Enimont, è stato il nuovo 513 a «salvare» Craxi

Enimont, è stato il nuovo 513 a «salvare» Craxi La sentenza è stata annullata perché Sama, Garofano, Giallombardo e Cusani non furono interrogati in aula Enimont, è stato il nuovo 513 a «salvare» Craxi La Cassazione: comprensibile disagio, ma non si poteva fare diversamente MILANO. La Corte di Cassazione sottolinea il proprio «comprensibile disagio» ma non poteva fare altrimenti: il processo d'appello a Bettino Craxi per la vicenda Enimont si doveva proprio annullare, in ottemperanza all'ultima sentenza della Corte Costituzionale sull'articolo 513 del codice di procedura penale che regola il contraddittorio in aula. Nulla c'entra invece una presunta ((fumosità dell'accusa» nei confronti dell'ex segretario del Psi: secondo la Cassazione la descrizione degli episodi attribuiti a Craxi è «articolata in termini inusualmente puntuali e dettagliati». Giusto un mese fa la Cassazione aveva annullato «con rinvio» il processo a carico di Craxi, dell'ex ministro Claudio Martelli e di altri due personaggi minori della vicenda Enimont, Michele D'Adamo e Michele Viscardi. Respingendo la richiesta del pg, Vincenzo Scardaccione, che invece aveva chiesto la conferma delle condanne d'appello: quattro anni per Craxi, accusato di aver intascato circa undici miliardi della «maxitangente» Enimont; un anno per Martelli, per aver ricevuto 500 milioni quale «contributo elettorale». Una decisione accompagnata da aspre polemiche e che ora si rivela essenzialmente di natura procedurale. NeUe motivazioni depositate ieri, infatti, la Suprema Corte spiega che l'annullamento era praticamente un fatto obbligato dopo la sentenza della Consulta. Il (muovo 513» prevede infatti che i coimputati accusatori (nel caso di Enimont personaggi quali Sama, Garofano, Giallombardo e Cusani) vengano interrogati e, nel caso si rifiutino di rispondere, vengano lette le loro dichiarazioni antecedenti. Nulla di questo era avvenuto al processo Enimont e la loro comparsa in aula fu, secondo la Cassazione, «un atto di presenza servito unicamente per concordare a loro favore la determinazioni di una nuova pena». Fecero solo «dichiarazioni spontanee» e quindi gli avvocati di Craxi, Martelli e gli altri imputati non poterono interrogarli. Il fat- Bettino Crax to che altri imputati per Enimont (tra questi Forlani, Cirino Pomicino, Bossi) siano stati condannati in via definitiva pochi mesi prima, quando ancora non era in vigore il nuovo 513, crea «comprensibile disagio» ma alla Cassazione spetta «il dovere di rispettare le leggi in vigore al tempo in cui viene emessa la decisione». «Una sentenza molto giusta, che ripristina il diritto al contraddittorio»: così defini sce la decisione della Cassazione Giannino Guiso, uno dei legali di Craxi. Il quale si dice anche convinto che, al prossimo processo, «Sergio Cusani parlerà». Non entra invece nel merito della sentenza il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio, ma invita «il legislatore ad introdurre al più presto nel Codice il principio secondo cui nessuno può essere condannato senza aver potuto controinterrogare chi lo accusa». [r. m.] Bettino Craxi

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