Natale '98, il grande ritorno

Natale '98, il grande ritorno LA RINASCITA DI UNA REGINA Natale '98, il grande ritorno Riecco le belle, ipolitici e i cantanti CORTINA DAL NOSTRO INVIATO In nessun posto - tranne che a Cortina - puoi entrare alle otto di sera nella scatola di legno e ottoni della Vecchia Enoteca e sentire i bevitori vestiti goretex che cianciano di sceicchi e quasi re. «Lo sceicco Fah ha detto che verrà a guardare il campo per il polo su ghiaccio». «Quale campo?». «Su al Lago di Misurina». «E quando verrà?». «Adesso. Tra un po'. In verità non ha ancora avvertito». «Mi hanno detto che pure il principe Carlo si sarebbe informato...». «E verrà anche lui?». «Non ha deciso. Sai com'è Carlo, nooh?...». «Oh, sì, Carlo...» «Esatto. E' un vero appassionato di polo su ghiaccio, e per una buona partita farebbe pazzie». Si è davvero sciolta la grande gelata dei metà Novanta, quando giù a valle - da Venezia a Milano il freezer di certi cattivissimi magistrati aveva congelato tutti i motori delle limousine destinate a salire fin quassù, ronzando die¬ tro ai camion che intasano il Cadore. La bella Cortina, nata al mondo da un buon secolo e mezzo, sospirò in solitudine per qualche annetto con i suoi villoni da 14 milioni al metro quadro che sbadigliavano nel freddo. Adesso è tutto un cinguettare di chiacchiere e sorrisi. Tornano proprio tutti: le belle, gli svampiti, le ereditiere, i politici, i cantanti, persino Jerry Cala e Fier Ferdinando Casini. Il rotocalco si è riaperto, proprio come le luci di Corso Italia, gli alberghi, le terrazze del Posta e del Savoia, i suoi negozi ultracari, dove compri il diamante, il bignè, il tavolino rococò, il pane col cumino, il costume ampezzano, la fettina di speck, tutto in duecento metri. Por poi correre nelle «ville sparse e biancheggianti sui pendii», come raccontava l'esangue prosa d'inizio secolo, senza neppure immaginare la moltiplicazione di strade, sciovie, telecamere di controllo, elicotteri privati, piscine riscaldate e a seguire l'elenco inox dei grandi ricchi coi nomi (magari) banalizzati dal supermercato, tipo De Longhi, Riello, Zanussi, Del Vecchio, Barilla, Benetton, Ferrerò, Marzotto. E il carnet, stavolta azzurrino, dei secolari sangueblù, Fùrstenberg, Orsini, Barberini, Odescalchi, con i loro intrecci amorosi da emicrania. Il tutto mischiato alle nevrosi delle plebi miliardarie di cinematografari e televisionari con terze mogli depresse e cinquantesimo flirt da caricare sul taxibob. Tutto cominciò - ti raccontano alla Vecchia Enoteca, bevendo Sauvignon - da quel tale Paul Grohmann, camminatore viennese che scese da Nord in un bel giorno del 1877, vide la conca, vide la luce, vide il Falora, il Cristallo, il Pomagagnon; piantò i suoi sci di legno hickory e buttò giù una lacrimuccia, ma non di freddo. Poi venne la Grande Guerra, con tutto il sangue sgocciolato in roccia. Venne il cattivo sogno del regime, ma qui almeno innocuo, indossando il sorriso stupefatto di Edda Ciano che scendeva al Bellevue, piluccava insalate al tepore delle stube, e addentava panini su al gelo del Pocol. Venne, dietro di lei, la romanità ricca e per lo più mutile, che dilagò tra ville e Miramonti a danzarsi l'inverno e la vita con tutti gli champagne sgocciolati in roccia (e sui tappeti). Cortina, da allora, eguagliò (per dire) Baden Baden o Vichy, divenne regina e poi perla delle Dolomiti. E così è rimasta: indenne persino dagli sfracelli della richezza di massa. Qui i palazzoni o gli albergoni, o i funebri marmi di banche e pasticcerie che hanno reso orribile St. Moritz, non sono mai nati per la semplice ragione che da 5 secoli, qui nella conca di Cortina, vige la proprietà comune dei 25 mila ettari di prati e pietre e laghetti e boschi. Tutto condiviso da un migliaio di famiglie ampezzane - con ereditarietà patrilineare - secondo lo statuto delle cosiddette «Regole», varate dall'antichissimo Vicario del Cadore. Perciò Cortina è ancora oggi quella vista da duchi e baronesse rotolati nei decenni del secolo. Dal principe Umberto. Oppure dal barbuto Hemingway che nel dicembre 1948 picchiava la sua portatile tedesca (intesa come macchina per scrivere) nel saloncino della minuscola casa affittata ai bordi del paese. Arrivò con tanta fama, tanto alcol, due colf, un autista e la moglie Mary al seguito. Ancora oggi ci sono anziane signore che te lo raccontano immaginando chissà quali poetici labirinti sui suoi malumori dolomitici. Senza ammettere - semplicemente - che proprio qui, a Cortina, il supremo Ernest si invaghì di una ricca diciannovenne, scaricò la moglie, rinsecchì la sua vena e per il resto si riempì di Bloody Mary. Per trovare qualcosa di non ba¬ nale bisogna risalire al principe Mdivani, georgiano, «gran sposatore di stelle di Hollywood», che in mancanza di antigelo, durante la notte, teneva tutte le sue automobili parcheggiate con il motore acceso e il cofano protetto da vaste pellicce. Fasti di patetiche tecnologie e smisurate ricchezze, come si addice a questo genere d'alta montagna - 40 mila arrivati per le feste e il Festone nel paesello costruito per 6 mila - intasato dal traffico fino all'immobilità zen del sottozero. Come quella (simbolica e perfetta) del campanile di San Filippo e Giacomo, cuore del cuore di Cortina, dove i ragazzi in tute spaziali si danno l'appuntamento per il krapfen o il Toulà. Così all'Enoteca Vecchia le due bionde parlanti (e rispettivi sciatori post-abbronzati) tirano tardi con 'sta storia dello sceicco. E una si informa: «Da dove viene, poi? Emirati, Kuwait, Iraq?». «Iraq mi pare di no, ci sono gli sceicclù in Iraq?». «Non credo proprio. In Iraq, al massimo, c'è la guerra». «Guerra? Quale guerra?». Pino Corrias Dopo alcuni anni di solitudine la chic Cortina è tornata in auge Tra i 40 mila arrivati per le feste i grandi ricchi dell'industria e una fila di sangueblù Jerry Cala e Pierferdinando Casini. L'attore e il politico sono due dei «volti noti» che si possono incontrare in questi giorni in corso Italia, il cuore di Cortina