Ministro Lingua lunga di Lietta Tornabuoni

Ministro Lingua lunga Ministro Lingua lunga mancato rientro nel carcere di Novara, dopo un permesso-premio, di Marcello Ghiringhelli, condannato all'ergastolo per reati di terrorismo. Si fanno i conti di fine anno dei milioni di processi arretrati: chissà mai quando, e se, verranno celebrati, quando la gente che ha domandato giustizia otterrà una risposta. Si litiga sulla decisione del giudice che ha mandato liberi, per insufficienza di prove, gli stranieri accusati dai carabinieri di tenere in schiavitù bambini e ragazzi. Ma il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto informa in un'intervista di star scrivendo un libro sul western-spaghetti «come metafora del Sessantotto»; deplora vivamente, come faceva Paolo Villaggio per ironia circa un quarto di secolo fa, «La corazzata Potemkin»; boccia il tedioso Wenders, piglia l'oltraggioso Fassbinder per un pedante, loda giustamente la bravura di Massimo Boldi, scambia i gusti piccoloborghesi per predilezioni popolari. Insomma fa il Gian Burrasca datato, fa il disinvolto: come tanti politici che, non sapendo o non potendo ^^are altro, tentano almeno di rendersi simpatici col solito sistema populista, disprezzare la cultura, esaltare l'incultura. Naturalmente i gusti non si discutono: la fatuità, la vanità e la mancanza di senso delle cose di un uomo di governo sono invece discutibili. Naturalmente chiunque può avere la lingua lunga, esprimere le proprie preferenze, parlare di quel che gli piace. Ma Oliviero Diliberto viene interrogato perché è ministro della Giustizia, tanto è vero che nessuno mostrava la minima curiosità su di lui né gli poneva domande prima che assumesse l'incarico d'uno dei ministeri più difficili da reggere: e allora sarà magari il caso di ricercare qualche coerenza e di riflettere un momento, prima di esibirsi in Eute da vecchio ragazzo o schiarare che sta scriven- do d'altro mentre in teoria non dovrebbe avere un attimo libero. Dev'essere davvero forte quella «nostalgia dell'opposizione» di cui parla Pietro Folena: governare è complicato, a volte impossibile, spesso frustrante, perlopiù deludente, si rimediano soltanto problemi e critiche, ci si ritrova con dubbi, incertezze, incapacità. Si può capire che gli ex giovanotti tornino ogni tanto al passato, cerchino consolazione nel realizzare i sogni d'un tempo: Capodanno a New York, un libro sul western-spaghetti... Per loro sarà una tregua, un conforto: per chi legge o guarda, no. Tra i buoni propositi per l'anno nuovo ci sarà quello di rinunciare alla loquacità incongrua, stonata? STRAGE Insieme con i discórsi fuòri1, luogo pure la dilatazione delle parole, l'esagerazione, l'enfasi sono segni d'una società o d'una cultura alterate. Nel conflitto tra le forze governative dello Yemen e la tribù che deteneva un gruppo di turisti americani, inglesi, australiani, ci sono stati morti: forse per la prima volta, in simili sequestri incruenti del tutto strumentali, l'iniziativa della polizia o dell'esercito, che di solito quasi non intervengono, ha portato al peggio. Sventuratamente sono state uccise quattro persone: «strage» è la parola ricorrente nei titoli di telegiornali e giornali. Strage? Quattro persone? Se ne fossero state uccise quaranta, o quattrocento, quale termine avrebbero usato? Lietta Tornabuoni ani |

Persone citate: Lingua, Marcello Ghiringhelli, Massimo Boldi, Oliviero Diliberto, Paolo Villaggio, Pietro Folena, Wenders

Luoghi citati: New York, Novara, Yemen