Dall'Ucraina a Benevento, l'odissea finisce in dramma di Fulvio Milone

Dall'Ucraina a Benevento, l'odissea finisce in dramma L'amica ricoverata per assideramento. Denunciati i panettieri che le avevano assunte: «Così ripagano la nostra generosità» Dall'Ucraina a Benevento, l'odissea finisce in dramma Due giovani donne ridotte in schiavitù, una muore in un tugurio per il freddo AVELLINO DAL NOSTRO INVIATO E' morta a Natale, di notte, in una stanza spoglia e invasa da un gelo implacabile. E' morta così, nel sonno, mentre la brava gente di un tranquillo paesino deU'Irpinia cenava davanti al presepio, schiava di chi in cambio di dieci ore di lavoro al giorno la «pagava» con un pasto caldo e un tetto: quel piccolo locale con un materasso buttato sul pavimento in una palazzina ancora in costruzione. La vita di Litiba Peskiceva, nata in Ucraina 39 anni fa ed entrata illegalmente in Italia, è finita qui, a Monteforte Irpino, un pugno di case frustate dal vento che viene dalle montagne. I carabinieri accusano cinque persone, un'intera famiglia di panettieri, di avere ridotto in schiavitù lei e una sua amica, sopravvissuta chissà come al freddo e ricoverata in ospedale con sintomi di assideramento. Loro, i commercianti, si difendo¬ no negando: ((Abbiamo dato ospitalità a quelle due poverette senza pretendere nulla in cambio. Bella riconoscenza». Protestano, ma contro di loro ci sono le accuse dei carabinieri e soprattutto il racconto della compagna di sventura di Liuba, Ulian Beran, 52 anni. Nessuno sa ancora come siano arrivate a Monteforte. Secondo gli investigatori si trovavano qui da un mese, e da dieci giorni lavoravano nel panificio, un piccolo laboratorio a conduzione familiare nel centro del paese. Il proprietario, Otello Cerrone, la moglie e i tre figli dicono invece che Liuba e la sua amica hanno bussato a casa loro la sera della vigilia: «Ci hanno chiesto aiuto, noi le abbiamo sfamate. Avevano bisogno di un tetto per la notte, abbiamo messo a disposizione un appartamento». La stanza non arredata e priva di riscaldamento si trova in un piccolo edificio che Otello sta facendo costruire per una figlia ormai prossima al matrimonio: mancano ancora i servizi igienici, e il freddo è insopportabile. E' qui che Liuba, avvolta in un sudario di gelo, ha consumato le sue ultime ore di vita. «Lavoravamo per i Cerrone, il padrone ci pagava con un piatto caldo e ci permetteva di passare la notte nella palazzina», racconta Ulian in ospedale. E la gente del paese? Nessuno le ha viste, nessuno si è mai accorto di quelle due straniere dall'aria malandata che ogni mattina si presentavano nella panetteria? Ulian non risponde a queste domande. Non si pronunciano neanche i carabinieri che stanno indagando per capire chi abbia portato a Monteforte le due profughe. Ulian conclude il suo racconto con poche parole: «Nella notte di Natale il freddo era insopportabile. Io e Liuba ci siamo riparate come potevamo dal gelo: abbiamo acceso una stufetta, ma non bastava a riscaldarci. Non so neanch'io come ho fatto ad addormentarmi». All'alba del 25 la donna si è accorta che la compagna stava male. Tremava anche lei come una foglia, non aveva la forza di alzarsi. Finalmente, alle undici del mattino, è arrivata una figlia di Otello Cerrone: «Ho bussato alla porta ma nessuno mi ha risposto - racconta -. Quando sono entrata nella stanza ho visto una delle due donne stesa sul materasso, morta. L'altra, seminuda e rannicchiata in un angolo, si lamentava». Poco dopo sono arrivati i carabinieri con un medico. Liuba era già morta, forse per assideramento. Il magistrato avrà una conferma ufficiale solo oggi, quando il medico legale eseguirà l'autopsia. Nessun dubbio, invece, sulle condizioni di Ulian, ricoverata in ospedale per un principio di ipotermia: guarirà presto. Il sostituto procuratore che conduce l'inchiesta, Luigi Sorgente degli Uberti, la interrogherà nei prossimi giorni con l'aiuto di un interprete. Per ora sulla sua scrivania c'è un'informativa dei carabinieri che hanno denunciato tutta la famiglia Cerrone per riduzione alla schiavitù e false attestazioni. «Questo è il ringraziamento per la nostra generosità», sbotta Concetta,, la figlia maggiore di Otello. Ma gli investigatori non hanno dubbi. ((Abbiamo gli elementi per dire che quelle due poverette lavo¬ ravano nella panetteria da almeno dieci giorni», dicono, e non escludono che a Liuba e Ulian fossero stati sequestrati i passaporti: un'arma di ricatto di cui molti datori di lavoro si servono per costringere al silenzio gli immigrati clandestini. Fulvio Milone La casa con annesso il forno (sulle colline di Avellino) dove sarebbero state segregate e costrette a lavorare senza paga le due donne ucraine

Luoghi citati: Avellino, Benevento, Italia, Monteforte Irpino, Ucraina