Pil eroso dall'evasione di Bruno Gianotti

Pil eroso dall'evasione Pil eroso dall'evasione // sommerso si «mangia» il 13% Sotto accusa le piccole imprese ROMA. I) Fondo monetario internazionale attribuisce all'Italia un altro record in campo fiscale: la maggior evasione nell'Europa dei Quindici in rapporto al prodotto interno lordo: il 12,6%, che corrisponde in lire a circa 250 mila miliardi sui circa 1900 mila miliardi che costituscono la somma di tutta l'attività produttiva nazionale in un anno. Cifre da capogiro, più comprensibili con le percentuali. Il rapporto del Fmi sul nostro sistema fiscale dice infatti che il gettito, gli incassi delle Finanze in un anno sono molto cresciuti negli ultimi anni rispetto al Pil: dal 39,4% del 1990 sono arrivati al 43,6% del '97 e sono più alti della media europea (42,6%). Ma il Fondo toma a ripetere che le tasse italiane non sono uguali per tutti, che sono le imposte dirette a mordere soprattutto le buste paga. Ancora percentuali, mollo chiare. Le imposte dirette sono anch'esse sopra la media europea: 15,9% del Pil contro il 12,5. Le indirette sono al 12,2% contro una media Ue del 14,3%. L'Iva al 5,6% (7,3%). Ed è ancora inferiore alla media la crescita dei contributi previdenziali. Ma c'è un dato fondamentale del Fondo, che arriva a dimostrare tutto il teorema dell'evasione all'italiana: quei 250 mila miliardi di sommerso sono dovuti per la maggior parte all'evasione delle piccole imprese, «responsabili» per il 58,7% del buco fiscale. In altre parole: al Fisco sfugge quasi il 60% del lavoro prodotto da artigiani, commercianti, piccoli imprenditori che costituiscono una galassia: il 29% di tutti i lavoratori, milioni di persone praticamente impossibili da inquadrare e da controllare. E' l'anomalia italiana, senza uguali in un'Europa dove il confronto non regge: infatti nella Germania quel settore incide appena per il 10,7%, nei Paesi Bassi per il 12,7%, in Francia per il 13,6% e in Spagna per il 25,5%. Alla fine, il Fondo monetario certifica lo «zoccolo duro» dell'evasione italiana, che trova terreno fertile nel «più alto numero di aziende dell'Ile senza personalità giuridica» e quindi accresce la possibilità di dichiarare un reddito inferiore a quello reale. Ma la situazione è complicata da altri l'attori. Oltre alla clandestinità, ad esempio, dal «mascheramento» delle aziende: le più grandi, con redditi più elevati e livelli di fatturato maggiori, si iscrivono nella categoria delle «piccole» in modo da ridurre o evadere il Fisco. Ma è un'interpretazione che non piace alle categorie più direttamente coinvolte dal Fondo. Per il presidente della Confesercenti Marco Venturi, il vero problema è rappresentato «dal sommerso e dalla grande evasione, non certo dalle piccole imprese». Il settore, dice Venturi d'accordo con Ivano Spalanzani presidente di Confartigianato, dà un grande contributo all'occupazione proprio mentre, dati Istat alla mano, si verifica il calo dei posti di lavoro nella grande industria, e saranno gli studi di settore a consentire la lotta efficace all'evasione fin dal '99. Decisamente critico anche il vicepresidente della Confapi, la confederazione della piccola e media industria, Flavio Pasotti, convinto che con un'occupazione media di appena 6,6 addetti per industria non si vada «in Europa ma forse nemmeno si resista in Lombardia». In più, secondo Pasotti, l'alto numero di imprese è una risposta degli operatori «all'alta pressione fiscale, ad un mercato del lavoro che mercato non è e ai vincoli alla crescila dimensionale». Bruno Gianotti

Persone citate: Flavio Pasotti, Ivano Spalanzani, Marco Venturi, Pasotti, Venturi

Luoghi citati: Europa, Francia, Germania, Italia, Lombardia, Paesi Bassi, Roma, Spagna