Nell'inverno del nostro scontento non c'è nemmeno Fred Astaire di Alessandra Comazzi

Nell'inverno del nostro scontento non c'è nemmeno Fred Astaire TBVU'&TIVU' Nell'inverno del nostro scontento non c'è nemmeno Fred Astaire Ly INVERNO del nostro scontento. Come quello di Riccardo III è l'inverno dei telespettatori, sgomenti di fronte alla televisione, ai suoi programmi. Sgomenti e nello stesso timidamente speranzosi. Si vede dalle lettere, pertinenti, scrupolose. Molte lamentano il livello dei film delle feste, che rappresentavano un momento classico, in tv, per recuperare o rivedere delle chicche di tanto tempo fa: quest'anno niente, tutte pellicole irrilevanti, o sdolcinate, o semplicemente brutte, tutti superficiali film tv, nemmeno un Fred Astaire, nemmeno un Jimmy Stewart. Molte lettere (ne sarà pubblicato il maggior numero possibile nel supplemento «In tivù» del 9 gennaio) parlano di «Totem». Il programma ha suscitato davvero molto interesse, almeno tra i lettori della Stampa. Hanno scritto le persone che hanno amato questo esperimento teatrale, e che si sono risentite nei confronti delle critiche. La tesi, in buona sostanza, è questa: ma possibile che si debba definire «tonfo» uno spettacolo sostanzialmente buono, e I coraggioso, e interessante, solI tanto perché seguito da un milio¬ ne di persone? Possibile che non si possa mai fare a meno di rapportarsi all'audience? Insomma, il pubblico più attento non riesce a darsi pace che il motore delle scelte televisive sia comunque la quantità. Un po' più assolta Mediaset, che almeno ha reti commerciali; condannata la Rai, accusata di non svolgere quel servizio pubblico per il quale, e non è un luogo comune, paghiamo il canone, accusata di non distinguersi dagli altri canali, per qualità e scelte. E' probabilmente un passaggio inevitabile: la televisione è ancora generalista, ma non lo è più il pubblico, che si è andato sempre più diversificando. Gli spettatori realmente interessati ad una televisione che diverta, informi, insegni persino, potranno forse orientarsi, in un futuro vicino, a sistemi (satelliti, canali a pagamento) che offriranno loro la possibilità di riconoscersi in quello che guardano. Le tecnologie sono sempre state i tramiti dei grandi cambiamenti, e difficilmente la televisione sfuggirà alla regola. Il pensiero buono per il '99 è che la tv «normale», quella di Rai, Mediaset e Telemontecarlo, mostri un po' di coraggio in più, diversifichi le offerte e tiri via da qualche trasmissione gli ospiti «vip» che vanno a divertirsi. E' così triste vedere persone che sghignazzano, urlacchiano, fanno il trenino in mezzo allo studio, si comportano come se i telespettatori fossero i bambini poveri con il naso schiacciato davanti alle pasticcerie, pronti a divertirsi del loro divertimento. Il pensiero cattivo è: le cose continueranno così. Perché effettivamente esiste una parte di pubblico che si diverte del divertimento altrui. E' la più facile da accontentare, come è più facile convincere i pubblicitari ad investire in programmi non impegnativi. Uno dei motori del cambiamento si awierà quando i pubblicitari si convinceranno che gli conviene, investire nella qualità. Non è poetico, ma è realistico. Qui si continuerà a parlare di tivù: con i lettori che anche nel '99 potranno inviare le loro idee a «La Stampa - In tivù», via Marenco 32, 10126, Torino; al numero di fax 011/6568.131 ; alla casella di posta elettronica alessandra.comazzi@lastampa.it. E buon anno. Alessandra Comazzi zzi

Persone citate: Fred Astaire, Jimmy Stewart

Luoghi citati: Torino