IL SAVOIA TRADITO DALLA MEMORIA di Pierangelo Sapegno
IL SAVOIA TRADITO DALLA MEMORIA VITTORIO EMANUELE E L'ESILIO IL SAVOIA TRADITO DALLA MEMORIA c ARO Direttore, leggo su «La Stampa» di domenica 27 dicembre che «Vittorio Emanuele si sente tradito». Chiedo ospitalità al giornale per ricordare che Vittorio Emanuele è tradito soprattutto dalla sua memoria. Che io sappia o ricordi (sono fra coloro che più intensamente hanno partecipato al dibattito alla Camera) nessuno ha promesso di «farlo rientrare», secondo l'espressione sbrigativa dell'interessato. Camera e Senato italiani hanno discusso e stanno discutendo della opportunità di cancellare la XIII disposizione transitoria che vieta il ritorno dei Savoia in Italia. Si tratta di una disposizione scritta nella Costituzione. Tutto ciò che è materia costituzionale va discusso due volte alla Camera e al Senato. E' una procedura lunga, ma è giusto che lo sia. Non si tratta di «colpe dei padri che ricadono sui figli», come a Vittorio Emanuele piace ripetere. Coloro che hanno memoria e che sono consci dei fatti e dello stato d'animo su cui è fondata la nostra Costituzione, sono costretti a ricordare che il nome Savoia, dopo essere stato per tanti secoli legato a grandi eventi storici, culturali, umani, in Italia e in Europa, durante questo secolo ha portato al nostro Paese ferite gravi: fascismo, guerra, leggi razziali. «Perché non mi vogliono?» torna a domandarsi, tra smarrimento e indignazione, Vittorio Emanuele. Posso ripetergli, una volta di più, ciò che oltre cento deputati hanno spiegato nel dibattito alla Camera. Dica in modo pacato e chiaro di riconoscere la forma repubblicana della nostra Costituzione. Spieghi, con altrettanta pacatezza agli italiani, e prima ancora a suo figlio, la determinazione a rinunciare ad ogni pretesa dinastica. La richiesta non è superflua. E' la stessa che la Repubblica austriaca ha richiesto agli Asburgo prima di consentirne il ritorno. Per quel che riguarda i Savoia, è basata su un ricordo recente. Una lettera indirizzata al Presidente Pertini, proprio su questo argomento, recava l'intestazione «al signor Pertini», non certo una sbadataggine. La Repubblica italiana non è timorosa e non cerca vendetta. Né c'è un desiderio di inutile esilio perpetuo. Si tratta però di ripristinare un contesto mutualmente rispettabile e ordinato. E' giusto chiedere, almeno nella forma, a persone abituate quasi solo al rispetto della forma, di non continuare il gioco della frivola smemoratezza mista a facile irritazione, e di inviare poche parole chiare e inequivocabili per rendere possibile una decisione serena. Furio Colombo SERVIZIO DI Pierangelo Sapegno A PAG. 11
Persone citate: Asburgo, Furio Colombo, Pertini, Savoia, Vittorio Emanuele
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