Apolloni, ghiotte verità sull'eros moderno di Masolino D'amico

Apolloni, ghiotte verità sull'eros moderno TEATRO & TEATRO Apolloni, ghiotte verità sull'eros moderno ANNO teatrale che si conclude in questi giorni non è stato memorabile per l'esplosione di nuovi talenti e nemmeno per clamorose conferme; premiando «I fratelli Karamazov», costoso e in definitiva sterile capriccio oltretutto incompiuto di Luca Ronconi, visto solo a Roma, i votanti del premio Ubu, sanamente tendenziosi come sempre, hanno voluto penso ribadire la fede in qualcuno che fa pur sempre notizia: per il resto infatti le cose non sono uscite dall'onesta routine. Chiamato a giustificare la rilevanza del medium in un mondo sempre più orientato verso la riproduzione meccanica, potrei dunque sentirmi in difficoltà, tanto più che il teatro sembra suscitare sempre meno interesse sia nei direttori dei giornali, i quali gli lesinano lo spazio, sia in chi fa opinione - mondani e intellettuali lo frequentano assai meno di trent'anni fa, dei politici non parliamo, quelli vanno solo dove sono teleripresi. D'altro canto, dato innegabile, oggi vanno abitualmente a teatro più italiani di quanto sia mai accaduto in tutta la storia del Bel Paese; e questo pubblico è in aumento costante. Poiché non esiste il richiamo di Autori con l'A maiuscola, neanche stranieri, e il repertorio è costituito quasi tutto da classici, riprese e rivisitazioni, più commediole brillanti e occasioni per comici popolari, e poiché il teatro non è più un passatempo snob, bisogna concludere che molti escono di casa, sfidano il traffico e acquistano un costoso biglietto soltanto per non soggiacere all'imposizione del teleschermo; ossia, per trovarsi davanti a persone in carne ed ossa e non a ectoplasmi. Questa naturalmente è l'essenza del teatro, e per questo il teatro malgrado ogni crisi continuerà a vivere, almeno finché ci sarà un bambino contento di spaventarsi o di ridere ai racconti della nonna. Chi si reca a teatro compie un gesto fondamentalI mente sano, e lo Stato doI vrebbe incoraggiarlo, così cl'cinecpqpteaddtrdnnimtDdztddles«acrintmcrcsmmps«mFtevcamIlcrl come dovrebbe promuovere l'insegnamento della musica nelle scuole. Sul come, si interrogano da sempre esperti ai quali non posso certo dare lezione; posso però cercare di definire qualche tipo di teatro che preferisco. Primo: amo il teatro legato a un contesto, a un pubblico preciso. Quindi, il teatro dialettale, quando è genuino; e anche i teatri stabili, quando sono radicati nel loro territorio e non pensano solo alle tournées, in concorrenza con gli impresari privati. La Contrada di Trieste, il Teatro Due di Parma sono più validi di tanti Enti ipersovvenzionati. Secondo: amo chi ama i testi che propone, accostandovisi umilmente e cercando di valorizzarli con mezzi leciti: Carlo Giuffrè che spolvera delicatamente «Natale in casa Cupiello» mi allarga il cuore, Ronconi che detesta «Questa sera si recita a soggetto» mi mette in imbarazzo, e per tre ore. Terzo: pur rispettando, a teatro, quasi tutto (perfino i musical con le monache canterine!), confesso di avere un debole per il teatrocronaca spicciola all'inglese, non necessariamente minimalista: domani dimenticherò, ma stasera imparo qualcosa sul Paese e sulla società in cui mi tiovo. Un esempio anche qui, «La verità, vi prego, sull'amore» del ventottenne Francesco Apolloni: sketches collegati sui costumi erotici dei giovani, che ho visto seguire con ghiotta curiosità da un pubblico di anziani abbonati alle pomeridiane del Brancaccio. Il teatro è vivo quando parla di noi, e non è detto che ci vogliano solo Shakespeare, Goldoni e Cecov per farlo. Masolino d'Amico icoj A

Persone citate: Autori, Brancaccio, Carlo Giuffrè, Cecov, Cupiello, Francesco Apolloni, Goldoni, Karamazov, Luca Ronconi, Shakespeare

Luoghi citati: Parma, Roma, Trieste