Duisenberg: non me ne andrò

Duisenberg: non me ne andrò «L'euro è una ricetta di benessere» INTERVISTA IL PRESIDENTE DELLA BCE slleup ónebipori riaiiane LJTEURO sarà una realtà a ™^ partire da domani In che misura questa sarà una giornata storica? «£' una cosa difficile da quantificare, ma si tratta di un giorno incontestabilmente storico - risponde Wim Duisenberg, presidente della Banca centrale europea -. E' la prima volta che undici Stati sovrani decidono di abbandonare le loro monete nazionali e attribuirne la sovranità ad ima autorità federale, per quanto limitata al dominio della moneta. Nel processo di integrazione europea è il passo più significativo». Quali sono i principali vantaggi dell'euro? «Come economista, ritengo che il vantaggio principale sarà quello di avere dei prezzi totalmente trasparenti che potranno essere confrontati in un mercato di 300 milioni di cittadini. Inoltre, si assiste alla scomparsa dei tassi di cambio nella zona euro. E' ima innovazione che tocca la gente nella vita di tutti i giorni, ma che consente anche la scomparsa di uno degli ostacoli al commercio internazionale: le variazioni del cambio sono infatti parte delle incertezze che frenano industriali e commercianti. La loro soppressione faciliterà il commercio dei beni e dei servizi e, come ci ha insegnato l'economista Ricardo, l'aumento del commercio comporta un maggior benessere. L'euro darà una spinta alla crescita economica e al benessere generale». Questo vuol dire anche che l'euro creerà occupazione? «Sì nella misura in cui contribuirà alla crescita». Quali sono i pericoli dell'euro? «Non ne vedo. Il processo dell'Unione monetaria è stato preparato in quattro anni in modo adeguato e preciso, sia a livello nazionale che a quello europeo. Abbiamo cercato di evitare ogni rischio. Quelli che si possono presentare sono di carattere psicologico. Per alcuni paesi è difficile dare l'addio alla moneta che era il simbolo della propria identità nazionale. E' una cosa che vale particolarmente per la Germania». Cosa conviene fare perché gli europei si identifichino nella nuova moneta? «Occorre realizzare una stabilità dei prezzi che susciti nelle persone una piena fiducia nell'euro come moneta del futuro. Questa fiducia non cade dal cielo, bisogna conquistarla. La Banca centrale europea la otterrà con il suo successo. Per conseguire questo successo bisogna essere capiti. Noi non risasparmieremo alcuno sforzo». Ma voi non spingete la trasparenza al punto di rendere pubblici i dibattiti della banca centrale come ha fatto il Regno Unito. «E' la sola cosa che non faremo. Pub- Duisenberg: non me ne andrò blicare i resoconti interni del consiglio dei governatori e le opinioni dei suoi membri permetterebbe agli operatori di mercato di anticipare il modo in cui un determinato membro del consiglio potrebbe votare nella seduta successiva. Queste profezie potrebbero autoalimentarsi e anche autorealizzarsi, come avviene spesso sulle piazze finanziarie. Invece che creare certezze, questa politica insinuerebbe dubbi e aumenterebbe la volatilità dei mercati. Inoltre, potrebbe provocare delle pressioni sui membri del consiglio. I politici, i Parlamenti, nei confronti dei quali i membri del consiglio sono responsabili, potrebbero essere tentati di influenzare questo o quel membro dicendogli: "L'altra volta ti sei espresso in questo modo, la prossima cambia...". Si vede come la pubblicazione dei verbali potrebbe essere una minaccia per l'indipendenza della banca centrale». I funzionari di Bruxelles hanno una cattiva reputazione. Non rischiate di diventare dei super tecnocrati poco amati? «Non ho bisogno di essere amato, ma che l'euro esprima fiducia. Un banchiere centrale non deve inseguire l'apprezzamento. Talvolta ci dicono che dovremmo pensare di più ai porblemi dell'occupazione. Ma noi lo facciamo! Siamo convinti che il migliore contributo che noi possiamo dare è di creare un clima di stabilità e di fiducia nel futuro. Per questo noi abbiamo lo strumento reale della politica monetaria. Ma ce n'è un secondo, è la possibilità di esprimersi pubblicamente su tutti i problemi. Non ci stancheremo mai di spiegare come vanno le cose. Nulla ci impedirà di dire che la disoccupazione in Europa, ed in particolare nei paesi più grandi, è essenzialmente di natura strutturale e che in questo settore la politica monetaria non può fare alcunché. Sono gli altri che devono apportare le modifiche necessarie, i governi ma anche le parti sociali». Vi ritenete soddisfatti dell'andamento della finanza pubblica in Europa? «Dal 1993 al 1997 i deficit pubblici di Eurolandia si sono ridotti dell' 1 per cento l'anno in media per arrivare al 2,5 per cento pil. Nel 1999 ci sarà un progresso di 0,4 punti che sarà significativamente più basso rispetto al -tu ìcxbo era1 re dio aia passato. Secondo le previsioni della Commissione europea, il calo dovrebbe limitarsi allo 0,2 per cento nel 2000. Questa riduzione dei deficit non va abbastanza veloce nella direzione dell'equilibrio. Ma visto che ciò avviene in un momento in cui la crescita è più modesta del prestito, è comunque un buon risultato». Quali sono le sue previsioni per la crescita? «Ci attendiamo un rallentamento leggero della crescita. Per il 1999 noi prevediamo una crescita per Eurolandia compresa fra il 2,25 e il 2,5 per cento. Nel Duemila dovrebbe esserci un'accelerazione». Alcuni osservatori affermano che non ci può essere una Unione monetaria senza un'Unione politica? «Il mio punto di vista personale è favorevole ad una grande Unione politica, ad una maggiore integrazione delle politiche sociali, ad una politica estera comune. Ma come banchiere centrale non condivido la lesi secondo cui l'Unione monetaria non sia possibile senza l'Unione politica. Io credo che l'Unione monetaria durerà e che farà da catalizzatoi e per arrivare, non diciamo ad un'Unione politica ma ad una maggiore armonizzazione del coordinamento delle nostre politiche, senza che essa rappresenti necessariamente un maggiore trasferimento supplementare di sovranità». Cosa pensate della proposta con cui i sindacati chiedono il coordinamento delle politiche salariali a livello europeo? «Non credo sia una buona idea. Come banchiere centrale c'è una regola che devo ricordare: i salari non devono crescere più rapidamente della produttività. Quest'ultima, in pratica, può aumentare in modo diverso a seconda delle regioni, i settori, le imprese. Un movimento generalizzato di rialzo dei salari rischierebbe di non riflettere queste differenze». Lascerà la presidenza della Beo dopo quattro anni come i francesi hanno detto al momento della sua nomina? «Speravo che non me lo avreste chiesto. La risposta è no». Eric Le Boucher, Aranud Le Parmentier e Philippe Ricard Copyright Le Monde e, per l'Italia, La Stampa Wim Duisenberg, presidente della Banca centrale europea

Persone citate: Boucher, Duisenberg, Parmentier, Philippe Ricard, Wim Duisenberg

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Germania, Italia, Regno Unito