Quel nastro che tradì la Mantide

Quel nastro che tradì la Mantide Quel nastro che tradì la Mantide Intercettata con l'amante che voleva lasciarla GENOVA. Processo d'appello, ottobre 1990, tre anni dopo il delitto. La voce un po' roca di Cesare Brin riemerge con una strana eco, nell'aula del tribunale di Genova. I giurati ascoltano con attenzione una cassetta, registrata da Soraya, la figlia di Ettore Geri e Gigliola Guerinoni. Sullo sfondo rumori domestici, canzonette, oggetti che precipitano al suolo in un improbabile frastuono elettronico, tra sibili e vibrazioni. Non è l'unica, Soraya, in questa storia di sangue, ricatti e misteriosi intrecci, a manovrare freneticamente «cimici» e registratori. Anche Gigliola, pochi mesi prima dell'omicidio, aveva «congelato» le dichiarazioni dell'amante deciso ormai a scaricarla. Chissà perché, poi. Forse a futura memoria. Il colloquio è quello registrato da Soraya. Siamo nella villetta del padre, Ettore Geri (allora convivente di Gigliola) di Pian Martino, a Dego, nell'aprile del 1987, pochi mesi prima del delitto. A casa di Geri squilla il telefono. E' Cesare Brin. Il farmacista ha sentito dire da Fabio Barillari (l'altro figlio della Guerinoni, avuto dal primo marito) che Geri ce l'aveva con lui. Ecco la trascrizione integrale. Geri: «... Fabio ha travisato tutto. Sta a sentire: io non mi sono mai sognato di dire: "Ammazzo Brin". Io te lo posso giurare sulla bimba». Brin: (che dà sempre del lei a Geri) «Io non minaccio nessuno di farlo fuori. Al di là di quelli che sono i rapporti fra me e Gigliola, non accetto che possano avvenire fatti del genere. Io non dico che lei l'abbia detto, però ciascuno si deve assumere le proprie responsabilità. Io le mie e lei si assumerà le sue». Geri: «Sto dicendo, lo giuro su mia figlia, che non mi sono mai sognato di dire ammazzo Brin, perché se dovessi am¬ mazzare Brin non andavo a dirlo ai quattro venti. Va bé che sono rimbambito, ma scemo fino a questo punto no. Ti posso giurare che non ti farò mai niente». Brin: «Io credo tutto quello che lei dice, ma si è verificata una situazione per me spiacevole». Geri: «Guarda che un giuramento su mia figlia non l'ho mai fatto. Non mi sogno lontanamente di farti fuori». Brin: «Anche perché non otterrebbe niente. Sa, bisogna essere in due». Geri: «Ma lascia perdere due o tre... Adesso non fai altro che fare del male a Gigliola e le stai rovinando la salute». Brin: «Ma in questo momento io non faccio certo del male alla Gigliola». Quando Geri riattacca dice a Soraya: «Ho detto bene?». Più o meno lo stesso periodo. Questa volta, alle prese con microfoni e registratori, c'è Gigliola. Registra il farmacista nell'alloggio del centro storico di Cairo dove lui sarà ucciso; cerca di stanarlo, di fargli rivelare i suoi piani. Gigliola: «Ti sto perdendo, c'era da aspettarselo. Non sei obbligato a lavorare qui. Cesare, ho capito tutto. Non hai molto da dirmi. E io dovrei venire con te ad Alessandria? Mi spiace, ti sto perdendo Cesare. Ci sono troppe cose che vi legano». Quest'ultima frase si poteva anche intendere, nella dialettica confusa tra due amanti da tempo in lite, come una dichiarazione di resa della Guerinoni che si rende conto di come Brin non avesse alcuna intenzione di abbandonare la famiglia. Ma l'ex «Mantide» Gigliola spiega ai giurati che era un «errore di interpretazione. Disse: «Vorrei intanto puntualizzare che questa cassetta non è una registrazione telefonica e l'avevo incisa perché a Brin era stata offerta una consulenza nella squadra di calcio dell'Alessandria, cosa che io non condividevo per i precedenti finanziari avuti con la Cairese. Mi aveva offerto di andare con lui e io ho rifiutato». Ma il mare delle intercettazione clandestine non si ferma qui. I giudici, trovano cassette di conversazioni tra la Guerinoni e gli altri imputati. Uno dei testi chiave, Giancarlo B. apre il capitolo delle minacce via telefono. Così ai giudici savonesi: «Ero amico di Pino Gustini (ex marito di Gigliola, ndr) e mi ritrovai in conflitto con loro. Furono mesi di minacce al telefono e lettere minatorie. Fui costretto a rivolgermi a un avvocato e ai carabinieri. Le minacce cessarono». Massimo Nutria

Luoghi citati: Alessandria, Cairo, Dego, Genova, Pian Martino