Inferno nella regata del Pacìfico di Fabio Galvano

Inferno nella regata del Pacìfico Costrette al ritiro metà delle 115 imbarcazioni partecipanti alla Sydney-Hobart: decine di uomini finiti in mare Inferno nella regata del Pacìfico Onde alte come case di tre piani: 4 morti e 2 dispersi LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Onde alte come una casa di tre piani, venti a 78 nodi (circa 145 chilometri orari), tremende «onde quadrate» che sono il terrore di ogni velista perché sollevano la barca e la lasciano poi cadere nel vuoto, 67 imbarcazioni (su 115) costrette ad abbandonare, molte affondate. Un inferno; e non a caso la Sydney-Hobart drammatico presagio - è soprannominata «Inferno d'altura». Una tragedia che nonostante i soccorsi prestati da 26 imbarcazioni e da una trentina fra aerei ed elicotteri, si conclude con il doloroso bilancio di quattro morti e due dispersi per i quali non si nutrono più speranze. Uno dei più grandi appuntamenti internazionali della vela, la classica regata natalizia di 630 miglia dal porto australiano a quello della Tasmania, è stato trasformato da un'improvvisa violentissima tempesta in un incubo di morte, con barche rovesciate, disalberate, abbandonate; con decine di uomini a mare, i più fortunati nelle zattere di salvataggio. Il dramma si è consumato nelle acque dello stretto di Bass, che separa la Tasmania dal continente australiano: da sempre il punto più pericoloso, colpito questa volta da violentissimi venti antartici; gli stessi che potrebbero rendere difficile la navigazione del velista italiano Giovanni Soldini, impegnato nell'Around Alone, la corsa in solitario attorno al mondo. La prima barca ad avere serie difficoltà sabato notte - 12 ore dopo la partenza da Sydney è stata il 13 metri tasmano «Business Post Naiad», che si è capovolto due volte dopo il distacco della chiglia. Lo skipper Brace Gay è morto d'infarto. Phil Skeggs, che si trovava in quel momento al timone, è rimasto bloccato dalla cintura di sicurezza ed è affogato. Gli altri sette membri dell'equipaggio sono tra i 65 velisti ripescati e portati in salvo dalla Marina australiana e dagli elicotteri dell'Amsa, la Australian Maritime Safety Authority. i Per ore i canali radio sono stati intasati da drammatici Mayday: «Stiamo affondando, ci gettiamo nella zattera». Il terzo morto è un noto velista britannico: Glyn Charles, che aveva partecipato nella classe Star alle Olimpiadi di Barcellona e di Atlanta, disperso da oltre 24 ore quando le operazioni di soccorso sono state so¬ spese ieri per l'oscurità. Charles era a bordo del 13 metri «Sword of Orion» con l'amico australiano Steve Kulmar, che se l'è cavata con la frattura di una gamba. E' caduto in mare, forse ferito da un colpo di boma: più nessuno l'ha visto. Per ore gli elicotteri che hanno portato in salvo gli altri dieci membri dell'equipaggio l'hanno cercato senza successo. I due dispersi sono del cutter australiano «Winston Churchill»: un veterano, che partecipò nel 1944 alla prima edizione della regata. Domenica notte aveva lanciato il Mayday, poi più nulla. Ieri, poco prima di sera, 4 dei 9 membri dell'equipaggio sono stati trovati in una zattera di salva- taggio. Poco più tardi, quando le ricerche stavano per essere sospese, è stata trovata anche la seconda zattera con due velisti. Gli altri tre, pare, non avevano resistito alla fatica: la furia del mare li aveva strappati dal gommone in cui credevano di essersi salvati. Così, mentre l'imbarcazione americana «Sayonara» - con a bordo il figlio del magnate dei media Rupert Murdoch, Lachlan - era lanciata ieri sera verso una seconda vittoria (dopo quella del '95) davanti al maxi australiano «Brindabella», si levavano le prime polemiche. Da più parti ci si domanda perché gli organizzatori - il Cruising Yacht Club of Australia - non abbiano sospeso la gara alle prime avvisaglie di maltempo. Ma non sono accuse che nascono dalle decine di naufraghi. «Questa gara è nota per le sue imprevedibili condizioni meteo - ha detto un portavoce - ci sarà un'inchiesta sugli incidenti mortali ma certamente non sulla decisione di far continuare la ga¬ ra». Può sembrare un atteggiamento cinico ma su quella linea si è schierato un avvocato d'eccezione, l'ex primo ministro britannico Sir Edward Heath che nel '69, in condizioni simili, vinse la regata col suo «Morning Cloud». «E' una grande tragedia - ha detto - ma annullare una regata non è la risposta. Molti velisti non l'accetterebbero. Io non mi sono mai ritirato e probabilmente avrei continuato anche in condizioni come queste. Gli organizzatori forniscono un nuovo meteo tre volte al giorno, proprio per ridurre i rischi. Anche noi fummo sballottati dai venti dell'Antartide; ma poi vincemmo». Nei suoi 54 anni la Sydney-Hobart - la grande festa dell'estate velica antipodea - aveva registrato due sole vittime: un velista neozelandese di 20 anni che, nel 1973, morì d'infarto il primo giorno di navigazione; e un australiano spazzato in mare nel 1984, quando la sua barca rientrava da Hobart a regata conclu¬ sa. Nella prima edizione lo skipper vincitore fu disperso in mare per più di due giorni. Ma non ci fu naufragio fino al 1993. Certo, il bilancio non è drammatico come quello della Fastnet, la regata inglese che nell'edizione del 1979 uccise 1 5 persone. Ma la tragedia della SydneyHobart non sarà facilmente dimenticata. In queste ore, a gara finita, i mezzi di soccorso cercano ancora i dispersi. E chi si è salvato rivive quei terribili momenti. Dal suo lettino d'ospedale Kevin Lacey, skipper di «Innkeeper», ripensa ai venti di 78 nodi da Sud che si scontravano con la forte corrente da Nord creando onde colossali: «Quelle che noi chiamiamo onde quadrate: ti trovi in cima e sotto non c'è niente. La barca cade a piombo per tre, quattro, cinque metri. Eravamo sicuri di morire». Lui, almeno, può raccontarlo. Altri, da quel1'«Inferno d'altura», non sono tornati. Fabio Galvano Il vento soffiava a 145 chilometri l'ora Nella maxi-operazione di soccorso impiegati una trentina fra aerei e elicotteri e ventisei imbarcazioni «Io sono passato sull'altro lato della tempesta, per noi velisti oceanici venti così forti non sono rari ma bisogna essere preparati» »*'« tv»* * .» LA REGATA SPASSATA DALLA TEMPESTA CANBERRA ^ A US TRAMA MELBOURNE SYDNEY '% TASMANIA AREA DOVE SONO AVVENUTI I NAUFRAGI DELLE 37 BARCHE Sotto, Giovanni Soldini A destra, il salvataggio di Richard Winning nel canale di Tasmania Una fotografia scattata da un membro dell'equipaggio del veliero «Stand Aside», disalberato, poco prima dell'affondamento e dell'arrivo dei soccorsi