Leonardo, addio al Cenacolo? di Marco Vallora

Leonardo, addio al Cenacolo? Sul «Times» restauri sotto accusa Leonardo, addio al Cenacolo? C MILANO URIOSO. E' da anni che ci si occupa di quel moncone d'affresco che si chiama il Cenacolo di Leonardo, è da più di due decenni che tra disagi e proteste un pubblico diligente e fanatico si mette in coda per vedere il procedere di questo restauro minuzioso e ventennale, è da troppo tempo che si disquisce sulle rare novità che sembrano riaffiorare da quest'opera oltraggiata dal tempo e ferita da troppi interventi (per esempio i minimi dettagli di cibo e di suppellettili sulla tavola dell'ultima cena, che fanno pensare a Leonardo come a un antesignano della natura morta lombarda). Eppure nel momento meno propizio e politicamente corretto dell'anno, ecco che dalla solita Inghilterra (secondo il modello del Savonarola dei Restauri, quel Beck che non perde occasione per strepitare contro il Giotto sfregiato o la Sistina trafitta dai lanzichenecchi) ecco che s'ode un nuovo squillo di dolore: il Cenacolo «rovinato per sempre». E' la tesi di un documentario televisivo passato in questi giorni a Channel Four e che ha avuto risalto sul Times, riportando gli strali allarmati di Michael Daley, definito «autorevole critico d'arte della rivista Art Watch Uk)). La curiosità è che il critico ritiene la restauratrice milanese Pinin Brambilla responsabile di «aver distrutto il filo storico del dipinto, ridotto ad uno spoglio, confuso muro». Che è discorso abbastanza vago: che cosa è «il filo storico di un dipinto» che non era poi un dipinto, ma un curioso esperimento di affresco a secco, che Leonardo tentò, disperatamente, preda del suo demone sperimentale ? E soprattutto Daley non sembra tener conto che il Cenacolo era già in sè un rottame, un fantasma di affresco, pochi anni dopo la sua ardita realizzazione. Ma Il Cenacolo (par olare) c'è ancora una contraddizione: se è il restauro ad aver ridotto l'affresco ad un muro confuso, come lo si può accusare allo stesso tempo, attraverso le parole di un altro critico, Waldemar Januszczak, di un intervento troppo massiccio di «ridipintura»? «Adesso è l'opera di qualcuno che ne ha dipinto l'80 per cento. Assomiglia a una cartolina perchè è stata copiata da una cartolina». Che pare un'accusa un po' troppo guascona: è ovvio che dopo tutti i decenni di studi seguiti alle tesi di Brandi sulla selezione cromatica è un po' difficile pensare a qualcuno che disinvoltamente trucchi i volti dei suoi personaggi come se fossero dei divi'televisivi. Il consulente dei restauri del Louvre, Jacques Franck, va un po' più cauto e si rivela più al corrente dei problemi annosi dell'opera: «Pinin Brambilla ha fatto il meglio che era possibile, ma alla fine ha trasformato il Cenacolo in qual cos'altro, e cioè in un Leonardo del Ventesimo Secolo». Pronta la risposta della Brambilla: «Non ho la più pallida idea del motivo che può aver spinto degli illustri sconosciuti a fare certe considerazioni, quello che è certo è che non hanno mai visto da vicino i documenti dell'opera e del progetto. E poi, se uno volesse ridipingere l'Ultima Cena ci metterebbe un mese, non vent'anni!». Solidale anche Vittorio Sgarbi, che attacca: «E' l'ennesimo falso problema. I critici stranieri parlano di cose italiane solo se riguardano Michelangelo o Leonardo, allora si eccitano improvvisamente. Responsabile del disastro è Leonardo, che l'ha dipinto a secco. Allora il colore resta come quello di un gessetto sul sagrato di una chiesa fatta da un Madonnaro, dopo un po' si scrosta e si scolora». Marco Vallora Il Cenacolo (particolare)

Persone citate: Beck, Brambilla, Jacques Franck, Michael Daley, Pinin Brambilla, Vittorio Sgarbi, Waldemar Januszczak

Luoghi citati: Inghilterra, Milano