«Le atrocità dell'Uck? Propaganda di Belgrado

«Le atrocità dell'Uck? Propaganda di Belgrado «Le atrocità dell'Uck? Propaganda di Belgrado INTERVISTA IL LEADER DELL'ALA POLITICA ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Il leader dell'ala politica dell'esercito di liberazione del Kosovo Adem Demaqi respinge le accuse che sono stati gli albanesi a provocare gli ultimi scontri con le truppe di Milosevic. Non vogliamo un bagno di sangue e siamo pronti a negoziare una soluzione accettabile per tutti, afferma Demaqi, ma allo stesso tempo ci prepariamo a combattere sino alla fine per l'indipendenza del Kosovo. Signor Demaqi, gli osservatori internazionali hanno dato la colpa degli ultimi combattimenti sia alle forze serbe che ai guerriglieri dell'Uck. «I verificatori dell'Osce stanno cercando di mediare tra serbi e albanesi. Non ci stupisce quindi che cerchino di mantenere una certa equidistanza tra le due parti. Ma loro sanno benissimo che non sono gli albanesi quelli che vogliono far saltare in aria l'accordo di tregua. Era chiaro sin dall'inizio che l'ac- cordo Holbrooke-Milosevic è stato raggiunto sotto pressione, per necessità. E che era soltanto un modo perché Milosevic potesse evitare i bombardamenti della Nato. Ma le autorità jugoslave hanno mantenuto 15 mila soldati e 10 mila poliziotti nel Kosovo. Li hanno semplicemente spostati dai luoghi troppo in vista nascondendoli nei vecchi capannoni industriali, nei depositi sotterranei ecc. Sono loro che cercano sin dal primo giorno di far saltare in aria la tregua», Ma non può negare che gli attentati delle ultime settimane, a conùnciare dai sei giovani serbi uccisi in un bar di Pec, fino al vicesindaco di Kosovo Polje sequestrato da uomini armati e ritrovato cadavere sulla strada di Pristina, e infine il sessanticinquenne serbo ucciso tre giorni fa a Obrance siano da imputare all'Uck. «Sono tutti esempi di come la polizia serba faccia Ù possibile per incolpare gli albanesi, per dimostrare che sono loro a volere gli scontri e che quindi alle autorità di Belgrado non rimane altro che reagire. Il caso di Pec è piuttosto complesso e non si sa bene come si siano svolte le cose, ma ci sono molti indizi che confermano che s'è trattato di un regolamento di conti tra giocatori d'azzardo. Il vicesindaco di Kosovo Polje era un grandissimo amico de¬ gli albanesi. Parlava perfettamente la nostra lingua, frequentava la nostra gente e ha fatto del bene a tutti gli albanesi che ha conosciuto. Proprio per questo dava fastidio al regime serbo, perché loro non vogliono che i nostri due popoli siano amici su basi paritarie. La sua uccisione è certamente da attribuire ai servizi segreti serbi. L'ultimo caso è quello dell'uomo ucciso a Obrance: era un civile, ma era armato e ha aperto per primo il fuoco sui nostri uomini». Ma questo non può giustificare la sparatoria contro la sua casa, al momento dei funerali. «Non è la verità. La sua abitazione era circondata da decine di carri armati e blindati dell'esercito jugoslavo. Anche se l'avessero voluto gli albanesi non avrebbero potuto sparare. In ogni caso non fa parte delle nostre abitudini disturbare le cerimonie funebri. Sarebbe al di sotto della dignità umana e un albanese non lo farebbe mai. La propaganda serba farebbe di tutto per rivoltare contro di noi la comunità internazionale. Ma l'Occidente de- ve cominciare a giudicare dai fatti. Negli ultimi quattro giorni di scontri abbiamo avuto quattordici morti, di cui soltanto tre sono soldati dell'Uck. Questo dimostra contro chi fanno la guerra i serbi. Non è vero che vanno, come affermano, alla ricerca dei terroristi. Loro colpiscono unicamente i villaggi, accerchiando le case con cinquanta carri armati e bombardando senza tregua. Il loro unico scopo è quello di distruggere tutto il nostro popolo». Ma in questi due mesi di relativa calma l'Uck si è rifornito di armi e ha reclutato nuove forze. Vi state preparando alla battaglia finale? «Gli albanesi sono ritornati nei loro villaggi. Insieme a loro è ritornato il loro esercito. Noi non abbiamo altri posti dove andare se non ritornare nelle nostre case. Ma non potremo mai più avere fiducia nella polizia serba. Non voghamo mai più subire le atrocità che abbiamo subito in questa offensiva». Ingrid Badurina Adem Demaqi: noi non spariamo contro i funerali Un guerrigliero di etnia albanese arruolato nelle file dell'Uck

Persone citate: Adem, Holbrooke, Ingrid Badurina Adem, Milosevic

Luoghi citati: Belgrado, Kosovo, Zagabria