La confusione al potere
La confusione al potere SCENARI DEL POSTSIONISMO La confusione al potere EGERUSALEMME LEZIONI postsioniste, nel segno della maggior confusione ideologica, delle più acute contrapposizioni personali. Elezioni pazzoidi: così si disegna l'orizzonte del 17 maggio, forse la data fissata per andare alle urne. Ieri ci mancava solo la tragica circostanza del soldato di leva ucciso in Libano dal fuoco dei suoi stessi commilitoni in seguito a un errore del comandante, perché si facesse ancora più tangibile il senso che qualcosa non quadra. I giorni antichi di Israele erano quelli in cui i partiti si scannavano in nome dell'ideologia, gli uomini si odiavano per nobili motivi dottrinari: comunismo, capitalismo, internazionalismo, liberalismo... Se si pensa a Ben Gurion o al suo grande nemico Begin, se si ricorda Rabin o Shamir, la loro insegna era un'idea. Adesso una sola canzone al cui suono la giostra gira vorticosamente: far fuori Benjamin Netanyahu. E' urgente, è indispensabile. Le alleanze del partito laborista, le fughe dal Likud, i movimenti del presidente della Repubblica Ezer Weizman, il formarsi di nuovi partiti e disfarsi dei vecchi, sono acuti sintomi della voglia di veder sparire Bibi, di chiudere tutte le porte al leader che ha fatto arrabbiare destra e sinistra, che ha fatto sentire i suoi ministri come pupazzi nelle sue mani, che ha portato alla disperazione sia «Pace Adesso», sia i coloni, e anche i suoi più vecchi compagni di partito. E' la determinazione a veder scomparire Bibi la molla per cui Weizman compie l'incredibile, istituzionalmente folle gesto di cercare di organizzare personalmente l'opposizione pretendendo di mettere inI sieme Ehud Barak e Amnon I Lipkin Shahak per costituire un grande partito certo della vittoria. E sul filo dell'assurdo il salto della quaglia di David Levy, il ministro degli Esteri di Netanyahu poi dimessosi in un clima di odio: e pazzesca l'idea che dal numero due di Bibi, poiché tale egli era nella lista del Likud, passi direttamente ad essere il numero due della lista di Barak. Se la strana trattativa va in porto, Levy porta a Barak un solido voto etnico sefardita, che è proprio quello che i laboristi hanno finora sognato invano. Intanto il ministro della Difesa Yzchik Mordechai, un fondatore del Likud, minaccia a sua volta di cambiare sponda, come l'ex migliore amica di Bibi, Limor Livnat... Dan Meridor, il bambino buono della politica moderata se n'è già andato a farsi il suo partito, e così anche il bambino cattivo, l'amico dei settler Benny Begin. L'ultima trovata è stata quella di Arik Sharon che in ventiquattr'ore ha fatto due dichiarazioni: la prima di non volere assolutamente concorrere per il posto di primo ministro; la seconda, che gli interessa forse concorrere per il posto di primo ministro. Forse nel frattempo ha capito che Bibi è in serio pericolo. Fra tanti contendenti, comunque Israele preferisce secondo i sondaggi e secondo questo" véntb dir follia Amnon ' Lipkin Shahak, l'uomo di cui non si sa nulla di nulla, che non ha mai detto come la pensa, che lascia immaginare il futuro come lo si vuole. Questo, dopo che l'uomo più odiato dalla sinistra è stato fatto fuori soprattutto per iniziativa della destra per aver firmato un trattato di pace che poi però non ha messo in pratica. Israele soffre di una sindrome confusionale. Fiammma Nirenstein
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