Ci restano le barzellette dei preti di Giorgio Calcagno
Ci restano le barzellette dei preti Ci restano le barzellette dei preti LA parola agelasta non c'è nel vocabolario italiano. E nemmeno in quello francese, benché I sia stata recupera», nell'era moderna, da Rabelais. Ma nei giornali cattolici si trova. Serve ad accappigliarsi educatamente in famiglia, con un preziosismo lessicale che dà un passaporto di legittimità all'improperio. «Agelasta sarai tu!» si intitolava un dossier di Segno nel mondo 7, il settimanale dell'Azione Cattolica, dedicato al senso dell'umorismo fra i credenti. Agelasta, dal greco a-ghelastès, è il nemico del riso, il malinconico, il tetro, insomma il musone ab aeterno, che invita a piangere di carnevale e sogna un calendario tutto composto di quaresime. Questo personaggio, inteso e soprattutto frainteso come esempio di virtù, ha dominato per secoli una tradizione di cultura penitenziale, scambiata, spesso, per la stessa tradizione cristiana. Il suo modello è il monaco Jorge de Burgos, inventato - ma mica tanto - da Umberto Eco nel «Nome della rosa», che preferisce mandare in fiamme l'abbazia piuttosto che lasciar scoprire il secondo libro della Poetica di Aristotele, inneggiante al riso. Ma è davvero così, il cristianesimo? Già, l'antagonista di Jorge, il francescano Guglielmo da Baskerville, alter ego di un autore che nell'Azione cattolica si è formato, la pensa diversamente. E oggi, dalle porte spalancate della sacrestia, tira altra aria. Si vanno a cercare i richiami al sorriso di Dio nella Bibbia, si recuperano i santi allegri, a partire da Filippo Neri, si mette in circolo la preghiera di Tommaso Moro: «Signore, dammi il senso del ridicolo». Si può pensare, dopo tanti misteri dolorosi, che anche quelli gaudiosi fanno parte a Giorgio Calcagno CONTINUA A PAGINA 2 QUINTA COLONNA
Persone citate: Filippo Neri, Rabelais, Tommaso Moro, Umberto Eco
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