Non mischiamo spaghetti e progetti. Formule magiche per gli utenti di Oreste Del Buono

Non mischiamo spaghetti e progetti. Formule magiche per gli utenti LETTERE AL GIORNALE Non mischiamo spaghetti e progetti. Formule magiche per gli utenti Tutti i rischi del lavoro a casa Ho letto l'articolo del collega Hutter sul n. 852 di Tuttoscienze del 16 dicembre. Le sue osservazioni sui grattacieli e sulle megalopoli sono calzanti; forse sono un po' utopiche ed anche meno condivisibili le sue ipotesi per un futuro diverso. Ogni sistema di governo, dal più democratico al più accentratore, segue non solo il mito della torre di Babele, ma anche quello del più grande aeroporto, dell'aereo o del treno più veloce, del più potente computer, del più lungo ponte a campata unica, del più veloce centometrista, del più di tutto insomma, in una fanatica corsa all'iscrizione del proprio record nel Guinness dei primati (ma non si definiscono cosi anche gli scimmioni?), corsa che contagia non solo le nazioni ma anche città della stessa nazione. Probabilmente i sindaci di Pechino, Tientsin, Canton stanno già meditando di entrare in concorrenza con Shanghai ed i megastudi di architettura ed ingegneria, consapevoli che le «grandi opere» costituiscono referenza dal prestigio immenso, si sono già autoallertati. Credo tuttavia che le vere ragioni del fenomeno, soprattutto per le megalopoli, siano da ricercarsi su scala mondiale, nell'incontrollato andamento demografico, nelle migrazioni di massa dalle aree povere a quelle meno povere, nelle fughe dalle zone di battaglia permanente. Nella megalopoli, il disperato, l'indigente, lo sradicato riesce sempre a carpire un minimo vitale di sostentamento; non suoni troppo aspro il richiamo alla considerazione che piccioni, ratti e gabbiani, che vivono di rifiuti, popolano sempre più le grandi aree urbane mentre sono quasi assenti nei piccoli agglomerati. Esiste una soluzione concreta che possa invertire questa tendenza che dà origine a situazioni di invivibilità e di tensioni che si riscontrano anche nella «piccola» Torino, senza per questo cadere nel fascino dell'utopia? Forse un accorgimento non traumatico potrebbe essere frantumare i santuari del potere, le grandi concentrazioni governative, burocratiche e finanziarie e di ridistribuirle sul territorio, in altri agglomerati urbani che non siano solamente né la capitale ufficiale dello Stato, né quella morale o economica. Per esempio, ministeri e relativi apparati del governo egiziano o italiano, anziché essere esclusivo dominio del Cairo o di Roma potrebbero essere ridistribuiti ad Alessandria, Suez, Ismailia oppure a Parma, Messina, Asti, Ravenna; gli «alti comandi» bancari e finanziari anziché ad Atene o Città del Messico potrebbero essere dislocati a Patrasso, Rodi, o a Guadalajara, Leon, Acapulco. L'informatica annullerebbe le distanze, le occasioni di lavoro sarebbero «a pioggia» e forse si arresterebbe la metastasi che in pochi anni trasforma importanti città cesellate da millenni di storia in assurde ed infami megalopoli; il male potrebbe essere controllato ed anche vinto ed il nucleo originario urbano ricomparirebbe in un sistema intelligente di strutture edilizie il cui numero di fruitori è determinato dal rispetto della soglia che garantisce la convivenza umana. Un'ultima osservazione sul lavoro nell'abitazione: sarà, ma mischiare affetti, spaghetti e progetti a me non piace molto. Arch. Luciano Savoino Torino Le formule magiche non salvano gli utenti Mia moglie, dipendente delle Fs, è stata invitata a seguire un corso accelerato di soli tre giorni per apprendere, attraverso un software di produzione tedesca, un rivoluzionario sistema contabile denominato «Sfinge». Cosa si può imparare in così poco tempo è meglio non indagare. In compenso si possono utilizzare le nuove formule «salvautenti», rigorosamente di estrazione anglofila, che imperversano in questi strani tempi moderni. In ufficio, se non sai, è già pronto un «helpdesk» operativo, in città è già nata la «task force» delle stazioni, con l'obiettivo di accumulare uno specifico «know how». Se poi non viene garantita la qualità non preoccupiamoci, c'è sempre una «authority», che tutela il consumatore. Mi chiedo: sono queste le formule magiche per sciogliere i nodi gordiani della nostra epoca? Ettore Cappa Beinasco (To) Genitori criminali per i piccoli albanesi A seguito di accordi intergovernativi diamo all'Albania un discreto numero di miliardi. Potremmo allora pretendere, in contropartita, dalle autorità albanesi la denuncia e l'arresto per quei genitori che vendono i loro figli minori a dei deliquenti come quelli arrestati a Milano nei giorni scorsi. Molti di quei ragazzi erano già stati rimpatriati ma sono stati rimandati in Italia malgrado i rischi del viaggio e le sofferenze cui sarebbero andati incontro. Poveri o no i loro genitori mi sembrano dei criminali tanto quanto i loro sfruttatori. Il ministro Jervolino dovrebbe pretendere misure punitive nei loro confronti. G. Luccardi Babbo Natale e gli stranieri Abbiamo già tre o quattro milioni di stranieri (se non di più) e ne arrivano ogni giorno a migliaia. Vale a dire che in pochissimi anni si sono create 60 o 70 (ripeto: sessanta o settanta) città grandi come Savona, abitate esclusivamente da africani e asiatici. Grazie Babbo Natale! Gianni Aonzo, Spotorno L'utopia di un tribunale internazionale Si parla molto, con il consueto semplicismo, del costituendo «Tribunale penale internazionale» che dovrebbe giudicare i crimini commessi dai governi nazionali all'interno dei singoli Stati. Soprattutto ne disquisiscono politici e politicanti alla continua ricerca di consensi e che ritengono proficuo appellarsi al buonismo dei moltissimi che si sentono e si proclamano ammirevoli perché, sdraiati davanti al televisore sorseggiando un liquore, si commuovono e si indi¬ gnano delle miserie della fame e della morte che devastano tante regioni della terra. Quali mai saranno i giudici di questo Tribunale? Dovranno essere certamente figure eccezionali, capaci di assoluta obiettività ed indipendenza, di accertata superiorità morale ed intellettuale, nonché dotati di profonda sapienza giuridica. Come li troveremo uomini di tanta virtù? Per esempio in Italia dove persino le massime autorità giudiziarie - Corte di Cassazione e Corte Costituzionale - vengono così spesso accusate di partigianeria, faziosità e di altre nefandezze? Stati Uniti, Russia, Cina e tutte le altre nazioni saranno convinte, popoli, governi e terroristi, di affidarsi a quel Tribunale che saprà sempre decidere con giustizia pressoché divina. .. Conoscendo, appena un poco, l'animo umano, la storia e la politica, ed usando l'illuministica raison, sembra che sia meglio rinunciare ad una così velleitaria iniziativa, rendersi conto che l'eventuale realizzazione sarebbe controproducente. Che le sentenze di un tale Tribunale sarebbero sempre aspramente contestate, considerate indebita ingerenza negli affari interni di un Paese, e potrebbero suscitare e rafforzare nazionalismi e terrorismi. Né va dimenticato che per far valere ed eseguire tali sen tenze occorrerebbe la disponibi lità, e spesso l'uso, di potentissime forze armate. Con l'inevitabile accrescimento di possibilità di guerre, civili ed anche inter nazionali. avv. Vincenzo Giglio Milano LA LETTERA DI O.d.B. Stim.mo Dott. Del Buono, sottopongo alla Sua attenzione quanto pubblicato alla pagina 8 de La Stampa del 12 dicembre 1998: il necrologio in cui un principe del Foro torinese, nonché Presidente di una nota squadra di calcio definisce INGIUSTA la scomparsa di un proprio collaboratore ed amico. Ci consenta di osservare che tale espressione è verosimilmente sconcertante e blasfema. Una personalità quale vuole apparire questo Uomo di Legge che si atteggia a giudice assoluto, che vuole sostituirsi a Dio nel giudicare quello che e giusto e quello che non lo è... Dott. Emanuele Passanante Centro Psicologico GENTILE dottor Passanante, comincio con il dichiarare che io non sono dottore in alcuna disciplina e non vorrei essere incolpato di abuso di titolo o peggio. Sono soltanto un uomo che non pretende di saper tutto, che cerca di capire quello che succede ma troppo spesso non capisce. A esempio nel caso di questo necrologio che lei ritiene blasfemo. Capisco, infatti, che lei si senta irritato nella sua religiosità, ma secondo il mio modestissimo parere, quella del necrologio non è tanto una protesta contro il volere di Dio quanto una dichiarazione di dolore per un'amicizia che viene a mancare. Non capisco, invece, perchè lei dall'irritazione passi all'odio. Il seguito della sua lettera è dominato, infatti, da sentimenti non direi molto cristiani. «La morte è una delle infinite realtà di vera giustizia predisposte da Dio per l'uomo, poiché ci rende tutti Un necmanil do rologio festa lore uguali», lei scrive. «Dopo la morte, il cervello e le cellule di questo illustre Avvocato inizieranno a decomporsi come quelle di tutte le persone defunte. L'illustre Avvocato con tutta la Sua potenza non potrà impedire questo processo. Non sappiamo nè il giorno nè l'ora del nostro trapasso, ma dobbiamo trovarci preparati. Dobbiamo rispettare la volontà e i disegni di Dio che a noi sono imperscrutabili. Dio vuole il nostro bene. L'illustre Avvocato non può sostituirsi a Dio e giudicare quello che è o non è giusto tanto meno nello specifico caso della morte. Riteniamo i miei associati e io che il senso della giustizia dell'illustre Avvocato sia fondato sul concetto del proprio egoismo personale "E" giusto tutto quello che torna comodo a me; è giusto tutto quello che non lede minimamemente i miei interessi personali". L'atteggiamento megalomane ed egocentrico dell'Avvocato, il rifiuto di inchinarsi alla volontà dell'Altissimo, la presunzione di aver sempre ragione lo condurranno presto all'abisso spirituale e psico-fisico. Anche per l'Avvocato un giorno verrà il momento della morte. E sarà cosa giusta. Voglia gradire Stim.mo Dott. Del Buono i miei più distinti ossequi». Gentile Sig. Dott. Passanante, ringrazio e ricambio. Non si preoccupi per me. Sono preparato da tanto tempo. Oreste del Buono Un necrologio manifesta il dolore