Venti coltellate, l'ombra della gelosia

Venti coltellate, l'ombra della gelosia Vicenza: l'aggressione nel garage della villa. Ascoltato per ore anche il fratello della vittima Venti coltellate, l'ombra della gelosia Indagato l'ex marito per la morte di un 'imprenditrice MALO (Vicenza» DAL NOSTRO INVIATO L'hanno massacrata qui, nel garage della villetta bianca, l'albero di Natale adesso con la sua foto alla porta, un angioletto azzurro vicino alla finestra, altre case a un piano poco distante e poi i campi. E la nebbia di sera, anche domenica sera, quando qualcuno ha aspettato Michela Fabris, 32 anni, imprenditrice, nel garage accanto alla villa, lungo la provinciale che porta dall'autostrada a Schio, a Thiene, ai paesoni del basso vicentino fatti di fabbrichette e di villette come questa. «Una zona tranquilla», giura la signora della casetta accanto a quella del massacro, un fiocco azzurro vicino all'ingresso. «La si vedeva poco, buongiorno e buonasera al massimo. Ogni tanto si vedevano le due bambine che stavano con lei», racconta ancora la donna. Mentre spiega che in quest'angolo tranquillo di Nord-Est non ci sono mai stati furti, rapine, aggressioni. Figuriamoci un omicidio come questo, 10 coltellate, forse anche 20, date alla cieca, in pancia, sulla testa, alle braccia e alle gambe della donna che prima di cadere cerca anche di difendersi. «Non è stato toccato niente, potrebbe non essere una rapina. Forse la donna conosceva il suo aggressore», imboccano una pista sicura i carabinieri. E a sera, il magistrato di Vicenza Giorgio Falcone iscrive nel registro degli indagati l'ex marito della donna, Domenico Grigolato, 10 anni di matrimonio fino allo scorso febbraio, quando i due si separarano davanti a un giudice dopo mesi di liti. Lui lascia la villetta e torna a casa dei genitori, a Marano Vicentino. Lèi rimane con le bambine nella casetta di Malo, frazione Molina. «So che sospettano di me, ma io non c'entro», giura lui dopo una notte di interrogatori. «Io non sono un violento, era' stata lei a, lasciarmi. Ho solo cercato di riconquistarla, per amore delle nostre figlie», spiega adesso che gli hanno chiesto di nominarsi un avvocato, anche se è solo un provvedimento formale per compiere l'autopsia. «Domenica sera ero a casa di mia madre, con le bambine», racconta dell'alibi, quello che adesso stanno passando ai raggi X i carabinieri. «Non è stato lui, lasciateci stare», mette le mani avanti la signora Grigolato, senza nemmeno aprire la porta della villetta a schiera a Marano Vicentino. «Non c'è. Non è stato lui», ripete con forza, con disperazione, con la certezza di chi non può che aggrapparsi a questa versione. «La cosa più importante è accertare chi abbia disinserito l'antifurto. Sul punto non voglio dire niente», non si sbilancia il capitano dei carabinieri di Schio, Leonardo Albanesi. E la soluzione potrebbe essere lì. In quell'antifurto a sirena che domenica a mezzanotte non ha suonato. O lo ha disinserito la donna, appena rientrata da una serata con gli amici. Oppure l'assassino, che non voleva essere disturbato, che sapeva dell'allarme e della sua ubicazione. «Abbiamo sentito decine di persone, anche quelle che hanno trascorso domenica sera con Michela Fabris», spiegano i carabinieri. Che stanno passando al setaccio ogni centimetro della vita di questa donna, divisa tra le due fighe, che nei giorni di festa stavano con il padre, e il lavoro alla 3F Ali Macchine di Thiene, l'azienda di famiglia che produce impastatrici. L'azienda dove fino all'estate scorsa lavorava anche l'ex marito, mansioni da operaio, prima di licenziarsi. «Lutto di famiglia», c'è scritto su un cartello bianco, attaccato alla cancellata della fabbrica, 15 operai, il fatturato in attivo. «Vi prego, non abbiamo niente da dire», scappa via Italo Fabris, il fratello, quello che ha dato l'allarme, quello che per ore, ma solo come persona informata dei fatti, ha dovuto spiegare ai carabinieri delle liti in famiglia per quella storia delle azioni, dei rapporti societari tra lui e la sorella. «Avevo un appuntamento in fabbrica con Michela lunedì pomeriggio», spiega a verbale. «Ho aspettato per ore, a casa c'era la segreteria telefonica, ho iniziato a preoccuparmi. Poi ho deciso di andare a vedere», va avanti a raccontare il fratello dell'imprenditrice. E ricostruisce tutti i suoi movimenti dell'altra sera. Quando arriva davanti alla villetta della sorella, dove l'albero di Natale ha ancora le luci intermittenti accese. «Non sono mai state spente da domenica sera, chissà perché», gli dicono Marino Marta e Paola Addifetti, che abitano nella villa di fronte, quella con l'elica a vento in legno e il presepe in giardino. «Sembra che non ci sia nessuno», Italo Fabris guarda alle finestre chiuse, alla porta sprangata, alle lampadine spente della villa. E' il dirimpettaio, che scavalca la cancellata grigia. E' ancora lui che trova la porta chiusa, le finestre sprangate. Poi scende la rampa che porta al garage, la porta di metallo marrone è socchiusa. Quasi nemmeno capisce che è il corpo di Michela Fabris, quel fagotto accanto alla Opel Tigra. Troppe coltellate, troppo sangue dappertutto. Il primo referto medico parla di cranio sfondato, ma non è vero. Quella poltiglia è solo il sangue che si è raggrumato sui capelli biondi della donna. «Alle otto e mezzo di lunedì sera ho visto le ambulanze, poi i carabinieri. Mio marito mi ha avvisato che c'era stato un omicidio», dice la vicina, e quasi non ci crede ancora mentre stende i pannolini di suo figlio che compie un mese giu- sto oggi. «E' una zona così tranquilla», spiega mentre racconta di non aver sentito gridare né chiedere aiuto la sera prima, quando Michela Fabris viene uccisa a coltellate, senza che nessuno senta qualcosa. I carabinieri accertano che l'omicidio è avvenuto quasi 20 ore prima, nella tarda serata di domenica, al rientro della donna. L'assassino l'aspettava in garage. O forse, ma è meno probabile, l'ha seguita non appena lei ha aperto il cancello. Tracce di sangue ci sono anche al piano superiore e in un bagno della villetta, come se qualcuno poi avesse voluto lavarsi le mani, pulirsi con cura per non lasciare altre tracce. «No, il coltello non l'abbiamo trovato», assicurano i carabinieri, dal primo momento preoccupati di trovare soprattutto un movente credibile, fosse anche solo il litigio tra due ex coniugi. Fabio Potetti Il sospettato: «Ho un alibi, ero a casa con le mie due figlie E mia madre può confermarlo» Michela Fabris, 32 anni l'imprenditrice massacrata a coltellate. A sinistra la casa dov'è avvenuto l'omicidio