Agrumi, la salvezza nei costi

Agrumi, la salvezza nei costi Il ministero traccia le linee contro una crisi sempre più grave Agrumi, la salvezza nei costi La produzione '98 di arance cala del 7% ROMA. Le previsioni dell'Ismea segnalano una frenata per la produzione italiana di arance 1998: principalmente per ragioni legate all'andamento meteorologico il raccolto dovrebbe attestarsi sul milione e 920 mila tonnellate, registrando una contrazione di oltre il 7% rispetto al '97. Ma questo non è il solo problema dell'agrumicoltura italiana, che attraversa uno dei suoi periodi più neri. Tra le cause di questo profondo malessere ci sono un prodotto di scarsa qualità rispetto a quello dei concorrenti, una inefficiente organizzazione commerciale con strutture estremamente polverizzate, l'arretratezza dell'industria di trasformazione e, infine, troppo elevati costi di produzione. Su quest'ultimo punto, basti pensare che, per la parte produttiva, quelli spagnoli sono meno della metà dei nostri. E' così anche per il settore della trasformazione, dove le imprese sono troppo piccole e quindi subiscono - come dicono al ministero per le Politiche agricole - la pressione dei Paesi terzi, in particolare del Brasile. Come si vede, ce n'è per tutti: coltivatori, trasformatori, commercianti. Sembra che nessuno sappia fare il proprio mestiere. Queste osservazioni sono contenute in un documento quanto mai autorevole, le «Linee programmatiche d'indirizzo e intervento per l'agrumicoltura italiana», che è stato predisposto dal ministero per le Politiche agricole. Poiché i nostri concorrenti sanno produrre bene, ne hanno approfittato, forse troppo, e mettono sul mercato quantità eccessive di agrumi. Dalle statistiche della Fao apprendiamo che soltanto nelle arance si è passati da una produzione mondiale di circa 36 milioni e mezzo di tonnellate, all'inizio degli Anni 80, ad oltre 56 milioni nei primi Anni 90; nel comparto dei limoni l'analogo periodo vede un incremento da 4 milioni 700 mila a oltre 9 milioni di tonnellate. Per quanto riguarda la percentuale di agrumi destinati alla trasformazione, infine, nel biennio '93-94 essa era pari al 24 per cento del totale prodotti, mentre tre anni dopo rappresentava il 31 per cento. In Italia l'accordo interprofessionale siglato in ottobre è meglio che niente - come dice Ranieri Filo della Torre, vicedirettore generale dell'Unaproa (Unione Nazionale Produttori Agricoli) - ma rimane un pannicello caldo. Infatti l'intesa stabilisce soprattutto dei tempi produttivi per la campagna '9899, allo scopo di evitare che anche l'anno prossimo venga superata la soglia prevista dall'Unione Europea. E allora, che cosa propongono e chiedono le associazioni dei produttori? Unaproa, Uiapoa e Unacoa ritengono indipensabili quattro tipi di azione: la modifica del regolamento comunitario che fissa i limiti per gli agrumi destinati alla trasformazione industriale; la modifica di un altro regolamento comunitario che fissa le modalità contrattuali e i relativi adempimenti; la modifica del testo guida della riforma dell'Ocm per Tortofrutta; e infine l'inserimento di alcuni punti strategici qualificanti nella bozza di documento predisposto dal ministero per le Politiche agricole per tracciare, appunto, quelle «Linee programmatiche» di salvataggio per il settore. Gianni Stornello

Persone citate: Gianni Stornello

Luoghi citati: Brasile, Italia, Roma