scenari per acquistare in Valtellina maiali all'ingrosso. Pagandoli a Lire 1,90 al chilo quando invece il prezzo di mercato era di Lire 2,40, Anche rispetto al secondo conflitto mon¬ diale non mancano di certo documenti significativi relativi a premonizioni e voci che si diffondono nel Paese e vengono monitorate dalle forze dell'ordine e dalla censura militare con crescente preoccupazione visto che riguardano dapprima l'entrata in guerra e, appena iniziate le operazioni belliche, l'esito nefasto della stessa per l'Italia e per il regime fascista. Il fenomeno delle «voci di guerra» non è certo specifico dell'Italia né di questo periodo. Uno storico come Marc Bloch, dopo la sua esperienza militare nella «grande guerra» vi si è soffermato sin dal 1921 («Reflexions d'un historien sur les fausses nouvelles de guerre»). Anche un altro studioso di grande acutezza come Paul Fussel l'analizza nel suo «Tempo di guerra. Psicologia, emozioni e cultura nella seconda guerra mondiale». Ma se si fa rotta sull'Italia a cavallo dell'entrata in guerra voluta da Mussolini impressiona la mole di documenti che - attingendo a chissà quali forze premonitorie o forse solo al più concreto buon senso - evocano i più foschi scenari. Tra i documenti più strabiUanti sono le lettere indirizzate a Mussolini da una donna milanese, che si firma «serva di Dio». Né i servizi di investigazione né la polizia politica del tempo riescono a dare nome all'anonima scrivente che si rivolge al Duce invocando, supplicando, presagendo, minacciando. La donna dà inizio alla sua ultima lettera, riportata nel volume «Caro Duce», nell'ottobre del 1939 mentre in tutta Europa si alzano i bagliori della guerra voluta da Hitler. Pagina dopo pagina, in un testo che si fa sempre più ampio, indica gli scenari di distruzione che s'approssimano e insiste ossessivamente perché Mussolini lasci il potere e fugga immediatamente da Roma e dalle responsabilità che stanno per inchiodarlo ad un destino infame. La fatica della «serva di Dio» si protrae per nove mesi. Il pomeriggio del 10 giugno 1940 la lunga lettera giunge a conclusione. Viene terminata e spedita a Palazzo Venezia. Alle ore 17 del lo stesso giorno Mussolini an nuncia l'entrata in guerra. Tutte le più fosche previsioni della «serva di Dio» si faranno, in breve tempo, realtà. Oreste del Buono Giorgio Boatti Un fenomeno non solo italiano, una varietà di casi negli archivi degli Interni e delle Forze Armate: non mancò chi speculò sul diffondersi delle voci LIIOGHKMIUNI^ flH HH»« mi:\i<!i;ir ■i iV mu/miiA Testi da leggere: Cesare Bermani Spegni la luce che passa Pippo Odradek, Roma 1996 Marc Bloch La guerra e le false notizie Donzelli. Roma 1994. Marie Bonaparte Mythes de guerre Paris, Presse Universitaire de France, 1950 Paul Fussel Tempo di guerra. Psicologia, emozioni e cultura nella seconda guerra mondiale Mondadori, Milano 1991. Caro Duce, Lettere di donne italiane a Mussolini Rizzoli (989