Disubbidisce al padre, ammazzato a 11 anni

Disubbidisce al padre, ammazzato a 11 anni Caltanissetta: la famiglia ha cercato di simulare un incidente, poi l'uomo ha confessato: è colpa mia Disubbidisce al padre, ammazzato a 11 anni Il genitore gli ha tirato un pezzo di ferro perfarlo scendere dall'albero CALTANISSETTA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un padre ha ucciso senza volerlo uno dei suoi figli: voleva convincerlo a scendere dalla pianta su cui era salito per giocare, gli ha lanciato un pezzo di tondino di ferro, che ha colpito il bambino alla testa. E' racchiuso in questa vicenda tragica il più triste Natale che Butera, paese poverissimo dell'entroterra di Caltanissetta, abbia vissuto da molti anni in qua. Il bambino, Massimo, 11 anni, è deceduto la mattina di Natale nel centro di rianimazione dell'ospedale «Garibaldi» a Catania, dopo ore di agonia. Tutto è successo a causa della gioia di vivere di Massimo che, felice e spensierato, saltava da un albero a un altro davanti al modesto alloggio popolare in Piano della Fiera, alla periferia del paese. Davvero incontenibile, quel ragazzino che come uno scoiattolo saliva e scendeva dai rami, mentre i familiari cuocevano focacce nel forno a legna ai bordi di un piccolo agrumeto. Il padre, il bracciante agricolo Carmelo Firenze, 53 anni, un'esistenza irreprensibile divisa tra i campi e tra i boschi quando riusciva ad essere ingaggiato «a giornata» dall'Azienda regionale delle foreste, a un certo punto ha temuto per lui. Ha avuto paura che cadesse da un arancio. Ha iniziato a rimproverarlo, senza mai ottenere che Massimo scendesse. Infine l'uomo ha avuto un gesto di stizza che non è riuscito a reprimere: ha raccolto da terra un pezzetto di ferro e lo ha scagliato in direzione del bambino. Purtroppo il bracciante ha avuto una mira precisa: la traiettoria si è conclusa contro la testa di Massimo, che è caduto dall'albero con un urlo. Dalla ferita è sgorgato molto sangue, la sua famiglia è stata presa dal panico. Il bambino è stato caricato su una macchina che si è diretta a tutta velocità al vicino ospedale Vittorio Emanuele a Gela. Qui, per la gravità del caso, è stato deciso il trasporto a Catania con un elicottero del «118». L'indomani mattina il decesso, tra lo strazio del padre, della madre Giuseppina Vinci di 47 anni e degli altri quattro fratelli, Angelo, Alfonso, Francesco e Stefano, di 22, 20, 18 e 16 anni. All'inizio la vera dinamica dei fatti è stata coperta da una bugia, condivisa da tutti i congiunti, che volevano difendere il bracciante: «Il bambino è caduto dall'albero». Una versione che però non ha convinto né i medici (evidente era il segno lasciato da un corpo contundente) né il maresciallo dei carabinieri Giorgio De Caro, comandante della stazione dell'Arma di Butera che, durante un sopralluogo, ha scoperto il tondino di fer¬ ro insanguinato. Più tardi il drammatico interrogatorio. Il papà di Massimo è crollato, in lacrime, e ha raccontato la verità: «Sì, sono stato io. La colpa è mia. Ma è stata una disgrazia», ha mormorato ai carabinieri che l'hanno arrestato per omicidio preterintenzionale. Ora, soffocato dal rimorso, inseguito dal ricordo del suo figliolo più piccolo, Firenze è in una cella nel carcere «San Bonaventura» a Caltagirone. E' stato il procuratore della Repubblica di Gela Angelo Ventura a chiedere al gip di firmare l'ordine d'arresto nonostante il giorno di festa, ieri, Santo Stefano. «Una famiglia poverissima. Chiederò che per i funerali la gente non acquisti fiori ma dia i soldi ai familiari di Massimo per poter pagare un avvocato al papà», ha detto il parroco di Butera, padre Aldo Contraffatto. Antonio Ravidà

Persone citate: Angelo Ventura, Antonio Ravidà, Butera, Giorgio De Caro

Luoghi citati: Butera, Caltagirone, Caltanissetta, Catania, Firenze