Guerinoni, primo giorno di libertà

Guerinoni, primo giorno di libertà Condannata per l'omicidio dell'amante Brin, si è rifugiata a Savona nella casa della figlia Guerinoni, primo giorno di libertà In permesso dopo 12 anni: «Lasciatemi in pace» SAVONA DAL NOSTRO INVIATO " Per la prima volta a casa, in permesso, e perciò fotografi e cronisti e telecamere e insomma ressa al citofono di questo palazzone in bianco e grigio, periferia di Savona, zona stazione, con il Letimbro in secca, le strade intorno deserte, e il vento carico di mare. Signora Guerinoni, è lei? «Non sono io». Solo due domande. «Non c'è nessuna Guerinoni...». Possiamo salire? «Andatevene». E poi: «Lasciatemi in pace». Dicono sia stato una specie di singhiozzo: unico dettaglio tiepido di questo pomeriggio freddissimo declinato su un passato che non passa, quello di Gigliola Guerinoni, ribattezzata «Mantide» e poi molte altre cose più crudeli nei roventi giorni dell'estate 1987, Cairo Montenotte, omicidio del farmacista Cesare Brin, il suo amante, ucciso a martellate e poi buttato in un dirupo, con un intreccio polveroso di altri amanti e altri complici e moventi passionali, rancori, gelosie, cocaina. E naturalmente sesso, tutto il sesso di cui è capace il nulla della provincia, quando diventa il fondale di un omicidio scandagliato da decine di investigatori, cronisti, delazioni e infine 114 testimonianze diventate l'inchiostro dei verbali. Da quel sangue: tre processi che riempirono giornali e immaginazioni. Centinaia di udienze, colpi di scena, interviste, malori in aula, indizi, memoriali, mai una confessione esplicita però e alla fine la sentenza definitiva: colpevole. Per lei 26 anni di carcere, e 15 per il suo convivente di allora Ettore Gerì, che prima si pentì e poi ritrattò, moltiplicando l'intreccio di un labirinto, dentro al quale, ancora oggi ci si perde. Il labirinto di Gigliola Gueri¬ noni, questa volta, parte da Rebibbia, reparto clinico, dove era stata trasferita un paio di mesi fa pei1 visite di controllo. «Aveva chiesto il suo primo permesso - racconta il suo difensore, l'avvocato Nino Marazzitta ma non ci sperava più di tanto. Sa, dopo 12 anni di carcere, il tempo e la speranza diventano due cose assai sottili». Invece il permesso arriva. E lei, perfettamente sola esce dal carcere, arriva alla stazione Termini, scende a Genova, poi sale sul locale fino a Savona. Quando finalmente arriva bionda, ancora bella, due borse, una vecchia pelliccia sulle spalle - chiede ai passanti un indirizzo. Si perde tra le piccole strade che circondano il grigio della stazione. Nessuno la riconosce. L'indirizzo è quello della figlia Soraya, 24 anni, che 12 anni fa era ancora una ragazzina spaventata e persa dentro a un mondo che le stava rotolando addosso. La figlia nel frattempo si è sposata, ha una bambina e una vita finalmente lontana da tutti i riflettori che le hanno bruciato parecchi anni. Ha lasciato il paesone di Cairo Montenotte. Si è scelta questo quartiere di palazzoni dove nessuno conosce la sua storia, o almeno fa finta. Gigliola Guerinoni è passata dalla stazione dei carabinieri per confermare il suo arrivo. E ha controfirmato la sua data di partenza, il prossimo 3 gennaio, quando scadrà il suo permesso di Natale. In questi 11 giorni libera (o quasi) dentro a questa bolla d'aria del suo passato. «L'unico obbligo - dicono i carabinieri - è di non uscire dal Comune, o comunque di segnalare i suoi spostamenti». Per il resto: «Non siamo autorizzati a dare alcuna informazione. Né particolari. Né notizie. Addio». Lei sta lassù, al terzo piano, le tapparelle abbassate a metà. Sotto c'è una specie di assedio. Parlerà, non parlerà? «A lei un tempo piaceva fare le interviste - racconta un vecchio fotografo che l'ha seguita nei processoni .E le piaceva farsi fotografare». E ora? Ora non più. Dicono sia diventata più quieta, dicono che i suoi rancori si siano spenti oppure fatti più fondi, insondabili. Ha 54 anni, il peso del carcere sulla pelle, il vuoto intorno. Così almeno la racconta Alfredo Biondi, l'altro suo difensore, che ha voce persino afflitta: «Soffre, come tutti i detenuti, la ruvidezza del carcere e certamente anche il dolore della solitudine». Racconta di averla vista due settimane fa a Rebibbia, smagrita, con voce più sottile del solito. «Mi ha detto che l'unica cosa a cui tiene adesso, è la figlia e la nipotina. Vuole pace intorno a sé. E vuole giustizia». Giustizia? «Sì, stiamo preparan¬ do la richiesta di revisione del processo». E perché mai? «Perché lei, ancora oggi, si protesta innocente». Innocente. Come disse dall'inizio - nonostante tutte le testimonianze avverse e gli alibi caduti e i dettagli ostili - vittima di un errore giudiziario fondato sul pregiudizio. Il pregiudizio era per la sua vita e i suoi molti amori che ancora galleggiano nel labirinto che la imprigiona. Lei si difese dicendo: Brin, il farmacista, usava cocaina, e non pagava gli spacciatori. Aveva 50 milioni di debiti e vennero in due a riscuo' •- .oi a prendergli la vita Lo ha ripetuto mille volte e per mille volte nessuno le ha mai creduto, comprese due giurie e una mezza dozzina di giudici, quando tutto accadeva, un intero mondo fa. Pino Corrias A sinistra Gigliola Guerinoni, condannata a 26 anni di carcere per l'omicidio Brin Sopra il suo convivente di allora Ettore Geri condannato a 15 anni L'uomo prima si era pentito, poi aveva ritrattato II farmacisti Cesare Brin ucciso nell'estate del 1987 a Cairo Montenotte

Luoghi citati: Cairo Montenotte, Genova, Savona