«Prodi, no a una "listina" ulivista»

«Prodi, no a una "listina" ulivista» Appello del ministro Ppi all'ex premier e a Marini: dobbiamo unire le nostre forze «Prodi, no a una "listina" ulivista» Letta: sarebbe un fallimento I INTERVISTA I POPOLARI E LE ELEZIONI EUROPEE ROMA ÈVE tirare proprio un'aria greve a piazza del Gesù se un personaggio di confine come Enrico Letta arriva a rivolgersi così a Romano Prodi e a Franco Marini: «Siamo tutti ad un metro dal burrone. Dobbiamo esser capaci di dare una bella sterzata. Anche perché se finisce male, non c'è uno che vince e un altro che perde. Con la rottura, ben poco resterebbe dell'Ulivo...». Nipote di zio Gianni, il trentaduenne Enrico Letta è il più giovane ministro nella storia della Repubblica e anche l'unico personaggio che possa ascoltare a pranzo gli sfoghi di Marini e a cena ragionar di politica con i suoi maestri Romano Prodi e Beniamino Andreatta: «Prodi racconta Letta - dà ancora del lei ad Andreatta e ogni volta che ci si incontra in tre è un gioco di tu e di lei abbastanza complicato!». Ministro Letta, il suo amico Prodi sembra tentato dalla suggestione di una lista «ulivista»: le sembra una soluzione logica? «Il tutto non può diventare una parte. Non si può passare dall'Ulivo - nato per il bipolarismo e per una coalizione sempre più unita - ad un'esperienza "ulivista", ma di parte. Una listina più "ulivista" delle altre sarebbe un'operazione legittima, ma non positiva. Ricorda troppo esperienze nate come coalizione vasta e poi diventate piccola parte: i referendari del '91-'93 hanno generato il Patto Segni, un'esperienza che è andata a morire». Ma non crede che oggi come oggi sia proprio questo lo scenario più probabile? «La frammentazione finirebbe per confermare l'idea che la nostra coalizione è Biancaneve e i 7 nani: i Ds più 7 nani, uno di questi l'Ulivino. Mi chiedo a cosa servirebbe». Se Prodi va per conto suo, nel Ppi rischia di esserci una rottura? «Spero di no. Ma non voglio neanche immaginare questa ipotesi così drammatica. Franerebbero anni di lavoro». Ma a quel punto il Ppi che fa? Da solo non rischia di prendere meno voti degli ulivisti? «Se Prodi facesse quella scelta, il Ppi dovrebbe correre da solo. Perché a quel punto l'elettorato percepirebbe la sirena dell'ex-democristianità, fuorviando l'immagine del Ppi. A cosa serve fare una lotta per avere 1' 1 per cento in più? Sembra di essere tornati ai tempi in cui Psdi e Pri esultavano per lo 0,5% in più. Sarebbe un po' penoso infilarsi in questa logica». E Marini cosa può fare per evitare il patatrac? «I Ds sono guidati da un segretario, Veltroni, che ha chiaramente preso in mano la fiaccola della continuità con l'esperienza dell'Ulivo: il Movimento per l'Ulivo e gli altri movimenti che stanno nascendo, prendono in mano quello stesso vessillo. Noi popolari rischiamo di trovarci come Boselli e Dini, come chi dà l'idea di subire l'Ulivo senza crederci fino in fondo». Sì, ma concretamente cosa può fare il Ppi per evitare che Prodi vi lasci defintivamente? «Riconfermare l'ancoraggio all'Ulivo, evitando di rincorrere gli altri. E sperimentando forme di partecipazione anche nuove, come le primarie». Ma non sono discorsi un po' retorici, tipo «la base ha sempre ragione»? «No, e le spiego perché. Recentemente in Spagna quasi un milione di persone ha partecipato alle primarie organizzate dalla sinistra per stabilire l'antagonista di Aznar. Io spero che il candidato premier per le prossime elezioni, l'Ulivo lo scelga coinvolgendo centinaia di migliaia di cittadini italiani». Curioso destino quello dell'Ulivo: in tanti lo evocano come la panacea, ma quasi nessuno sembra crederci per davvero... «La risposta a fenomeni come l'astensionismo non può essere la blindatura dei gruppi dirigenti. In periferia l'Ulivo rischia di diventare l'accordo tra il segretario provinciale dei Ds e quello del Ppi: uno fa il presidente della Provincia e l'altro il sindaco. Così l'Ulivo perde e verrà abbandonato da quelle persone che lo hanno sostenuto fuori dalla sfera del professionismo politico». Ma come si esce da questo «cui de sac»? «Occorre tentare al centro dell'Ulivo una lista per le Europee basata su 3 indirizzi essenziali. Primo: la convergenza di tutti i soggetti politici dell'Ulivo che non fanno parte della tradizione socialista o verde. Secondo: una grossa, approfondita convenzione di programma. Terzo: il punto di approdo deve essere il Ppe». Ma allora anche per lei Prodi e Cossiga sono sullo stesso piano? «No. Nel Dna di Prodi e del Ppi c'è l'Ulivo, nell'Udr no». Par di capire che il vero snodo di tutta questa vicenda sia la candidatura di Prodi alla Presidenza europea: ci sono ostacoli internazionali? «L'unico problema credo sia quello posto da un'eventuale candidatura tedesca. Ma certo sarebbe un obiettivo straordinario riportare la presidenza della Commissione europea all'Italia dopo 25 anni». Fabio Martini ca frammentazione confermerebbe che la coalizione è Biancaneve (Ds) e i 7 nani (tra cui l'Ulivino)» «Il Ppi riconfermi l'ancoraggio all'Ulivo. E sperimenti le primarie, nuova forma di partecipazione» I Enrico Letta (Ppi) ministro per le Politiche Comunitarie

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