Nella fabbrica dei maiali di ricambio di Pierangelo Sapegno

Nella fabbrica dei maiali di ricambio Nella fabbrica dei maiali di ricambio «Manipolati per produrre organi da trapianti» REPORTAGE IL BUSINESS DEL DNA SAN CESARIO (Modena) DAL NOSTRO INVIATO Dopo il paese, la strada sembra più larga e più dritta. Moreno dice che si chiama «la Becca Stecca. Forse non ci sono scritte, ma tanto ormai la conoscono tutti: è la fabbrica dei maiali». Il Panaro scorre placido. Ci sono i campi gelati e ci sono i frutteti. Lì in mezzo, c'è questa fattoria, una lunga cancellata sulla destra della strada. La macchina che arriva si ferma sul ciglio, un po' sbilenca. Betta Baracchi scende e si guarda intorno per scattare la prima foto. Ci sono soltanto degli alberi attorno a un viale. Passa un Tir ululando. Non c'è un guardiano, niente. Il cancello sembra aperto. Hanno scritto che questa è una fabbrica del mistero, che qui il futuro della biogenetica è già cominciato, che i contadini sembrano scienziati con i camici bianchi, le mascherine e i guanti, hanno scritto che questo sembra un capannone della Nato. Per ora, non si vede niente. Neanche una scritta. Nemmeno un guardiano. Betta attraversa la strada. Però, è vero, questi maiali sono diversi, come spiegano all'Istituto di medicina sperimentale dell'Università La Sapienza di Roma: ((Abbiamo inserito una proteina particolare, in pratica del materiale genetico umano, in uno spermatozoo di maiale che ha fecondato una scrofa». E sono nati questi maialini. Si chiamano transgenici: dovrete abituarvi. Il veterinario del Centro, Giacinto Dalla Casa, aveva detto ai cronisti: «Non aspettatevi centauri, mostri, maiali che parlano o che telefonano». Qui, ci sono porci come gli altri. Soltanto, hanno qualcosa di umano». Se li vedete, poi, non è che paiono tanti diversi. Forse, a osservarli bene, sono più magri. Serviranno per salvarci, ci hanno spiegato. Trapianteremo cuori, polmoni e fegati: «Stiamo conducendo la seconda fase della sperimentazione: verificare se esprimono la proteina uamana capace di evitare il rigetto del fegato di maiale nell'uomo». Per questo dovremo abituarci: il nostro futuro passa anche da queste fattorie modello, chiuse da una rete in mezzo a campi e alberi di frutta. Quante ce ne sono così? Eppure, che piaccia o no, dice Franco Filipponi, chirurgo del centro trapianti dell'Università di Pisa «quella degli animali transgenici è una delle vie più interessanti per il futuro. Soltanto che siamo appena agli inizi, e ci vorranno ancora molti anni e molta ricerca». E se oggi si punta sul maiale è perché, come dice David White, che studia gli xenotrapianti a Cambridge, «molti dei suoi organi interni hanno caratteristiche anatomiche che li rendono sovrapponibili a quelli umani». Adesso, preparano le leggi, mettono i divieti, pongono i paletti, però ci sono posti come questo dove la ricerca funziona già da due anni, molto nel silenzio e un po' nel mistero. Ora, la Betta è entrata, lasciando dietro una fila di camion carichi di bestie, mucche, vitelli, pecore. Sono passati sulla strada correndo verso il paese. Fuori c'è sritto Becca Stecca, finalmente l'abbiamo visto. Dopo un po' c'è un vialetto lungo 200 metri. Tutt'attorno, campi coltivati con cura. Sulla sinistra, prima degli uffici, c'è un recinto alto due metri, e un altro cancelletto. E' chiuso. C'è un capannone a un piano, di cemento grigio e di mattone rosso. E' un edificio abbastanza vecchio. Prima, c'era una scritta sul muro che diceva: «Centro di controllo genetico sui suini». Non l'abbiamo più vista. Forse, l'hanno tolta. Si avvicina un signore: «Voi cosa state facendo?». Lì dentro, ci sono i maiali. Bisognerebbe entrare nel capanno, ma non si può. Davide Marcucci racconta di averli visti dentro recinti di legno. Noi abbiamo sbirciato pareti di cemento, piccoli spazi per ogni maiale. Erano 40, hanno procreato e sono diventati 100. Ma l'hanno fatto tenendoli rigorosamente sotto controllo: attenzione, non esiste niente di più oppressivo della scienza. Così, questi maialini speciali vengono tenuti divisi, per sesso, in modo da evitare che si possano riprodurre fuori dai programmi. E sono protetti con ogni mezzo, come se fossero dei piccoli principi: tutte le vaccinazioni programmate, cibo scelto, diete accurate e controlli quotidiani per tenere lontano qualsiasi virus. Mangiano crusca di grano tenero, orzo, mais, ma anche integratori composti da calcio, ferro, rame e zinco, e poi vitamine. Adesso, sembra davvero di entrare nel futuro. Pochissime persone possono venire a contatto con i maiali, per evitare la trasmissione di qualsiasi batterio. Chi lo fa, deve munirsi di cuffie, camici e stivali che vengono continuamente seterilizzati. Sei veteri¬ nari per volta, che arrivano come scienziati. Anche i ricercatori qui sembrano chirurghi del mistero. Loro, gli animali, stanno chiusi in un ambiente a sua volta isolato rispetto al resto del capannone. Giacinto Della Casa: «Ma non facciamo assolutamente niente di strano. Li alleviamo badando solo di farli mangiare un po' meno e tenendoli in condizioni protette rispetto all'esterno. Poi, le sperimentazioni successive non spettano a noi». I primi risultati della sperimentazione cominciano a essere disponibili, e saranno presto comunicati ai ministeri competenti. Anche perché, spiegano, i soldi li danno solo se la ricerca funziona. La Becca Stecca ha preso due miliardi nel '97 e altri due nel '98. Ma li ha presi dai ministe- ri per le Risorse Agricole e la Ricerca Scientifica, non da quello della Sanità. Ed è per questo che le associazioni animaliste hanno storto il naso: non è che dietro a tutto quel mistero si nasconde in realtà un tentativo di studiare un procedimento per ottenere prosciutti più buoni? Gianluca Felicetti, Lega antivivisezionista, mostra una nota dell'Istituto Superiore di Sanità: c'è scritto che «in merito all'utilizzo di organi animali finalizzati al trapianto dell'uomo, l'Istituto ha sempre espresso parere sospensivo». E allora, dice Felicetti, che significano tutti quei soldi? Nel capanno di San Cesario, con i ricercatori vestiti come chirurghi del mistero e con i contadini che sembrano infermieri, non ci fanno nemmeno troppo caso. Quando arriva l'ora del pranzo, bisogna andar via tutti. Lungo il viale non c'è quasi nessuno. Soltanto un signore con gli stivali e un secchio pieno. La strada è vuota. L'ultima foto, prima di risalire in macchina. Per i maialini speciali è l'ora della pappa. Da queste parti, li venerano tutti. E li mangiano. Qui vicino c'è Spilamberto. Questa è la capitale dei suini, campi piatti, le gaggie sul fiume, la nebbia che scende col buio e più maiali che abitanti. E lì attorno, c'è Castelnuovo Rangone, dove al maiale avevano dedicato addirittura una statua in bronzo. L'hanno messa nella piazza grande del paese, sotto il campanile e davanti alla Chiesa. Il sindaco spiegava che il maiale è il loro simbolo, la loro economia. La Betta dice che se riescono i trapianti gli faranno un altro monumento. Pierangelo Sapegno Gli scienziati: «Abbiamo inserito materiale genetico umano in uno spermatozoo che ha fecondato una scrofa. Ed è nata questa stirpe transgenica» Due immagini del centro in cui si producono maiali geneticamente manipolati

Persone citate: Baracchi, Betta, David White, Davide Marcucci, Felicetti, Franco Filipponi, Giacinto Dalla Casa, Giacinto Della Casa, Gianluca Felicetti, Panaro

Luoghi citati: Cambridge, Castelnuovo Rangone, Modena, Roma, San Cesario, Spilamberto