IL PRESIDENTE CHE VORREI di Guido Ceronetti

IL PRESIDENTE CHE VORREI IL PRESIDENTE CHE VORREI prannaturale. Di nazionale e di solum umano, non abbiamo che il Quirinale. Dunque, niente wu wei: un presidente che agisca, parli, si immischi, forzi i limiti costituzionali, è meglio che una statua di Arpocrate o una divinità di Epicuro. Fa sentire meno soli... Purché, naturalmente, sia un buon compagno. Buono: buonista no. Questo buonismo italiano sta diventando un incubo. Nazionale: volerlo tale mi sembra un'esigenza elementare, non discutibile. Non deve pensare all'Africa, non deve avere il cuore nel Chiapas. Deve averlo a Cinisello, nelle borgate romane, intrappolato volontariamente qui tutto intero. Di recente, Scalfaro ha elogiato le nostre «porte aperte» o «frontiere aperte» attraverso le quali si entra a frotte con nomi falsi e nessuna carta. Con appena una giusta riserva, che è stata oscurata. In realtà le nostre sono porte sfondate, non aperte, e fron- tiere senza guardiani: e un presidente nazionale deve elogiare la vigilanza, non lo sfondamento. Allora, se ci deve essere cambiamento, quel che va richiesto in primis ad un presidente è di esprimere preoccupazione e forte interesse (visto che ha la funzione di capo della difesa nazionale) per quel problema n. 1 che è ormai diventato lo sbarco di clandestini pianificato dalle mafie interne ed esterne per scopi che se non sgattigliano l'attenzione dei responsabili della sicurezza e della difesa nazionale non si sa perché questi responsabili stiano a quei posti e costino anche cari alla gente che gli ha affidato redini e leve. L'ipnosi radiotelevisiva e caritatista («macché invasione!», «predisporre accoglienza», «presto tutti votanti», «sanatoria senza limiti») funziona ancora, ma fino a quando? E' vero, meglio spruzzare cloroformio che seminare e risvegliare violenza: ma meglio di tutto è dire la verità in modo umano e civile, dire il tragico perché il tragico educa, reprime gli istinti bassi, rende chiari e pensosi. Illudere che il fenomeno, in una cosi totale assenza di pensiero strategico e di senso della difesa territoriale per mezzo della legge, sia controllabile, è abietto. In vista della catastrofe incombente - il Giubileo - è destinato ad esasperarsi. Non servono formule di ebetudine. Ci vuole Kcfauver che affronta Al Capone. Chi distinguerà i veri dai finti pellegrini? 1 vigili di Piazza Venezia? Emma Bonino ha delle qualità e dei meriti: tuttavia non firmerei per la sua candidatura. Trova che per gli sbarchi non è il caso di allarmarsi: non può avere un posto che è prima di tutto di guardiano del territorio nazionale. (Ai candidati, tutti quanti, occorrerà ricordarlo). Consapevolezza, chiederei ad un presidente, e non taciuta, professata, manifestata, gridata consapevolezza. Non limitata all'invasione di clandestini soltanto. Consapevolezza che non aver reagito minimamente all'imposizione vaticana del Giubileo, aver stanziato somme enormi per questo, nasconderne a un anno dall'inizio i vasti pericoli, è stato un autentico tradimento (ci vorrebbe Georges Clemenceau per dirlo nel modo più tagliente) dell'interesse nazionale. Consapevolezza che le costellazioni di malavita hanno esteso il loro controllo a buone fette di Stato legale. Lo si sa da tempo: non è mai stato detto dal pulpito più elevato. Consapevolezza dei danni ambientali irreversibili, altro magnifico tema tragico. Ai profumati giardini del Quirinale l'irrespirabilità acustica e polmonare di Roma non arriva, bloccata dei corazzieri: ma ESISTE e un presidente che viva là tra le magnolie non deve dimenticarlo, né che esistano l'irrespirabilità micidiale di Torino e di Milano, la minaccia elettromagnetica, l'alimentazione deviata, il cancro epidemico ambientale e i criminali incendi di quanto ci resta di colline alberate, di foresta all'incirca pulita. E' la vita che è persa, che ò fottuta, che degenera nel midollo psichico, che non ce la fa più a reggere lo stravolgimento tecnologico e la conigliera demografica, e voi ci ungete col pennello euromonetario, ci sviolinate i vostri «per cento» di accattonaggio. Consapevolezza d'impotenza, anche, perché questo è il piacere dell'onestà vera, dell'onestà tragica. Amerei un presidente che dicesse: «Avre¬ te sempre più insicurezza, delinquenza e tossicomani, e purtroppo non siamo in grado, come Stato, partiti, legislatori, di liberarvene. Possiamo aggiungervene, aprendo sempre di più le porte. Tocca a chi tocca, figliuoli. Ascolterò le vostre doglianze. Non vi abbandonerò. Compatitemi». Il mio voto (ahimè, senza speranza, dato il ferreo meccanismo dei giochi) è per un presidente pescato fuori del parlamento. E non vecchio: appena appena Carta d'Argento, uno da entrata a metà biglietto. L'ideale sarebbe un uomo, o una donna, sulla cinquantina. Esperto di questioni filosofiche, militari e spaziali: non economiche. Esperto di dolore umano, innanzitutto. E delle sofferenze del mondo animale abbia qualche erudizione: perché passano ogni misura. La piccola Boemia si è data un Vaclav Havel, la sperduta Georgia uno Shevardnadze, il Sudafrica un Mandela. Sugli elenchi Telecom, in Italia, il presidente di cui avremmo bisogno è scritto, certamente. Guido Ceronetti

Persone citate: Al Capone, Emma Bonino, Georges Clemenceau, Scalfaro, Shevardnadze, Vaclav Havel

Luoghi citati: Africa, Boemia, Georgia, Italia, Milano, Roma, Sudafrica, Torino