La sacralità del prete Violato l'ultimo tabù

La sacralità del prete Violato l'ultimo tabù PANEALPANE La sacralità del prete Violato l'ultimo tabù A festa del Natale, il magro notiziario giornalistico che suole accompagnarla, hanno contribuito a distrarci, a stendere un velo di disattenzione sulle asprezze quotidiane. Ma non dimentichiamoci, riprendendo terra, dopo le terrene e celestiali ebbrezze, di don Graziano Muntoni. Era il viceparroco di Orgosolo ed è stato assassinato di mattino presto mentre andava in chiesa a celebrare, con la prima Messa, il «regem venturum Dominum». A piedi, senza che nessuno vedesse. Nella Barbagia, che pure è terra di sequestri e di faide sanguinose, il delitto ha suscitato una enorme impressione. Per il tempo in cui si è verificato, la prossimità del grande evento cristiano: è stato don Riboldi, il vescovo di Acerra, a rammentare che «un omicidio proprio la vigilia di Natale è come sparare a Dio». Ma colpisce la circostanza che si è sfigurata l'immagine di Dio sparando a un prete. Sul quale non risultavano addebiti che non fossero, insieme alla sollecitudine per l'educazione dei giovani, la condanna ferma, severa della violenza allignante da quelle parti. Così, nella «tragedia immensa che non ha fine» denunciata accoratamente dal vescovo di Nuoro, si avvertiva una più cupa e desolata tonalità. Fino al giorno dei funerali - affermano le cronache - la chiesa di Orgosolo è stata meta di pellegrinaggio da parte degli abitanti, che sfilavano davanti alla bara chiedendo perdono, come se si sentissero responsabili del crimine. C'entrava forse il peso opprimente dell'omertà di cui si sentono, a torto o a ragione, solidalmente indiziati. Ma era indubitabile la consapevolezza di un crimine esecrando e inaudito per la coscienza dei più. Era caduto infatti un uomo di tregua e di pace, segnato dal crisma del Signore. Appena un giorno prima, a I Udine, tre poliziotti erano I morti dilaniati in un attentato che viene attribuito al racket. Anche qui, stupore e indignazione, per quanto di natura diversa: in una regione non abituata a clamorosi fatti di sangue che, fiera della sua laboriosità e agiatezza, immaginava di essere un'isola felice. Non ci si rendeva conto che è proprio la ricchezza a richiamare la bramosia dei malintenzionati, che dalla troppa sicurezza si genera l'insicurezza. Per di più in una terra di confine, esposta ai mille traffici dell'immigrazione e del contrabbando. Orgosolo sembra incommensurabilmente lontana dal Friuli, raccolta nella povertà e nell'isolamento di costumi impervi. La stessa delinquenza sembrava svilupparsi, aggiornarsi, seguendo le piste tradizionali del banditismo e impulsi endogeni. Ma anche là qualcosa di nuovo sta accadendo, è già accaduto, attraverso le oscure germinazioni della psiche e del sangue, le sollecitazioni dei messaggi che arrivano sulle vie dell'etere. Dopo il rapimento esteso via via alle donne, dopo l'indifferenza per l'inermità dei bambini, è caduto l'ultimo tabù: la sacralità del sacerdozio, davanti a cui si arrestava una religiosità pervasiva per quanto primitiva e deviata. Non esistono isole, più o meno felici, di fronte alla proliferazione del male, all'ecumenismo della violenza. Se ancora non ce ne fossimo accorti, l'assassinio di Orgosolo è un altro rude scossone, un richiamo alla realtà dei giorni difficili, inameni, nei quali stiamo vivendo. Lorenzo Mondo do

Persone citate: Graziano Muntoni, Lorenzo Mondo, Riboldi

Luoghi citati: Acerra, Friuli, Nuoro, Orgosolo, Udine