Quattro cartoline dal dopo Mitch

Quattro cartoline dal dopo Mitch Quattro cartoline dal dopo Mitch Con il contagocce gli aiuti all'Honduras devastato A MORTE DAL CIELO DI RITORNO DALL'HONDURAS Luis Riera, immigrato dall'Honduras a New York, osserva le torri di pacchi, le scritte «medicinali» sul fianco, i nastri rossi e le figurine di Babbo Natale appiccicate a quelli che contengono doni per i bambini. Con lo sguardo percorre tutto il magazzino: aiuti per tonnellate, destinati ai diseredati dall'uragano Mitch. Sono fermi da giorni. Marciscono sotto il tetto di lamiera. Perché? «Perché il gringo è egoista», risponde Luis. Qui come a Los Angeles o Miami, i containers non hanno l'autorizzazione per partire, né aerei su cui essere trasportati. Le forze necessarie sono impegnate altrove. C'è l'allarme nel Golfo, chi si ricorda di Mitch? Il gringo, oltreché egoista, è di memoria corta. Lo sapevano già, in Honduras, che sarebbe finita così. Al ritorno da un viaggio, bisogna sfogliare l'album delle fotografie scattate, per avere, invece, memoria e comprensione. CARLOS FLORES Il presidente apparve in tv con il vestito buono. Quando parlava alla sua gente disastrata indossava il giubbotto e i jeans, ma quella sera voleva rivolgersi agli Stati Uniti, niente meno. Disse: «Vi scongiuro, aiutateci a ricostruire, altri¬ menti questo Paese esploderà. Altrimenti, ci sarà un'emigrazione di massa senza precedenti. Se non avrà speranza qui, la gente attraverserà le frontiere e verrà da voi. Il solo modo di fermarla è aiutarci. Rimettere in piedi Tegucigalpa vi costerà meno che mandare una portaerei nel Golfo». Una settimana più tardi, il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton decise l'attacco all'Iraq. In febbraio, però, andrà a visitare l'Honduras. Bienvenido, gringo presidente. ELVIS RODRIGUEZ Faceva l'autista. Suo padre gli aveva dato quel nome per via del cantante di Tupelo, Tennessee. Portava, infatti, un ciuffo «alla Elvis». Disse: «Mio padre amava l'America, il rock, le scarpe a punta. Io sono nato negli Anni Sessanta e mi sono trovato questo nome. Di Elvis mi piace la faccia. Come musica, meglio salsa e merengue. E' la mia musica, non quella degli americani. Loro, a noi ci usano e basta. Quando servivamo per le basi dei contras, sono venuti qui, nessun problema. Quando i sandinisti sono stati battuti, sono andati via, nessun problema. Fate come foste a casa vostra. Cosa ci hanno lasciato? L'Aids. Prima avevamo pochi casi, nel duemila moriranno di Aids centoventicinque persone al giorno. Adesso torneranno, gli yankees. A portarci aiuti? Sì, con il contagocce. Verranno, invece, a rioccupare le basi perché debbono lasciare Panama e noi siamo qui, per servirli». RICHARD RODRIGUEZ Giornalista, residente a Los Angeles, tornato a vedere il Centro America dopo l'uragano. Fermo sulla sponda di un lago di fango disse: «Ogni volta che qui viene giù il cielo, in California si aspettano una nuova ondata di disgraziati in cerca di lavoro. E' curioso, nel descrivere queste persone usiamo gli stessi termini impiegati per le forze della natura: diciamo "ondate', "flussi", "un diluvio" di emigranti. Piovono, smottano. Ovunque nel mondo. Gli ugandesi verso il Sud Africa. Gli albanesi verso l'Italia. I centroamericani verso gli Stati Uniti. I loro movimenti rivoluzionari oggi sono movimenti in senso stretto. Muovendosi spostano confini e cambiano economie. Dopo questo uragano un altro milione di centroamericani invaderà gli Stati Uniti, non ci saranno "border patrol" a fermarli. Per uno che beccheranno, cento passeranno. L'unico modo di arrestarli sarebbe aiutare questi Paesi a rinascere su nuove basi, ma non lo faranno. Anziché aiutare l'economia interna, verranno a investire, sfruttando manodopera a basso costo e, piuttosto che lavorare per due lempiras in Honduras, la gente andrà a lavorare per due dollari in California». REINA RAMIREZ Mostrava una lettera del marito Luis, immigrato a Danbury, Connecticut, dove serve al banco di una di quelle tavole calde aperte 24 ore su 24. Scriveva: «Se avessi le ali, volerei fin lì». Non gli sarebbe convenuto comunque. Perché, disse sua moglie: «Quando uno è, come lui, un illegale negli Stati Uniti, se poi torna qui, è frega¬ to. Abbiamo quattro figli, quello che lui ci manda dall'America è quello che ci aiuta a vivere. Dopo l'uragano non siamo stati in contatto per due settimane. Lui ci temeva tutti morti e non poteva chiedere aiuto e informazioni alle autorità governative, perché si sarebbe scoperto e fatto espellere. Poi siamo riusciti a telefonare al ristorante dove lavora, da un ospedale. Abbiamo lasciato detto: tutti bene. Altre tre settimane ed è arrivata la sua lettera. Meglio che resti là, finché non sarà regolarizzato e potremo raggiungerlo. Dicono che gli Stati Uniti stanno pensando di sospendere le espulsioni degli immigrati dai Paesi colpiti da Mitch. Troppo buoni, vero?». Stanno pensando di mandare anche altri aiuti, ma senza fretta. Per ora, la somma è inferiore a quella inviata dall'Europa, il cui cuore batte più lontano, ma più forte. L'agenzia apposita, Usaid, ha avuto tagli al budget e al personale: fa quello che può. Gli americani volontari in giro per l'Honduras, riconoscibili dal cappello da baseball giallo, fanno anche loro quello che possono, con uno strano pudore negli occhi: il riflesso della coscienza del gringo. Gabriele Romagnoli Richard Rodriguez giornalista «I gringos non aiutano, i gringos investono. Sono qui per la manodopera a basso costo» Sopra, i disastri di Mitch: un gruppo di superstiti aspetta i soccorsi su un lembo della Pan-americana distrutta A sinistra il passaggio di Mitch in Nicaragua Qui accanto volontari della Croce Rossa soccorrono una donna vicino a Managua Mitch ha provocato una enorme slavina sul vulcano Casitas che ha coperto la zona di fango

Persone citate: Bill Clinton, Elvis Rodriguez, Gabriele Romagnoli Richard, Luis Riera, Richard Rodriguez