Nessuna donna al tavolo del patto sociale di Maria Corbi

Nessuna donna al tavolo del patto sociale A Palazzo Chigi 45 persone tra ministri, sindacalisti e imprenditori: tutti uomini Nessuna donna al tavolo del patto sociale La Balbo: problema grave, ma nel2002 sarà diverso IL MINISTRO DELLE PARI OPPORTUNITÀ' ROMA ELLA sala verde di Palazzo Chigi, martedì, per firmare il patto sociale c'erano rappresentanze di imprenditori e lavoratori. Peccato che si siano dimenticati a casa le donne, con l'unica eccezione di Iva Vana ammessa in qualità di vicepresidente della Confapi. In pratica una sostituta. E allora, ci si chiede, le battaglie femministe, e comunque femminili, non sono servite a niente? Le donne devono ancora aspettare fuori alla porta delle grandi occasioni? Domande che rivolgiamo al ministro delle Pari Opportunità Laura Balbo. Non si è scandalizzata per l'assenza delle donne alla firma di un documento così importante e rappresentativo di tutte le componenti della società? «Ha ragione. Io l'in dall'inizio avevo capito che bisognava sottolineare come "pari opportunità" significhi anche rappresentare esigenze specifiche delle donne in sede di trattativa per il patto sociale. Anzi sarebbe stato opportuno rappresentare categorie del mondo femminile coinè le donne nelle aree crisi, nel Mezzogiorno, le donne giovani. Di questo abbiamo parlato fin da subito con il ministro Bassolino e continuamente faccio presente l'esigenza, 'lutti sono d'accordo». E allora qual è l'ostacolo? «Questa cosa non riesce a tradursi in riorganizzazione. Intanto per quel che riguarda il tavolo del patto sociale abbiamo previsto, forse per gennaio, una sessione speciale dedicata alle donne o comunque con la partecipazione di donne. Ma il problema è più vasto. Si deve modificare la cultura tradizionale maschile». Come fare? «Ho incaricato cinque colleghi, economisti e sociologi, particolarmente sensibili e bravi, di pensare alle diverse soluzioni possibili». Lei pensa a una politica delle quote, che riservi posti alle donne? «Questa è la cosa più banale che ci viene in mente. E in fondo non ha neanche funzionato tanto bene negli Stati Uniti dove è stata sperimentata. Io penso invece a un'invenzione culturale e politica. Impegno che e per me al primo posto nell'a¬ genda delle prossime settimane. Anche il ministro Bassolino si propone di attivare un gruppo di studiosi per ragionare in termini di una nuova cultura del lavoro. Nessuno, credo, discute più sulla preparazione, sulla capacità delle donne. Però rimane il problema delle posizioni di vertice e anche quello di negoziare e concordare politiche ascoltando donne e uomini, confrontandosi con rappresentanti sindacali o di categoria che siano donne. La mentalità e la cultura sono cambiate e allora bisognerà tradurle in un modello organizzativo». Trova che il governo di cui fa parte appoggerà questo suo impegno? «Io ho trovato i membri di questo governo del tutto convinti che bisogna fare delle politiche che valorizzino delle donne. Dal dirlo al farlo e a renderlo visibile il passo non è purtroppo breve». Individua responsabilità specifiche in questo ritardo nella corsa delle donne verso la piena cittadinanza? «La responsabilità è anche mia e delle altre donne che si occupano di queste cose. Dobbiamo saper cogliere questo momento di passaggio». Forse molte donne si sono stufate. «Io credo di no. Perché quando vado in giro vedo una grandissima capacità di risposta. Forse quelle che si sono molto impegnate negli anni passati possono essere un po' stanche, viste le delusioni». Lei ha detto che nei partiti rimane il monopolio maschile. «Certo. Nei partiti c'è una grande resistenza a cambiare. Il modo di fare politica è vecchio, antico. Le posizioni di dirigenza sono un monopolio assoluto degli uomini. Ma l'Italia non è un caso isolato. Guardi la Francia dove il dibattito sulla riforma costituzionale ha mostrato un Paese dove la rappresentanza femminile in Parlamento alle soglie del 2000 è esigua». Lei è ottimista? «Sì. Non ha senso fermarsi solo a elencare le difficoltà. Vogliamo fare una scommessa? Nel 2002 le cose saranno molto diverse». Maria Corbi «Si deve modificare la tradizionale cultura maschile» «Le quote? Banali Bisogna inventare qualcosa di nuovo» Il ministro Laura Balbo

Persone citate: Balbo, Bassolino, Iva Vana, Laura Balbo

Luoghi citati: Francia, Italia, Roma, Stati Uniti