«Suicida dopo l'incidente, risaltitelo»

«Suicida dopo l'incidente, risaltitelo» Travolto da un'auto, era rimasto menomato: una situazione che l'ha spinto alla morte «Suicida dopo l'incidente, risaltitelo» Alessandria, il giudice riconosce il danno agli eredi IL CASO 850 MILIONI PER UN DRAMMA ALESSANDRIA. Due anni fa si uccise coi gas di scarico dell'auto: non riusciva più a sopportare i dolori causati dalle ferite riportate in un incidente stradale ed era molto depresso per il mancato risarcimento dei danni. Era stato costretto ad abbandonare il lavoro; la famiglia si dibatteva in difficoltà economiche; soprattutto si sentiva preso in giro. Ora il tribunale civile - con una sentenza definita «evolutiva della materia» ha riconosciuto che il suicidio fu conseguenza diretta dell'incidente stradale e ha condannato l'investitore e la società assicuratrice a risarcire gli eredi, moglie e due fighe, con 850 milioni. E' probabile che la sentenza venga appellata, ma certo rappresenta un precedente non di poco conto. Una storia drammatica. Protagonista un artigiano di Tagliolo Monferrato, vicino ad Ovada. Aveva 45 anni. Furono le due figlie scoprirlo cadavere nell'auto sotto casa, il 31 ottobre '96. Prima di avvelenarsi con i gas di scarico aveva scritto un biglietto alla famiglia: «Non ce la faccio più, sono stanco della vita, stanco di soffrire anche per la burocrazia, chiedo perdono». Ai funerali parteciparono anche i medici del San Martino di Genova che lo avevano curato dopo l'incidente. L'uomo, la sera del 14 gennaio '94, fu investito da un automobilista ubriaco (che poi patteggiò per guida in stato di ebbrezza): aveva parcheggiato regolarmente l'auto su un lato della strada e stava scaricando i pacchi degli acquisti fatti poco prima al supermercato. Vicino a lui c'era la moglie. Sulla coppia piombò una Regata. La donna rimase ferita, ma non gravemente. L'artigiano invece ebbe la gamba sinistra maciullata. Da quel momento cominciò un lungo calvario. Le lesioni erano gravissime, furono necessari una serie di ricoveri ospedalieri a Novi e soprattutto a Genova (al San Martino e al Maragliano), una decina di interventi chirurgici, 18 mesi di degenza. E quasi due anni dopo camminava a fatica, solo con le stampelle, tormentato da continui dolori. In tutto quel periodo l'assicurazione gli versò, su ordine del giudice del tribunale civile, soltanto una provvisionale di 100 milioni che a mala pena compensarono il mancato lavoro (l'uomo dovette abbandonare definitivamente la sua attività), le spese sanitarie, i disagi della famiglia. Intanto proseguiva, intentata dall'avvocato Francesco Gatti di Alessandria, la causa civile che, fra l'altro, subì intoppi e ritardi a causa del trasferimento del giudice. Nel frattempo la società assicuratrice ribadiva l'iniziale no al risarcimento: so¬ steneva che la responsabilità dell'incidente era della vittima in quanto la sua auto sarebbe stata parcheggiata in modo irregolare. Circostanza per altro smentita dal rapporto dei carabinieri e da una serie di testimonianze. Poi, il suicidio. Dopo la scomparsa dell'artigiano, la moglie e le figlie subentrarono nella causa, che si è conclusa ieri con la sentenza del giudice Fernando Baldini: ha riconosciuto il suicidio - ed è questa è l'innovazione - come «causa diretta» dell'incidente stradale e liquida agli eredi anche il danno morale. «Sì, ora siamo soddisfatti conclude amara la moglie - ma non è giusto che si debba attendere così tanto per veder riconosciuti i propri diritti. Non c'è cifra che possa ripagare la morte di mio marito». Emma Camagna

Persone citate: Emma Camagna, Fernando Baldini, Francesco Gatti, Maragliano

Luoghi citati: Alessandria, Genova, Ovada, Tagliolo Monferrato